E’
un tormentone che non reggo più: se non condividi questo governo sei per forza
del Pd.
Non
mi risulta che TUTTI gli italiani abbiamo votato Pd o M5S o Lega o altre liste
presenti nella tornata elettorale. Mi pare, osservando bene, che il vero
"partito" di maggioranza sia rappresentato da quelli che non si sono
recati alle urne.
Varrebbe
la pena di chiedersi le ragioni di questo "non voto", anziché
cantilenare in continuazione "...e allora il Pd?"
Costoro
non hanno votato il Pd, ma nemmeno i 5 Stelle o la Lega o qualunque altro
partito.
Immaginando
che "La lista che non c'è", chiamiamolo così il "partito del non
voto", sia un normale partito presente con la sua lista, applicando la
legge elettorale, avrebbe la maggioranza assoluta in parlamento (vi sembra
poco?), senza bisogno di operare discutibili alleanze che portano poi al
pentimento di numerosi elettori per averli votati.
"La
lista che non c'è" è, indiscutibilmente, il più grande partito italiano (non
ci piove), ma nessuno ne rileva l’evidente pericolo, limitandosi al tormentone
"...e allora il Pd?"
Ricordo
che in illo tempore, alcuni decenni fa, quando si verificò un astensionismo intorno
al 10%, considerato gravissimo e pericoloso dai politici di allora, i partiti
tutti tremarono e cominciarono a chiedersi come recuperare quegli elettori
dissidenti, che rappresentavano il segnale dell’avvento di una politica
extraparlamentare incontrollabile dall'alto.
Qui,
invece, nessuno si pone il problema: gli basta la poltrona occupata e il
relativo congruo emolumento mensile, il resto non conta (è questa la vera
manifesta cretineria politica). E non mi riferisco a un partito o a una
coalizione in particolare, ma a tutti coloro che siedono in parlamento e quando
aprono bocca dimostrano d'ignorare persino la Costituzione e la Legge dello
Stato, inventandosela a proprio favore, di volta in volta, a seconda della
propria convenienza del momento. L’impressione percepita dal Popolo della
ragione è che, in Italia, chi non ha arte né parte possa scegliere se fare il
calciatore o il politico. In entrambi i casi, le entrate sono da favola.
Allora,
cambiamolo il tormentone ("...e allora il Pd?") e sostituiamolo con
un altro molto più realistico ed efficace per sintetizzare la grave situazione
in cui stiamo affogando: "Basta con i poteri sovranazionali che gestiscono
sommersamente la politica e operano perché in parlamento entri solo gente al
loro servizio".
E'
questo, in sintesi, il sano messaggio della "Lista che non c'è".
Altro che Pd ed altri partiti e movimenti mangiasoldi!
Perché una società strategica per gli italiani, con un fatturato
annuo di oltre 6 miliardi di euro e introiti
certi – che sono aumentati vertiginosamente negli anni, come era prevedibile, – è
stata ceduta a imprenditori privati? Facciamo un passo indietro: è il 1992; il
cartello finanziario internazionale mette gli occhi e le mani sul nostro Paese, con la complicità e la sudditanza di una nuova classe politica imposta dal cartello stesso.
Il suo compito è quello di cedere le banche e i gioielli di Stato italiani
ai potentati finanziari internazionali, anche attraverso il filtro di
imprenditori nostrani.
E’ l’anno della riunione sul Britannia, quando il Gotha
della finanza internazionale
attracca a Civitavecchia con lo yacht della Corona inglese. Sono venuti a
ridisegnare il capitalismo in Italia a danno degli italiani, a fare incetta
delle nostre migliori aziende e ad arruolare quelli che saranno i loro fedeli
servitori al governo del Paese, a cui garantiranno incarichi di prestigio: il
maggior beneficiario sarà Mario Draghi, ma tra i più benemeriti sono Prodi,
Andreatta, Ciampi, Amato, D’Alema. I primi tre erano già entrati a pieno titolo
nel Club Bilderberg, nella Commissione Trilaterale e in altre organizzazioni
del capitalismo speculativo angloamericano, che aveva deciso di attaccare e
conquistare il nostro Paese con l’appoggio di banche d’affari come la Goldman Sachs,
che favorirà gli incredibili scatti di carriera dei suoi ex dipendenti: Prodi e
Draghi prima, Mario Monti dopo.
E’ l’anno in cui, in soli 7 giorni, cambiano il sistema monetario
italiano, che viene sottratto dal controllo del governo e messo nelle mani
della finanza speculativa.
Per farlo, vengono privatizzati gli istituti di credito e gli enti pubblici,
compresi quelli azionisti della Banca
d’Italia. E' l’anno in cui viene impedito al Ministero del Tesoro di concordare
con la Banca d’Italia il tasso ufficiale di sconto (costo del denaro alla sua
emissione), che viene quindi ceduto a privati. E’ l’anno della firma del
Trattato di Maastricht e l’adesione ai vincoli europei. In pratica, è l’anno in cui
un manipolo di uomini, palesemente al servizio del cartello finanziario
internazionale, ha ceduto ogni nostra sovranità.
