sabato 17 gennaio 2015

Parigi: potenti alla testa del corteo? Un falso storico dei media prezzolati


Reclutano terroristi, poi fingono di piangere


Tutti i principali media hanno diffuso l’immagine dei capi di Stato a braccetto in testa al corteo, in una Parigi diventata capitale del mondo come ha detto, rispolverando antica grandeur, Hollande. Ebbene, questa immagine è un falso costruito e alimentato ad arte. Come mostrano le foto indipendenti che si trovano solo su Internet, i capi di Stato e governo sfilavano da soli in una via deserta isolata dal mondo dalle forze di sicurezza. Altrove sfilava il popolo, che con le origini e motivazioni le più diverse mostrava il suo sdegno per la strage infame commessa dai fondamentalisti islamici. Ma il corteo dei 200 potenti non era alla testa dei milioni scesi in piazza, forse con molti di loro non sarebbe stato neppure in connessione. Sono i mass media ad aver costruito questo legame, questa rappresentanza degli uni rispetto agli altri, e questa è semplicemente moderna e sapiente propaganda bellica. Siamo in guerra, dicono mass media e finta testa del corteo, ma chi è in guerra, contro chi e per quale scopo deve restare indeterminato per lasciare spazio ad ogni manovra.
Con il massimo della malafede intellettuale si usa la denuncia di Papa Francesco contro una guerra mondiale a pezzi che andrebbe fermata, per sostenere all’opposto che essa vada condotta fino alla vittoria. Alla fine l’unico concetto che rimane è quello della guerra di civiltà tra i valori democratici occidentali e il fanatismo terrorista. Sulle dimensioni della guerra e degli avversari ci si divide sia nella finta testa del corteo di Parigi, sia tra di essa e le forze populiste e xenofobe escluse. Ci si divide su modalità ed estensione della guerra, ma non sul fatto di farla. Eppure fin dal 1991 siamo in conflitto armato contro i nuovi Hitler e forse il massacro di Parigi dovrebbe imporre una riflessione su 24 anni di guerre per la democrazia e sui loro risultati. Invece si reagisce sempre allo stesso modo. Ho visto in televisione l’ex presidente francese Sarkozy esaltare l’unità della nazione di fronte al terrorismo. E ho pensato alla sua decisione di bombardare la Libia per sostenere i ribelli contro Gheddafi. Ricordo anche le vibranti parole di Giorgio Napolitano a sostegno di quella azione militare. Che ha avuto pieno successo, Gheddafi è stato trucidato e ora in Libia dilagano tutte le organizzazioni del terrorismo fondamentalista islamico.
Gli spietati assassini di Parigi sono cittadini francesi che hanno fatto il loro apprendistato militare contro Assad in Siria. E Hollande tuttora insiste per un maggior impegno militare della Nato a sostegno dei ribelli siriani. Obama ha lanciato per primo l’appello contro quell’Isis i cui gruppi dirigenti sono stati addestrati dagli Usa sia in funzione anti Siria che anti Iran. Gli occidentali si stanno ritirando dall’Afghanistan dove hanno sostanzialmente perso la guerra, condotta ora contro quei talebani armati e istruiti a suo tempo dagli Usa contro l’occupazione sovietica del paese. In Somalia negli anni ‘90 ci fu un colossale intervento militare guidato dagli Usa. Ora quel paese non è più uno Stato e scopriamo di mantenere ancora lì delle truppe quando son minacciate da questa o quella banda di signori della guerra. In Kosovo D’Alema mandò i suoi bombardieri per difendere la libertà dei popoli. Ora quello è uno Stato canaglia in mano alle multinazionali del crimine e anche una evidente via di transito e rifornimento per i terrorismi, forse anche per gli assassini francesi.
