giovedì 7 giugno 2018

Il Debito Pubblico non esiste: anzi l’Italia è in credito di oltre 1.000 miliardi di euro



Facendo due conti molto semplici, potremmo accorgerci di un’anomalia piuttosto bizzarra nel computo del famigerato debito pubblico italiano.
La cosa richiede una certa concentrazione e la ferrea volontà di capire a fondo cosa diavolo sia questo ”debito”, che tutti abbiamo sul groppone, che nessuno di noi ha mai contratto, ma che dobbiamo, per misteriosi motivi, ripagare interamente con le nostre tasche e con il nostro lavoro.
Il debito pubblico non è una cosa da poco, in quanto è la causa principale del costante aumento della pressione fiscale nel nostro Paese. Persino nel 2014, anno della ”finta ripresina” con i bluff economici del governo Renzi, le tasse sono aumentate comunque dello 0,2%, arrivando alla soglia record imbattuta del 44%, senza contare le tasse indirette come l’IVA, le accise sui carburanti o le imposte sui beni come il bollo auto, l’IMU, il canone RAI etc,  che fanno schizzare il totale dei balzelli da pagare allo Stato a ben oltre il 68% del proprio guadagno.
Ma procediamo con ordine e cerchiamo di capire cos’è il debito pubblico e perché aumenta sempre. Come funziona, economicamente parlando, una Nazione o un Gruppo di Nazioni?
Immaginate, per semplicità, che una Nazione sia rappresentabile come una piramide divisa in tre fasce: la punta, in alto, è il Governo. La fascia centrale sono gli ”statali”, ovvero tutti quei soggetti che vengono pagati direttamente dal Governo, mentre la terza fascia (la base della piramide) sono i privati cittadini, le aziende private, i negozi, i commercianti etc.
Il denaro ”filtra” dall’alto verso il basso, per poi tornare in cima attraverso le tasse. In altre parole, i soldi, all’interno di una Nazione (o di un gruppo di Nazioni) devono circolare, ovvero devono partire dal punto ”A”, girare di tasca in tasca, stimolando la produzione di beni e servizi, e ritornare poi nel punto ”A” per ricominciare il giro.
Il punto ”A” è il posto dove il denaro viene creato dal nulla, oppure riciclato dalle tasse, per essere reimmesso in circolazione: esso prende comunemente il nome di ”Banca Centrale”. In uno Stato ”normale”, la Banca Centrale dovrebbe essere di proprietà dei cittadini, ovvero statale.
Facciamo un semplice esempio pratico: al Governo Italiano servono 1.000 euro per pagare gli statali. Si fa quindi ”prestare” i 1.000 euro dalla Banca Centrale e li immette nel sistema pagando insegnanti, impiegati, medici etc.
Gli statali spenderanno, successivamente, quei 1.000 euro acquistando beni e servizi dalla base della piramide, cioè dai privati cittadini, che sono gli unici soggetti in grado di creare ricchezza vera nel Paese. Faranno la spesa, andranno dal barbiere, si compreranno da vestire etc. Così facendo, però, la massa monetaria totale circolante della base (cioè dei privati) aumenterà di 1.000 euro generando un rischio di inflazione. Il governo interverrà quindi con le tasse, recuperando dai privati, l’anno successivo, quei 1.000 euro immessi nel sistema e restituendoli alla Banca Centrale, annullando così di fatto il debito contratto l’anno prima. E, a questo punto, il ciclo può ricominciare e la Banca Centrale può riprestare i soldi al Governo!
Semplice, no? Ma, c’è un “ma” (anzi, due) grandi come una casa che rovinano di fatto questo efficiente meccanismo di creazione/sparizione del denaro: gli interessi sull’emissione di nuova moneta e la proprietà della Banca Centrale.
Nella realtà, infatti, la Banca Centrale non è di proprietà dei cittadini, ma è di fatto un ente privato, di proprietà del sistema bancario, con diverse quote (preferiamo non scendere nei dettagli per non creare confusione).
Cosa accade quindi, veramente, quando un Governo ha bisogno di soldi per pagare gli statali?