Bisognava passare alle aziende
di Stato: l’attacco speculativo di Soros, che aveva deprezzato la lira di quasi
il 30%, permetteva l’acquisto dei nostri gioielli di Stato a prezzi di saldo e, così, arrivarono gli avvoltoi. La maggior parte delle nostre aziende statali
strategiche passò in mano straniera o comunque fu privatizzata. Ma la cosa più
eclatante fu che l’Iri (istituto di ricostruzione industriale) che nella pancia
alla fine degli anni ’80 aveva circa 1.000 società, fiore all’occhiello del
nostro Paese, fu smembrato e svenduto, sotto la presidenza di Prodi (dal 1982
al 1989 e durante un periodo tra il 1993 ed il 1994), poi premiato dal cartello
che favorì la sua ascesa alla presidenza del Consiglio in Italia e poi alla
Commissione Europea.
A sostituirlo come presidente del Consiglio in Italia e a
continuare il suo lavoro di smembramento delle aziende di Stato, ci penserà
Massimo D’Alema, che nel 1999 favorirà la cessione, tra le altre, di Autostrade
per l’Italia e Autogrill alla famiglia Benetton, che di fatto hanno, così,
assunto il monopolio assoluto nel settore del pedaggio e della ristorazione
autostradale.
Un’operazione che farà perdere allo Stato italiano miliardi di
fatturato ogni anno. Le carte ci dicono che in quegli anni il presidente
dell’Iri era tale Gian Maria Gros-Pietro. Lo conoscevate? Io credo di no.
Invece, il cartello finanziario speculativo lo conosceva bene e nel 2001 lo
convocò alla riunione del Bilderberg in Svezia, indovinate insieme a chi?
Insieme a Mario Draghi e ad un certo Mario Monti. Entrambi saranno ampiamente
ripagati dal cartello stesso, che in futuro riuscì a piazzare Draghi alla Banca d’Italia e
poi alla Bce e Mario Monti dalla Goldman Sachs alla Commissione Europea e poi
a capo del governo (non eletto) in Italia. E che cosa ne è stato di Gian Maria
Gros-Pietro? Qui viene il bello. E arriviamo al tema di questo post.
Gian
Maria Gros-Pietro, che già nel fatidico 1992 era presidente della commissione
per le strategie industriali nelle privatizzazioni del ministero
dell’industria, nel 1994 diviene membro della commissione per le
privatizzazioni – istituita indovinate da chi? Da Mario Draghi. Ora capite come
lavora il cartello finanziario-speculativo per mettere tentacoli ovunque e per
far sì che ci sia sempre un proprio esponente nei ruoli-chiave.
Ma non finisce
qui. Come abbiamo visto, nel 1997 Gros-Pietro è presidente dell’Iri mentre
viene organizzata la cessione a prezzi di saldo di Autostrade per l’Italia, che
avverrà nel 1999 col passaggio al Gruppo Atlantia Spa, controllato da Edizione
srl, la holding di famiglia dei Benetton. Gros-Pietro firma la cessione, la
famiglia Benetton gli strizza l’occhio. Cosa voleva dire metaforicamente quella
strizzatina d’occhio? Ora immaginate l’inimmaginabile. Cosa accade nel 2002?
Gian Maria Gros-Pietro, dopo aver gestito la privatizzazione dell’Eni, andrà a
presiedere per quasi 10 anni indovinate che cosa? Proprio la Atlantia Spa, la
società alla quale solo tre anni prima, come dipendente pubblico, aveva
svenduto la gestione dei servizi autostradali italiani. Le jeux sont fait.
A questo punto proviamo a leggere i termini del contratto di
concessione della rete autostradale. Mi dispiace, cari amici. Non si può. Sono
stati coperti da segreto di Stato, manco si trattasse di una riservatissima
operazione militare. Ma com’è stato svolto in questi anni il servizio di
manutenzione ordinaria da parte dei concessionari di Autostrade per l’Italia?
La macabra risposta è descritta nei tragici eventi di Genova, e non solo.
Leggendo quanto emerge dalla relazione annuale (2017) sull’attività del settore
autostradale in concessione pubblicata sul sito del ministero dei trasporti, si
evince una crescita esponenziale del fatturato (quasi 7 miliardi) e dei
pedaggi. In calo solo gli investimenti (calati addirittura del 20%) e la spesa
per manutenzioni in controtendenza, rispetto alla logica che dovrebbe prevedere
un aumento dei costi della manutenzione contestualmente
all’aumento del traffico. Ma la sicurezza degli automobilisti è stata messa in
secondo piano rispetto alla massimizzazione dei profitti, già di per sé
abnormi.