Da quel 1991 quando Bush padre trascinò il mondo nella prima guerra contro l’Iraq di Saddam, gli interventi militari dell’Occidente son stati molteplici e tutti dichiaratamente a favore della democrazia. Abbiamo esportato la democrazia con le armi e abbiamo importato il terrorismo fondamentalista. Ma nonostante tutto lo scambio continua. In Ucraina i nazisti di tutta Europa si son dati convegno a sostegno del governo appoggiato da Ue e Nato. Lì stanno facendo la loro scuola militare, il loro apprendistato, poi li vedremo all’opera in tutta Europa. Farsi sbranare dai mostri che si sono allevati è la coazione a ripetere che l’Occidente non riesce a interrompere. Anzi, di nuovo risuonano gli stessi appelli e le stesse strumentalità che abbiamo sentito negli ultimi decenni. Per combattere davvero questo terrorismo, l’Occidente e l’Europa dovrebbero cambiare politica economica e militare, anzi dovrebbero mettere in discussione la stessa coalizione che le definisce. Da un quarto di secolo l’Occidente pratica politiche liberiste di austerità e le accompagna con guerre umanitarie in difesa della democrazia. L’Unione Sovietica non c’è più, ma la Nato esiste e chiede ancora più tributi. L’arsenale nucleare cresce e continua a minacciare la stessa esistenza umana anche se, per ora, non è in mano ai terroristi.
Non sono un pacifista gandhiano, voglio sconfiggere iI fondamentalismo islamico e con esso ogni oscurantismo religioso e politico, compreso il ritorno del fascismo e del razzismo europei. Ma le politiche economiche e di guerra della coalizione occidentale hanno prodotto sinora un solo risultato, hanno diffuso e rafforzato il nemico che han dichiarato di voler combattere. Per questo la destra integralista occidentale rivendica una guerra totale vera e non le si può ipocritamente rispondere che basta una guerra in modica quantità. Da noi dopo decenni di precarizzazione del lavoro senza risultati occupazionali, Renzi ha convinto il Pd ad abolire quell’articolo 18 contro cui si era sempre scagliata la destra economica. Se sulla guerra si seguisse la stessa logica dopo 24 anni di fallimenti, non resterebbe che una vera completa guerra mondiale. Se si vuole abbattere il mostro che le stesse guerre democratiche dell’Occidente hanno creato e alimentato ci sono precise scelte di rottura da compiere. La prima è sciogliere la Nato e costruire una vera coalizione mondiale, con Russia, Cina, Iran, India, America Latina, Sudafrica. Il primo atto di questa nuova coalizione dovrebbe essere la fine della corsa agli armamenti e lo smantellamento del nucleare, che non dovrebbe servire contro il terrorismo.
Questa coalizione dovrebbe operare dentro l’Onu e non con la guerra ma con una azione comune a sostegno delle forze che si oppongono al fondamentalismo, come timidamente e contraddittoriamente si fa con i Curdi a Kobane. Questa coalizione dovrebbe avere come primo alleato sul posto il popolo palestinese e dovrebbe costringere Israele a tornare sui confini del ‘67 e a riconoscere lo Stato di questo popolo oppresso. Questa coalizione dovrebbe abbandonare le alleanze con i finti moderati, corresponsabili della crescita del terrorismo islamico. Parlo dell’Arabia Saudita e delle altre monarchie del petrolio, vera baseculturale e finanziaria del fondamentalismo. Infine bisogna cambiare le politiche interne, perché non bisogna essere marxisti ortodossi per affermare ciò di cui erano consapevoli i democratici che sconfissero il nazifascismo. E cioè che la disoccupazione e l’ingiustizia sociale sono da sempre il brodo di coltura di dittature e guerra.
Bisogna cancellare le politiche di austerità e riprendere quelle di eguaglianza sociale, bisogna finirla con l’assecondare quella guerra economica permanente che è stata chiamata globalizzazione. Solo così sarà più facile riconquistare quelle periferie emarginate, ove si scontrano il rancore fondamentalista con quello xenofobo.
Onestamente credo poco che la finta testa del corteo di Parigi, che di questo disastro venticinquennale è responsabile, sia in grado di cambiare. Per questo bisogna respingere l’appello all’unità nazionale dietro di essa e costruire ad essa un’alternativa. Altrimenti tra poco potremmo sentirci dire in qualche talkshow che il solo modo per sconfiggere un miliardo e mezzo di minacciosi musulmani è far ricorso al nucleare. In fondo non è già stata usato per concludere una guerra?