Attenzione perché l’imbroglio è tutto qui ed è anche molto semplice da capire, se spiegato bene. 
Quando il Governo italiano ha bisogno di denaro per pagare i servizi statali, deve rivolgersi al sistema bancario privato e farseli prestare, non potendo esso crearsi il denaro da solo, in quanto ha ceduto (senza il consenso dei cittadini) la facoltà di battere moneta alla BCE e, quindi, al sistema bancario privato europeo a cui la BCE appartiene. 
Il problema sono gli interessi sul prestito, che non dovrebbero esistere, perché matematicamente impagabili.
Facciamo l’esempio di prima, riveduto e corretto, con ciò che accade realmente oggi.
L’Italia ha bisogno di 1.000 euro per pagare gli statali. Chiede, quindi, un prestito ad una banca privata, che glielo concede con un 5% di interessi. Il Governo prende i 1.000 euro e paga gli statali, i quali spendono il denaro presso i privati, facendo aumentare la massa monetaria dei privati di 1.000 euro.
L’anno dopo, però, il Governo si trova di fronte ad un problemino matematicamente irrisolvibile: non deve restituire 1.000 euro, ma 1.050, ovvero i 1.000 che si è fatto prestare l’anno prima + i 50 di interessi.
Quei 50 euro in più, però, non esistono, perché non sono mai stati creati! Se ricordi bene, la banca che ha prestato allo Stato i 1.000 euro ne ha creati (stampati) solo 1.000 ed il Governo italiano non può battere moneta, non può creare quei 50 euro in più, perché ha ceduto la propria sovranità monetaria. 
Cosa fare allora? Le soluzioni sono solamente 2!
1) Se lo stato ha un’economia avviata, come l’aveva l’Italia fino a qualche anno fa, può andare a prendere quei 50 euro dalle tasche dei privati cittadini aumentando le tasse ed impoverendoli un po’. Infatti, nei numeri, lo Stato ha immesso 1.000 euro nel sistema e ne ha prelevati 1050. Il debito viene saldato, ma la massa monetaria totale circolante cala (lo Stato ha dovuto togliere 50 euro in più dalla massa di denaro circolante). In pratica, lo Stato si è impoverito di 50 euro
2) Se le tasse sono già elevate, il Governo può farsi prestare dal sistema bancario privato nuovo denaro (carico anch’esso di interessi che non esistono materialmente) per pagare gli interessi dell’anno precedente ed aumentando così il debito pubblico.
Insomma, per farla breve, se all’atto dell’emissione di nuova moneta essa viene prestata ad uno Stato con degli interessi allegati, quello Stato sarà costretto ad aumentare le tasse o ad aumentare il debito pubblico. Non se ne scappa. E’ matematico!
L’interesse sull’emissione di moneta è il male assoluto della nostra economia! 
Esso non è indispensabile, anzi non serve proprio a nulla. E’ dannoso e mette le Nazioni in ginocchio di fronte al sistema bancario perché, ovviamente, sono indebitate e impossibilitate a saldare il tutto. Ecco che le banche possono dettar legge sugli Stati schiavi, di fatto, di un debito artificiale, ottenuto anche grazie all’aiuto di un Governo complice che non si sogna nemmeno di mettere in discussione il sistema.
L’Italia ha pagato, dal 1980 ad oggi, oltre 3.000 miliardi di euro di soli interessi. Il Debito Pubblico italiano è di 2.000 miliardi. 
Se iniziassimo a considerare illegali gli interessi sull’emissione di nuova moneta (semplicemente perché impagabili, frutto di un’evidente truffa volta a rendere uno Stato insolvente e, quindi, ricattabile), ci accorgeremmo che non solo abbiamo già pagato tutto il nostro debito, ma che siamo addirittura a credito di 1.000 miliardi nei confronti del sistema bancario privato.
Basterebbe un semplice cambio di paradigma, guardando la cosa dal lato giusto! 
Se non hai afferrato il concetto, ascoltati questo breve video di Salvo Mandarà, che spiega esattamente quello che abbiamo scritto qui sopra, ma con altre parole.