E
com’è andata invece con gli interventi straordinari ad opera dei ministeri
preposti? Non c’erano soldi da destinare ad interventi straordinari, seppur
richiesti dagli esperti, a causa dei vincoli di bilancio da rispettare e
imposti dal pareggio di bilancio. Quali vincoli? Quelli europei. E da chi sono
stati imposti questi vincoli? dal Trattato di Maastricht del 1992, da quello di
Lisbona del 2007 e dal pareggio di bilancio in Costituzione del 2011. E chi li
ha voluti? Indovinate? Nell’ordine: Romano Prodi, Massimo D’Alema e Mario
Monti, con l’appoggio esterno di Mario Draghi. Ma non erano quelli che insieme
partecipavano alle organizzazioni del cartello finanziario speculativo che
voleva far crollare il nostro paese? Esattamente. Il cerchio si chiude.
Solidarietà alle vittime di Genova, per il crollo del ponte autostradale.
Solidarietà agli italiani per il crollo annunciato e pianificato del loro
paese.
(“Giornalista d’inchiesta svela importanti retroscena su
Autostrade per l’Italia”, dal blog di Marco
Della Luna del 18 agosto 2018. Parte del testo è tratta dal
libro-inchiesta “La Matrix
Europea”, di Francesco Amodeo. Avvocato e saggista, Della Luna
attribuisce il testo della ricostruzione giornalistica a Maurizio Blondet, per anni
inviato di “Oggi”, “Il Giornale” e “Avvenire”)
L’attacco
a vitalizi parlamentari e “pensioni d’oro” è solo la premessa della rapina del
secolo in funzione schiettamente antipopolare: il vero obiettivo è ridurre
tutte le pensioni. Lo sostiene Aldo Giannuli, che considera ingiusta (e
finanziariamente irrilevante) la campagna scatenata da Roberto Fico contro i
vitalizi, e pericolosa la battaglia – sempre dei 5 Stelle – contro le pensioni
più ricche. «E’ del tutto comprensibile la tentazione di molti di approvare la
norma contro i vitalizi dei parlamentari», premette il politologo,nel suo blog. «Sappiamo
tutti che, sul piano economico, la manovra (con i pretesi 40 milioni di
risparmio) è semplicemente ininfluente, ma il vero effetto è quello di punire
la classe politica strappandole un privilegio deciso in altri tempi». Quei
vitalizi, ricorda Giannuli, stabilivano un trattamento ingiustamente
preferenziale verso i politici, le cui indennità non erano tassabili, ma erano
pensionabili. Poi le cose sono cambiate un po’ alla volta, ma molti degli
attuali vitalizi nacquero sotto la stella del privilegio di casta. «Questo è
vero, come è vero che la classe politica merita d’essere bastonata per il mono
indecente con cui ha gestito la cosa pubblica». E questo spiega la simpatia che
la misura riscuote presso il grande pubblico, così come la riscuote anche
l’altra manovra in preparazione: quella sulle “pensioni d’oro”, cioè dai 5.000
euro in su. «Ma si tratta di due polpette avvelenate, che dobbiamo rimandare
indietro».
Sono
ormai diversi anni, scrive Giannuli, che alcuni economisti – ovviamente di fede
neoliberista – sostengono che, per riequilibrare i bilanci dello Stato,
occorra fare tagli in particolare alla spesa
pensionistica. Dicono anche che, per fare ciò, non basti ridurre la
retribuzione di chi andrà in pensione, ma occorra ridurre l’importo di chi è
già in pensione. «In particolare, c’è chi sostiene che si debba ricalcolare
sulla base del metodo contributivo le pensioni di quelli che hanno una pensione
calcolata sulla base del vecchio sistema retributivo. In soldoni: ridurre le
pensioni di un buon 15% (altro che superare la Fornero!). Ma sulla strada di
questo simpatico progettino – aggiunge Giannuli – c’è un fastidioso principio
giuridico che si chiama “diritti acquisiti” (lo stesso contro cui andò a
schiantarsi Renzi con la sentenza della Corte Costituzionale del gennaio 2015,
relatrice Silvana Sciarra)». D’altro canto, prosegue l’analista, «in un paese
giuridicamente civile, questo è un principio inderogabile: ve lo immaginate uno Stato che
prima concede una amnistia penale o un condono fiscale tombale e poi ci
ripensa?». Inoltre, aggiunge, le pensioni “d’oro” sono tali perché vengono da
retribuzioni molto alte, su cui sono state operate trattenute proporzionali che
oggi producono quel reddito di quiescenza.
«Forse
quelle retribuzioni erano ingiustamente alte, ma ora non ci si può fare nulla»,
conclude Giannuli: «La pensione è salario differito, che prosegue sulla base
del trattamento concordato quando l’interessato era in servizio e non è oggi rinegoziabile».