Giorgio Cremaschi, “La guerra mondiale che vogliono fare”, da “Micromega” del 13 gennaio 2015
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venerdì 9 gennaio 2015

La strage di Parigi, la potente loggia Hathor Pentalpha e i legami con Isis

Scopo principale del connubio Hathor Pental-pha e Isis?
La globalizzazione violenta, a mano armata. Un progetto criminale, deviato, spietato, coltivato e attuato da criminali.
Hathor è il nome meno conosciuto  della divinità egizia Iside (ovvero Isis).
Attorno a costoro, una corte di politici, capi di Stato, economisti, giornalisti, oltre che americani, anche italiani.ed europei, da Antonio Martino e Marcello Pera a Josè Maria Aznar e Nicolas Sarkozy. 
La Hathor Pentalpha è una Ur-Lodge eretica e incontrollabile, punto nevralgico e occulto di una strategia del terrore senza patria e senza confini.
Tutti a ripetere la canzoncina bugiarda del neoliberismo: lo Stato non conta più, è roba vecchia, a regolare il mondo basta e avanza il “libero mercato”.
Peccato che il paradiso golpista dell’élite non possa prescindere dallo Stato, l’ingombrante monopolista della moneta e delle tasse. Lo Stato va quindi conquistato, occupato “militarmente”per via elettorale manovrata ad hoc in barba alla Costituzione. Deve capitolare, rinnegare la sua funzione storica, servire le multinazionali e non più i cittadini, che devono semplicemente ridiventare sudditi, pagare sempre più tasse, veder sparire i diritti conquistati in due secoli, elemosinare un lavoro precario e sottopagato.
Le menti del commissariamento mondiale si nascondono dietro vari nomi: oligarchia, impero, tecnocrati, destra economica, finanza, banche, neo-capitalismo. Ma lo scopo finale è sempre lo stesso: depauperizzare le masse e sottometterle ai loro voleri.
Siamo in presenza di una cinica operazione di manipolazione su larghissima scala, così raffinata e precisa da obnubilare la capacità di discernimento di gran parte della pubblica opinione
L’arma principale che usano? Il terrorismo per zittire i ribelli e la guerra di religione per provocare lo scontro di civiltà e  fa re così il gioco dell’alta finanza.
L’Islam non c’entra nulla con gli attentati parigini di oggi così come non c’entrava nulla con l’attacco alle Torri Gemelle di ieri, trattandosi in realtà di stragi orchestrate da uomini che strumentalizzano il cielo delle religioni per comandare in terra.
Negli articoli che seguono si fa il nome di Jeb Bush, all'anagrafe John Ellis Bush (Midland11 febbraio 1953), il quale è  un politico statunitenseRepubblicano, ha occupato la carica di 43º governatore della Florida sino al 2007.
Jeb è un esponente della famiglia Bush: è infatti figlio del 41° presidente degli Stati Uniti George Herbert Walker Bush e fratello minore del 43°George W. Bush.
Speciale/Inchiesta di Nino Caliendo