 E guarda anche quest'altro video.

Articolo ripreso da: Complottisti

martedì 5 giugno 2018

“Mani Pulite” rappresenta la liberazione dalla corruzione della Prima Repubblica o una manovra che ha il sapore di un colpo di Stato?


“Mani Pulite” continua ad essere agiograficamente celebrato come un evento decisivo, come una liberazione, vuoi anche come il trionfo della democrazia sulla corrottissima “Prima Repubblica”. Ma siamo davvero sicuri che sia questo il corretto modo di intendere quanto accaduto?


Mi permetto di dubitarne, sollevando il dubbio metodico di marca cartesiana. Il compito della filosofia, forse, risiede proprio nel problematizzare l’ovvio o, come diceva Heidegger, nel fare emergere come “in ogni cosa risaputa si celi ancora qualcosa degno di essere pensato”.
Sarò telegrafico, esponendo in forma apodittica (per mezzo del puro ragionamento) la mia tesi, che ho meglio argomentato nello studio “Il futuro è nostro. Filosofia dell’azione” (Bompiani 2014, cap. VI). 
“Mani Pulite”, con buona pace delle retoriche edificanti e della “pappa del cuore” per anime belle, fu un vero e proprio colpo di stato che rese possibile l’abbandono del Welfare State e di quelle forme politiche che, pur corrottissime, ancora ponevano in primo piano la comunità umana e i suoi bisogni concreti, l’istruzione e la sanità garantite, non certo il mercato sovrano e assoluto.
La logica dialettica di sviluppo del capitalismo è quella della progressiva estensione della forma merce a ogni ambito e, insieme, della distruzione di ogni limite che a tale movimento si opponga: “Ogni limite è per il capitale un ostacolo”, sapeva già Marx. Il capitale procede allora al superamento degli ostacoli, per imporre la forma merce ovunque, di modo da rispecchiarsi in ogni cellula della realtà integralmente reificata (ndr: la reificazione è un concetto filosofico che viene usato per lo più in senso critico/descrittivo, al fine di evidenziare l'influenza del modo di produzione capitalistico sulla vita delle persone e sulla loro capacità di reagire a tale potere).
Ora, con la “Prima Repubblica” vi era certo la corruzione (che non mi sogno di negare o anche solo di ridimensionare!), ma vi era pur sempre un governo ispirato a valori non coincidenti con quelli del mercato e, anzi, potenzialmente in grado di prendere posizione contro di essi.  DC e PCI, pur diversissimi, erano accomunati da un’attenzione per il sociale, che oggi è scomparsa su tutto il giro d’orizzonte, a destra come a sinistra. 
Il fanatismo dell’economia doveva abbattere esattamente tutto questo, per sostituirlo con una politica che non fosse altro che la continuazione dell’economia con altri mezzi.
Fu ciò che, appunto, “Mani Pulite” rese possibile. 
Non era possibile farlo tramite un aperto colpo di Stato militare, proprio come gli USA non possono bombardare i popoli esibendo l’autentica ragione, cioè la criminale brama di dominio imperialistico sul mondo. E, proprio come gli USA, dal 1989 ad oggi (in quella che, con Costanzo Preve, ho definito la “quarta guerra mondiale”), bombardano sempre in nome dei diritti umani e della libertà, della democrazia e dell’umanità, analogamente “Mani Pulite” distrusse i diritti sociali e una politica non ancora subordinata integralmente all’economia, e lo fece in nome della lotta alla corruzione e della giustizia, dell’onestà e della questione morale.
Lo fece, cioè, trovando l’appoggio di un’opinione pubblica artatamente pilotata e, di più, rincretinita ad opera del circo mediatico e dal clero giornalistico, tramite parole d’ordine come “lotta alla corruzione” e “onestà”; parole d’ordine che, trovando subito il consenso universale, fecero sì che gli italiani acconsentissero e, di più, volessero la distruzione dell’Italia stessa come Paese sovrano e non ancora integralmente sottomesso al fanatismo economico.
Il grado di ipocrisia fu, grosso modo, lo stesso che riscontriamo abitualmente nelle politiche estere statunitensila lotta contro la corruzione divenne il casus belli per distruggere lo Stato, la politica e i diritti sociali conquistati e, dunque, per aprire l’esiziale (ndr: disastroso) ciclo delle  privatizzazioni in nome del sacro dogma – sempre ripetuto ancora oggi nelle omelie neoliberali – della competitività in assenza di lacci e lacciuoli dello Stato.
Non diversamente, gli USA continuano a usare barbuti dittatori come pretesto per massacrare i popoli (Iraq, Libia, etc), sempre in nome – citando Preve – dell’interventismo umanitario, del bombardamento etico e dell’embargo terapeutico. 
Questo è il punto. 
Occorreva attuare la cosiddetta “rivoluzione liberista”, ossia la privatizzazione neoliberale dell’intera società, con l'aziendalizzazione del sociale, la rimozione del diritti sociali (sostituiti dai diritti civili, innalzati a soli diritti esistenti), la distruzione della politica, la sostituzione dei politici con maggiordomi della finanza e del vecchio capitalismo europeo dotato di welfare state con il capitalismo selvaggio americano senza diritti e garanzie.
Questo fece Mani Pulite, con buona pace delle grandi narrazioni ripetute urbi et orbi dalla propaganda ufficiale. 
Mani Pulite fu un colpo di Stato giudiziario ed extraparlamentare con cui, in coerenza con la nuova politica globale, si era precocemente iniziato a distruggere il lascito di uno Stato sociale di stampo keynesiano, sia pure in preda alla corruzione.
Si aprì, così, nel consenso generale e nel trionfo di scene patetiche, come quella del lancio delle monetine a Bettino Craxi, il ciclo irresistibile di politiche interscambiabili di centro/destra e di centro/sinistra, in un’alternanza senza alternativa, in cui a vincere era sempre e solo il mercato, sempre e solo il nesso di forza capitalistico, sempre e solo il fanatismo dell’economia. 
Da qui, occorre tornare a riflettere, per comprendere le vicende degli ultimi vent’anni, il piano inclinato che ci ha portati dove attualmente siamo.

Articolo di Diego Fusaro

 Contenuti e illustrazione ripresi da: Complottisti