Peraltro questo accanimento «sarebbe oggi perdente» anche a voler forzare
questo principio fondamentale di diritto con una forte campagna d’opinione,
«perché provocherebbe la rivolta di buona parte dei pensionati e metterebbe in
allarme anche altre categorie». Se però «aizziamo la gente contro la classe politica (con
la questione dei vitalizi)», allora «la cosa diventa molto più fattibile»,
dunque pericolosa: perché poi, «una volta fatto saltare per loro il principio
dei diritti acquisiti, questo non esisterà più per gli altri e si
passerà al secondo tempo: le “pensioni d’oro”». Stesso schema: aizzando
l’opinione pubblica contro i “ricchi” (che però sarebbero risarciti
abbondantemente dalla Flat Tax), si finirebbe col dire che anche una pensione
da 4.000 euro, in tempi di sacrifici, è una pensione “d’oro”, e poi una di
3.000, e così via. Passo finale: «Portare tutti a regime contributivo», tosando
la totalità delle pensioni italiane (e calpestando – a partire dalla guerra ai
vitalizi – il principio giuridico dei diritti acquisiti).
Il progetto studiato a tavolino, oltre
vent’anni fa, di metodica “somarizzazione” delle masse, sta raggiungendo il
massimo raccolto dei frutti che erano stati prefissati. La cosa che mi
meraviglia è, tra le altre, la "grave" mancanza tormentonica della parola “reazionario”. Ma forse non
viene utilizzata nel tormentone odierno perché il suo significato è troppo
complesso e abbisognerebbe della stesura di un profilo psicologico e storico
dell’interlocutore per poterla accompagnare. Difficile per le menti poco eccelse!
L’apice prefissato ormai è raggiunto. Le
ideologie sono tutte completamente archiviate e chi ancora si permette di
utilizzare la parola “marxismo”, o fare il nome di Gramsci o del Che, viene
accusato di dietrologia o, quantomeno, da qualcuno più educato, di essere
nostalgico. “Nostalgico” di cosa? Della giustizia sociale che oggi è in fase
funeraria? Della Democrazia garantita ad alta voce dalla Costituzione?
Intellettuali in libertà
Cinismo, individualismo, vanagloria e
presunzione sono i nuovi valori del Terzo Millennio.
Ovviamente, nei vari tormentoni, mai
sento nominare Keynes, ma si andrebbe troppo nella cultura del difficile:
eppure, noi lavoratori e pensionati di oggi, negli anni ’70/’80, ci siamo ritrovati
felici nel portafogli, grazie alla politica economica keynesiana che, sia pure di concezione liberista, garantiva
in ogni situazione il potere d’acquisto del salario. Felici erano anche il
mercato che cresceva e le imprese, che vedevano crescere la produzione, creando
continuamente nuovi posti di lavoro (solidi e a tempo indeterminato, grazie
alle garanzie della Legge n. 300/70, conquistata con le lotte sessantottine).
Felici erano i pensionati che riuscivano ad arrivare alla fine del mese: si
andava in pensione con il retributivo pieno, ricordatela in futuro questa
parola (retributivo), cambiata dalla Fornero in “contributivo”, oggi sotto
osservazione per peggiorarla dagli attuali governanti, nonostante gli show di
attacco alla Fornero.
Ma tanto, i somari che ne capiscono? C'è il migrante da odiare e il reddito di cittadinanza per realizzare il sogno di non lavorare vita natural durante con il sussidio di Stato.
Su una parola, però, condivido il
tormentone: demagogia. Mi rivolgo, ovviamente, a coloro che sanno
effettivamente cosa essa significhi.
Infatti, è demagogico concedere il
diritto al voto a coloro che, somarizzati scientificamente, non hanno mai letto e studiata la
Costituzione italiana, che mai hanno aperto un libro (o un sito) di “Storia
delle dottrine politiche”, che non sanno che la politica è una branca della
filosofia e non un’accozzaglia di altri somari che s’insediano in Parlamento
grazie al voto di un corpo elettorale ancora più somaro.
Oggi, chi sa rispondere a queste
domande?
1) Premesso che qualunque legge
elettorale che prevede diversamente è da considerarsi incostituzionale, perché
la Costituzione prevede esclusivamente il proporzionale secco come sistema
elettorale?
2) Per quale motivo i Padri Costituenti
decisero che la Camera dei Deputati doveva essere composta da 630 unità e il
Senato da 315 e perché oggi, a garanzia di democrazia, andrebbero aumentati e
non diminuiti?
3) Quanto prende di stipendio netto e
lordo (intendo in busta paga, non i rimborsi spese ed altre voci che
sicuramente vanno riviste o cancellate) un parlamentare?
4) Nella storia delle Repubblica
Italiana, quanti e quali politici hanno rinunciato ai loro diritti economici e
di carica senza farne pubblicità e senza tenere spettacolari conferenze stampa
in proposito?
Il gregge
Chi è a conoscenza che i vitalizi sono
già stati sensibilmente tagliati per legge nel 2012?
Chi è a conoscenza che, dall’inizio di
quest’anno, gli sbarchi di migranti hanno avuto una flessione del 77%, ma
ancora qualcuno cavalca l’onda dell’invasione in mancanza di altri argomenti
elettorali che siano fondati sul benessere dei cittadini e non sulla creazione
dell’odio verso il prossimo?