Hathor-Isis, il clan occulto del terrore e la strage di Parigi

Il 16 dicembre del 2014, sulla scia di alcuni attentati appena avvenuti in Pakistan ed Australia, avevo scritto un pezzo dal titolo “Esiste un nesso fra la discesa in campo di Jeb Bush e l’aggravarsi della recrudescenza terroristica di matrice talebana?”. All’interno dell’articolo in questione, frutto di una attenta meditazione di alcuni preziosi spunti contenuti nel libro “Massoni” scritto da Gioele Magaldi, delineavo uno spaccato in grado di evidenziare il palese nesso di causalità che lega il rinnovato protagonismo della famiglia Bush in politica con l’improvviso riesplodere su scala planetaria del terrorismo islamico. Il califfo dell’Isis Abu Bakr Al Baghdadi, perfettamente calatosi nei panni di un nuovo Bin Laden, risulta infatti affiliato presso la Ur-Lodge Hathor Pentalpha, officina del sangue e della vendetta fondata da Bush padre in compagnia di personaggi del calibro di Dick Cheney, Don Rumsfeld, Bill Kristol, Sam Huntington, Tony Blair, Paul Wolfowitz e molti altri ancora. Una superloggia, cresciuta negli anni come una mala-pianta, che annovera al proprio interno pure ex capi di Stato europei come Josè Maria Aznar e Nicolas Sarkozy.
Anche gli italiani Antonio Martino e Marcello Pera sono organici alla Hathor Pentalpha, mentre a Silvio Berlusconi, pur formalmente proposto nel 2003 da George W. Bush in persona, non è mai stato concesso di accedere direttamente ai lavori di questo perverso quanto elitario consesso (“Massoni”, pag. 537). La Hathor Pentalpha è una Ur-Lodge eretica e incontrollabile, punto nevralgico e occulto di una strategia del terrore senza patria e senza confini. A chi serve una escalation criminale e sanguinaria presuntivamente ispirata da una fanatica interpretazione dell’insegnamento del profeta Maometto? Serve a tutti quelli che hanno bisogno di alcune pezze d’appoggio indispensabili per pianificare e giustificare la prosecuzione di quello “scontro di civiltà” teorizzato non a caso da un gruppo di intellettuali che orbitano intorno al think-tank Pnac, schermo paramassonico etero-diretto dagli iniziati della Hathor Pentalpha. L’Islam non c’entra nulla con gli attentati parigini di oggi così come non c’entrava nulla con l’attacco alle Torri Gemelle di ieri, trattandosi in realtà di stragi orchestrate da uomini che strumentalizzano il cielo per comandare in terra.
Se così non fosse, come spiegare altrimenti la presenza all’interno della superloggia Hathor Pentalpha di personaggi formalmente espressione di differenti declinazioni dell’Islam politico, come il sultano dell’Oman, quello del Bahrein, o come i principi regnanti dell’Arabia Saudita? Siamo quindi in presenza di una cinica operazione di manipolazione su larghissima scala, così raffinata e precisa da obnubilare la capacità di discernimento non solo della gran parte della pubblica opinione, ma anche di molti aspiranti intellettuali alla Ernesto Galli della Loggia, protagonista odierno di uno sgangherato editoriale uscito sul “Corriere della Sera” che di buono conserva solo il titolo (“L’undici settembre europeo”). L’ignobile attacco costato la vita ai giornalisti e ai vignettisti di “Charlie Hebdo” ricorda davvero i fatti dell’undici settembre; ma non perché, come crede nella sua beata innocenza Galli della Loggia, l’eccidio di ieri testimonia la mai sopita furia di gruppi appartenenti alla galassia del fanatismo islamico (buonanotte, Ernesto!); quanto perché, al contrario, sia i tragici fatti del 2001 che quelli appena accaduti sembrano portare in controluce i segni della stessa identica superloggia, quella dedicata alla divinità egizia Hathor, altrimenti detta Iside (ovvero Isis).
La domanda giusta a questo punto è un’altra: perché colpire la Francia? Forse per consentire a Marine Le Pen di vincere le prossime elezioni presidenziali cavalcando con sapienza i crescenti e comprensibili sentimenti di ostilità nei confronti del diverso? Esistono politici francesi, oltre Sarkozy, certamente organici alla Hathor Pentalpha? Forse, provando a trovare risposte a simili interrogativi sarà possibile rendere giustizia alle povere vittime di un attacco barbarico e riprovevole che ripugna le coscienze dei giusti. (Nb: Aver citato alcuni personaggi, italiani o stranieri, come appartenenti ad una determinata Ur-Lodge – nel caso di specie, la Hathor Pentalpha – non rende costoro automaticamente responsabili di eventuali atti o strategie efferate compiute da singoli individui o gruppi affiliati alla medesima superloggia. Punto quest’ultimo peraltro chiarito a più riprese nelle pagine del libro “Massoni”).

Francesco Maria Toscano, “L’eccidio parigino e l’ombra lunga della Ur-Lodge Hathor Pentalpha”, dal blog “Il Moralista” dell’8 gennaio 2015

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Renzi, Berlusconi, Napolitano e la super-massoneria nel libro choc di Magaldi