Chi è a conoscenza che il “Reddito di
cittadinanza” potrebbe partire da subito, in buona parte finanziato dalla Ue,
la quale però ha posto come giusta condizione la riforma del Collocamento, che
deve effettivamente attivarsi per procurare lavoro, perché tale reddito non
deve diventare, appunto, un sussidio di Stato per chi non ha voglia di lavorare, ma solo
un sussidio per mantenersi nel periodo di stallo in attesa di una nuova
occupazione lavorativa?
Chi è a conoscenza che, grazie proprio
agli immigrati, si stanno pagando i costi dei nuovi arrivi (peraltro, in buona
parte finanziati dall’Ue) ed anche molte pensioni e ammortizzatori sociali agli
italiani?
Ci raccontano che gli immigrati costano
troppo all'Italia? Falso. Detratti i costi e benefici che ricevono, quelli
occupati e quelli non occupati, i "nuovi italiani" portano in dote
alle casse dello Stato un bel gruzzolo: un miliardo e mezzo di euro netti
l'anno, per la precisione. È quanto emerge dall’ultimo Dossier Statistico. Ma i
somari credono al loro parente che vola!
Un’ultima domanda. Apprendendo che oggi
siamo vittime della lotta egemonica di due poteri mafio/massonici contrapposti,
quello finanziario e quello imprenditoriale, credete davvero che nella politica
italiana sia permesso l’ingresso di persone talmente colte e preparate, oltre
che intelligenti, in grado di contrapporsi a favore del Popolo a tali poteri,
creando così una terza e massiccia forza egemonica popolare?
Se la vostra risposta è “sì”, alzate gli
occhi al cielo e guardate bene: l’asino vola!
Nino Caliendo Le illustrazioni sono state reperite sul web in forma libera, quindi, in mancanza di annotazioni diverse, ritenute di pubblico dominio
Facendo due conti molto semplici, potremmo accorgerci di un’anomalia
piuttosto bizzarra nel computo del famigerato debito pubblico italiano.
La cosa richiede una certa concentrazione e la
ferrea volontà di capire a fondo cosa diavolo sia questo ”debito”, che tutti
abbiamo sul groppone, che nessuno di noi ha mai contratto, ma che dobbiamo, per
misteriosi motivi, ripagare interamente con le nostre tasche e con il nostro
lavoro.
Il debito pubblico non è una cosa da poco, in
quanto è la causa principale del costante aumento della pressione fiscale nel
nostro Paese. Persino nel 2014, anno della ”finta ripresina”
con i bluff economici del governo Renzi, le tasse sono aumentate comunque dello
0,2%, arrivando alla soglia record imbattuta del 44%, senza contare le tasse
indirette come l’IVA, le accise sui carburanti o le imposte sui beni come il
bollo auto, l’IMU, il canone RAI etc, che fanno schizzare il totale dei balzelli da
pagare allo Stato a ben oltre il 68% del proprio guadagno.
Ma procediamo con ordine e cerchiamo
di capire cos’è il debito pubblico e perché aumenta sempre. Come funziona,
economicamente parlando, una Nazione o un Gruppo di Nazioni?
Immaginate, per semplicità, che una Nazione sia rappresentabile come una
piramide divisa in tre fasce: la punta, in alto, è il Governo. La fascia
centrale sono gli ”statali”, ovvero tutti quei soggetti che vengono pagati
direttamente dal Governo, mentre la terza fascia (la base della piramide) sono
i privati cittadini, le aziende private, i negozi, i commercianti etc.
Il denaro ”filtra” dall’alto verso il basso, per
poi tornare in cima attraverso le tasse. In altre parole, i soldi,
all’interno di una Nazione (o di un gruppo di Nazioni) devono circolare, ovvero
devono partire dal punto ”A”, girare di tasca in tasca, stimolando la
produzione di beni e servizi, e ritornare poi nel punto ”A” per ricominciare il
giro.
Il punto ”A” è il posto dove il denaro viene creato
dal nulla, oppure riciclato dalle tasse, per essere reimmesso in circolazione:
esso prende comunemente il nome di ”Banca Centrale”. In uno Stato ”normale”, la
Banca Centrale dovrebbe essere di proprietà dei cittadini, ovvero statale.
Facciamo un semplice esempio pratico: al Governo Italiano servono 1.000
euro per pagare gli statali. Si fa quindi ”prestare” i 1.000 euro dalla Banca
Centrale e li immette nel sistema pagando insegnanti, impiegati, medici etc.
Gli statali spenderanno, successivamente, quei 1.000 euro acquistando beni
e servizi dalla base della piramide, cioè dai privati cittadini, che sono gli
unici soggetti in grado di creare ricchezza vera nel Paese. Faranno la spesa,
andranno dal barbiere, si compreranno da vestire etc. Così facendo, però, la
massa monetaria totale circolante della base (cioè dei privati) aumenterà di 1.000
euro generando un rischio di inflazione. Il governo interverrà quindi con le
tasse, recuperando dai privati, l’anno successivo, quei 1.000 euro immessi nel
sistema e restituendoli alla Banca Centrale, annullando così di fatto il debito
contratto l’anno prima. E, a questo punto, il ciclo può ricominciare e la Banca
Centrale può riprestare i soldi al Governo!
Semplice, no? Ma, c’è un “ma”
(anzi, due) grandi come una casa che rovinano di fatto questo efficiente
meccanismo di creazione/sparizione del denaro: gli interessi sull’emissione di
nuova moneta e la proprietà della Banca Centrale.
Nella realtà, infatti, la Banca Centrale non è di
proprietà dei cittadini, ma è di fatto un ente privato, di proprietà del
sistema bancario, con diverse quote (preferiamo non scendere nei
dettagli per non creare confusione).
Cosa accade quindi, veramente, quando un Governo
ha bisogno di soldi per pagare gli statali?
Attenzione perché l’imbroglio è tutto qui ed è anche molto semplice da capire, se spiegato bene.
Quando il Governo italiano ha bisogno di denaro per pagare i servizi
statali, deve rivolgersi al
sistema bancario privato e farseli prestare, non potendo esso crearsi il denaro
da solo, in quanto ha ceduto (senza il consenso dei cittadini) la facoltà di
battere moneta alla BCE e, quindi, al sistema bancario privato europeo a cui la
BCE appartiene.
Il problema sono gli interessi sul prestito, che non
dovrebbero esistere, perché matematicamente impagabili.
Facciamo l’esempio di prima, riveduto e corretto,
con ciò che accade realmente oggi.
L’Italia ha bisogno di 1.000 euro per pagare gli
statali. Chiede, quindi, un prestito ad una banca privata, che glielo concede
con un 5% di interessi. Il Governo prende i 1.000 euro e
paga gli statali, i quali spendono il denaro presso i privati, facendo
aumentare la massa monetaria dei privati di 1.000 euro.
L’anno dopo, però, il Governo si trova di fronte
ad un problemino matematicamente irrisolvibile: non deve restituire 1.000 euro,
ma 1.050, ovvero i 1.000 che si è fatto prestare l’anno
prima + i 50 di interessi.
Quei 50 euro in più, però, non esistono, perché non sono mai stati creati!
Se ricordi bene, la banca che ha prestato allo Stato i 1.000 euro ne ha creati
(stampati) solo 1.000 ed il
Governo italiano non può battere moneta, non può creare quei 50 euro in più,
perché ha ceduto la propria sovranità monetaria.
Cosa fare allora? Le soluzioni sono solamente 2!
1) Se lo stato ha un’economia avviata, come l’aveva
l’Italia fino a qualche anno fa, può andare a prendere quei 50 euro dalle
tasche dei privati cittadini aumentando le tasse ed
impoverendoli un po’. Infatti, nei numeri, lo Stato ha immesso 1.000 euro nel
sistema e ne ha prelevati 1050. Il debito viene saldato, ma la massa monetaria
totale circolante cala (lo Stato ha dovuto togliere 50 euro in più dalla massa di
denaro circolante). In pratica, lo Stato si è impoverito di 50 euro
2) Se le tasse sono già elevate, il Governo può farsi
prestare dal sistema bancario privato nuovo denaro (carico anch’esso di
interessi che non esistono materialmente) per pagare gli interessi dell’anno
precedente ed aumentando così il debito pubblico.
Insomma, per farla breve, se all’atto dell’emissione di nuova moneta essa viene prestata ad uno
Stato con degli interessi allegati, quello Stato sarà costretto ad aumentare le tasse o ad aumentare il
debito pubblico. Non se ne scappa. E’ matematico!
L’interesse sull’emissione di moneta è il male
assoluto della nostra economia!
Esso non è indispensabile, anzi non serve proprio a nulla. E’ dannoso e
mette le Nazioni in ginocchio di fronte al sistema bancario perché, ovviamente,
sono indebitate e impossibilitate a saldare il tutto. Ecco che le banche possono dettar legge sugli Stati schiavi, di fatto, di
un debito artificiale, ottenuto anche grazie all’aiuto di un Governo complice
che non si sogna nemmeno di mettere in discussione il sistema.
L’Italia ha pagato, dal 1980 ad oggi, oltre 3.000 miliardi di euro di soli
interessi. Il Debito Pubblico italiano è di 2.000 miliardi.
Se iniziassimo a considerare illegali gli
interessi sull’emissione di nuova moneta (semplicemente perché impagabili, frutto
di un’evidente truffa volta a rendere uno Stato insolvente e, quindi, ricattabile), ci accorgeremmo che non solo abbiamo già
pagato tutto il nostro debito, ma che siamo addirittura a credito di 1.000
miliardi nei confronti del sistema bancario privato.
Basterebbe un semplice cambio di paradigma,guardando la cosa dal lato
giusto!
Se non hai afferrato il concetto, ascoltati questo breve video di Salvo Mandarà, che spiega esattamente quello che abbiamo scritto qui sopra, ma con altre parole.