La massoneria? È dappertutto. Ma non le semplici logge che tutti conosciamo e che, par di capire, svolgono un ruolo marginale e minoritario. A far girare il mondo ci pensano le esclusive e potentissime Ur-Lodges.
Parola di Gioele Magaldi, Gran Maestro del Grande Oriente Democratico, diramazione massonica “progressista” sorta in polemica con il Grande Oriente d’Italia, e ora uscito in libreria con un dirompente Massoni (Chiarelettere), i cui contenuti sono stati rivelati da affaritaliani.it e dall’edizione del Fatto quotidiano oggi in edicola.
La tesi di Magaldi – che parla, a suo dire, per conoscenza diretta e dopo aver visto documenti segretissimi che però non cita – è che il mondo sarebbe controllato da 36 super-logge.
Alcune sono neoaristocratiche e vorrebbero restaurare il potere degli oligarchi, altre sono progressiste, fedeli al motto “Liberté Égalité Fraternité”. Tra le prime, Magaldi cita la Edmund Burke, la Compass Star-Rose, la Leviathan la Three Eyes, la White Eagle, la Hathor Pentalpha. La più importante super-loggia progressista sarebbe invece la Thomas Paine. A quest’ultima appartiene lo stesso autore del libro, che parteggia per lo schieramento democratico in questo conflitto quasi cosmico fra bene e male.
Ovviamente la storia letta alla luce delle rivelazioni di Magaldi è interamente spiegabile in chiave massonica: il fascismo, il comunismo, Al Qaeda, l’Isis, tutto è manovrato, tutto è pilotato. Il califfoAl-Baghdadi, per esempio, è stato catturato a suo tempo dagli Usa, ma l’hanno poi liberato dopo che è diventato massone.
Fra i “massoni di Magaldi” figurano Napolitano, Draghi, Berlusconi, Hollande, Merkel, Putin, Gandhi, Papa Giovanni XXIII, Mozart, Mazzini, Garibaldi, Obama, Chaplin, Lagarde, Blair, Padoan, Roosevelt e tantissimi altri.
Ne viene fuori che Silvio Berlusconi è “un attento cultore di astrologia, uno studioso di esoterismo egizio,  un frequentatore del milieu massonico internazionale con strette relazioni negli ambienti latomistici angloamericani più conservatori”.
Anche Napolitano e Draghi, secondo quanto riportato nel libro, sarebbero legati ai medesimi giri di potere super-esclusivo, mentre Renzi sarebbe “un aspirante massone elitario” al quale “ancor non è stato accordato l’accesso a una almeno delle superlogge sovranazionali”.
E il celebre editoriale del direttore del Corriere della Sera De Bortoli su Renzi e lo “stantio odore della massoneria” dietro al patto del Nazareno sarebbe inquadrabile come un avvertimento giunto dalle Ur-Lodges.
Un quadro apocalittico, in cui al solito tracce interessanti e piste verosimili si mescolano a panorami parodistici alla Dan Brown. Del resto perché un membro delle più potenti, esclusive e riservate logge della storia dovrebbe riversare informazioni acquisite in anni di frequentazioni occulte in un libro liberamente acquistabile in libreria? Forse c’è solo molta esagerazione. O forse il libro che svela il Grande Piano fa a a sua volta parte del Grande Piano.
 Adriano Scianca

Charlie Hebdo: lo scontro di civiltà fa il gioco dell’alta finanza”


L’attentato a Charlie Hebdo? Per il filosofo Diego Fusaro si tratta di un “fatto osceno” che ci porta “in un’epoca di neofeudalesimo”. Ma attenzione: “Il vero islam non è questo, lo scontro di civiltà fa il gioco dell’alta finanza”.
Fusaro, ha visto le terribili immagini della Francia? Cosa ne pensa?
«Bisogna ovviamente vedere gli sviluppi e i retroscena, però mi sembra davvero che stiamo entrando in un’epoca di neofeudalesimo. C’è una regressione della libertà anche nella magnificata Europa. Ma al di là di tutto questo, ovviamente ciò che è successo è un fatto osceno. Io sono per ogni libertà di satira e di espressione».
Ora nell’opinione pubblica occidentale riprenderà quota la tesi dello scontro di civiltà. È il modo giusto di affrontare questi avvenimenti?
«No, anzi, proprio ora bisogna ribadire che l’islam non è questo e che il cristianesimo non sono le crociate».
Ma allora come se ne esce?
«Se ne esce con l’islam che condanna fatti come questi. Ricordiamoci che lo scontro di civiltà fa il gioco dell’alta finanza».
A proposito di alta finanza: cambiamo argomento e parliamo di Tsipras. I sondaggi lo danno in testa e lui si affretta a rassicurare l’Europa sul fatto che non vuole uscire dall’Euro. Che sinistra è questa?
«È la sinistra del capitale, che ha tradito i lavoratori e i popoli. Tsipras è la sinistra del gruppo Bilderberg. Con una sinistra così non c’è più bisogno della destra».
E le sue rassicurazioni all’Ue?
«Voler riformate l’Ue senza toccare l’Euro, come dice Tsipras, è come voler riformare il nazismo senza toccare i lager o riformare lo stalinismo senza toccare i gulag».
Nei giorni scorsi si è parlato di un via libera tedesco a una eventuale uscita dalla Grecia dall’Euro…
«Sarà stata una boutade. La Grecia non può uscire dall’Euro e non perché sia così importante da un punto di vista finanziario, ma perché se esce Atene tutti gli altri diranno: se escono loro lo facciamo anche noi».
Adriano Scianca