“Mani Pulite” continua ad essere agiograficamente celebrato come un evento
decisivo, come una liberazione, vuoi anche come il trionfo della democrazia
sulla corrottissima “Prima Repubblica”. Ma siamo davvero sicuri che sia questo
il corretto modo di intendere quanto accaduto?
Mi permetto di dubitarne, sollevando il
dubbio metodico di marca cartesiana. Il compito della filosofia, forse, risiede
proprio nel problematizzare l’ovvio o, come diceva Heidegger, nel fare emergere
come “in ogni cosa risaputa si celi ancora qualcosa degno di essere pensato”.
Sarò telegrafico, esponendo in forma
apodittica (per mezzo del puro ragionamento) la mia tesi, che ho meglio
argomentato nello studio “Il futuro è nostro. Filosofia dell’azione” (Bompiani
2014, cap. VI).
“Mani Pulite”, con
buona pace delle retoriche edificanti e della “pappa del cuore” per anime
belle, fu un vero e proprio colpo di stato che rese possibile l’abbandono
del Welfare State e di quelle forme politiche che, pur corrottissime, ancora
ponevano in primo piano la comunità umana e i suoi bisogni concreti,
l’istruzione e la sanità garantite, non certo il mercato sovrano e assoluto.
La logica
dialettica di sviluppo del capitalismo è quella della progressiva estensione
della forma merce a ogni ambitoe, insieme, della distruzione di ogni limite che a tale movimento si
opponga:“Ogni limite è per il capitale un ostacolo”, sapeva già
Marx. Il capitale procede allora al superamento degli ostacoli, per
imporre la forma merce ovunque, di modo da rispecchiarsi in ogni cellula della
realtà integralmente reificata (ndr: la reificazione è un concetto filosofico che viene usato per lo più in senso critico/descrittivo, al fine di evidenziare l'influenza del modo di produzione capitalistico sulla vita delle persone e sulla loro capacità di reagire a tale potere).
Ora, con la
“Prima Repubblica” vi era certo la corruzione (che non mi sogno di negare o
anche solo di ridimensionare!), ma vi era pur sempre un governo ispirato a
valori non coincidenti con quelli del mercatoe, anzi, potenzialmente in grado di prendere
posizione contro di essi. DC e PCI, pur diversissimi, erano
accomunati da un’attenzione per il sociale, che oggi è scomparsa su tutto
il giro d’orizzonte, a destra come a sinistra.
Il fanatismo dell’economia doveva abbattere esattamente tutto
questo, per sostituirlo con una politica che non fosse altro che la
continuazione dell’economia con altri mezzi.
Fu ciò che,
appunto, “Mani Pulite” rese possibile.
Non era possibile farlo tramite un
aperto colpo di Stato militare, proprio come gli USA non possono
bombardare i popoli esibendo l’autentica ragione, cioè la criminale brama di
dominio imperialistico sul mondo. E, proprio come gli USA, dal 1989 ad oggi (in
quella che, con Costanzo Preve, ho definito la “quarta guerra mondiale”), bombardano
sempre in nome dei diritti umani e della libertà, della democrazia e
dell’umanità, analogamente “Mani
Pulite” distrusse i diritti sociali e una politica non ancora subordinata
integralmente all’economia, e lo fece in nome della lotta alla corruzione e della
giustizia, dell’onestà e della questione morale.
Lo fece, cioè,
trovando l’appoggio di un’opinione pubblica artatamente pilotata e, di più,
rincretinita ad opera del circo mediatico e dal clero giornalistico, tramite
parole d’ordine come “lotta alla corruzione” e “onestà”; parole d’ordine che,
trovando subito il consenso universale, fecero sì che gli italiani acconsentissero e, di più, volessero la
distruzione dell’Italia stessa come Paese sovrano e non ancora
integralmente sottomesso al fanatismo economico.
Il grado di
ipocrisia fu, grosso modo, lo stesso che riscontriamo abitualmente nelle
politiche estere statunitensi: la lotta contro la corruzione divenne il casus belli per
distruggere lo Stato, la politica e i diritti sociali conquistati e, dunque, per aprire l’esiziale (ndr: disastroso) ciclo delle privatizzazioni in nome del sacro
dogma – sempre ripetuto ancora oggi nelle omelie neoliberali – della
competitività in assenza di lacci e lacciuoli dello Stato.
Non
diversamente, gli USA continuano a usare barbuti dittatori come pretesto per
massacrare i popoli (Iraq, Libia, etc), sempre in nome – citando Preve –
dell’interventismo umanitario, del bombardamento etico e dell’embargo
terapeutico.
Questo è il punto.
Occorreva
attuare la cosiddetta “rivoluzione liberista”, ossia la privatizzazione
neoliberale dell’intera società, con l'aziendalizzazione del sociale, la rimozione
del diritti sociali (sostituiti dai diritti civili, innalzati a soli diritti
esistenti), la distruzione della politica, la sostituzione dei politici con maggiordomi
della finanza e del vecchio capitalismo europeo dotato di welfare
state con il capitalismo selvaggio americano senza diritti e
garanzie.
Questo fece Mani Pulite, con buona pace
delle grandi narrazioni ripetute urbi et orbi dalla propaganda
ufficiale.
Mani Pulite fu un colpo
di Stato giudiziario ed extraparlamentare con cui, in coerenza con la nuova
politica globale, si era precocemente iniziato a distruggere il lascito di
uno Stato sociale di stampo keynesiano, sia pure in preda alla corruzione.
Si aprì, così, nel consenso generale e
nel trionfo di scene patetiche, come quella del lancio delle monetine a Bettino
Craxi, il ciclo irresistibile di politiche interscambiabili di
centro/destra e di centro/sinistra, in un’alternanza senza alternativa, in cui
a vincere era sempre e solo il mercato, sempre e solo il nesso di forza
capitalistico, sempre e solo il fanatismo dell’economia.
Da qui, occorre tornare a riflettere, per
comprendere le vicende degli ultimi vent’anni, il piano inclinato che ci ha
portati dove attualmente siamo.
Sui Social, da parte di alcuni strati di elettori, imperversa il concetto
che Lega e M5S siano i vincitori delle elezioni politiche 2018 per volontà
popolare e sono apparsi in proposito improvvisati costituzionalisti, che
probabilmente mai hanno letto (non pretendo studiata), veramente e per intero,
la Costituzione.
Premesso che le elezioni le vince veramente solo chi raggiunge minimo la
maggioranza assoluta, cosa che nella Repubblica Italiana non si è mai
verificato (i due più grandi partiti, il PCI e la Democrazia Cristiana, quando
tutti andavano alle urne e l’astensionismo era bassissimo, non sono mai andati
poco oltre il 40%), da sempre si sono dovute creare maggioranze a seguito di compromessi
post elettorali.
La carica di Presidente del Consiglio spesso è stata assegnata a partiti
minori vicini ai decimali (PLI, Partito Repubblicano). Persino Craxi, più volte
premier, apparteneva a un partito minoritario (il PSI). Eppure, all’epoca della
partecipazione attiva del cittadino alla politica, nessuno ha mai pronunciate
le cazzate che sento dire nell’oggi demagogico più che democratico.
Nello specifico, in politica, il concetto di maggioranza è fondamentale.
Esistono vari tipi di maggioranza: in genere, quando si usa il termine senza
nessun aggettivo che lo specifichi, si vuole intendere la maggioranza assoluta.
In sintesi, i vari tipi di maggioranza sono:
Maggioranza qualificata: quando il numero dei voti supera largamente il 50% dei votanti (esempio il
65%);
Maggioranza assoluta: quando il numero dei voti è minimo il 50% + 1 dei votanti;
Maggioranza relativa: quando il numero dei voti, pur non superando il 50%, è maggiore di tutte
le altre fazioni (esempio 38%: è la maggioranza relativa in quanto, pur non
arrivando al 50% + 1, è maggiore di tutte le altre fazioni).
Il Presidente del Consiglio, ove non ci sia almeno una maggioranza
assoluta, lo propone l’insieme delle forze politiche che aderiscono al
compromesso (i compromessi, per loro stessa natura etimologica, non sono mai
belli e completamente onesti), che costituzionalmente deve comunque sempre
essere sottoposto al vaglio del Presidente della Repubblica, garante della
Costituzione e della legalità, che ha il diritto/potere di non approvarlo. Come
il Presidente della Repubblica può approvare o meno la proposta dei Ministri
per un eventuale governo del Presidente del Consiglio dei Ministri incaricato.
Si chiama Democrazia: parola oggi molto abusata.
Detto questo, è chiaro che, con il voto ultimo, non è stata espressa una
scelta a maggioranza e, quindi, non si può parlare di volontà popolare.
Va anche tenuto conto del più grande Partito d’Italia, quello della “Lista
che non c’è”, ovvero il Partito dell’Astensionismo, che ha espresso il suo voto
non votando. La demagogia vuole che il voto sia un diritto/dovere, paroloni
insignificanti che fanno vomitare chi possiede qualche neurone in più: se
ritengo che nessuno sia all’altezza di rappresentarmi politicamente, perché
dovrei votare? Per quale diritto/dovere? Quindi, non voto ed esprimo così la
mia preferenza, che diventa il “voto” più importante, sul quale le forze
politiche dovrebbero interrogarsi.
La maggioranza creata a tavolino da Salvini e Di Maio è un pastrocchio (non per scelta degli elettori) che
rivela la perfetta incompetenza e la smania di vanagloriarsi di coloro che
nella vita hanno accumulato storicamente solo fallimenti, istruzione in testa.
A voler essere onesti, è d'obbligo rilevare che Salvini con la Lega si è presentato alle elezioni
con la coalizione di Centro Destra che (per scelta dei propri elettori) ha ottenuto, in percentuale di voti, il
37,50%, ovvero la maggioranza relativa. Il M5S ha chiuso la tornata elettorale
con il 32,50%. Quindi, l’espressione della maggioranza dei consensi da parte
degli elettori va al Centro Destra.
Ma Salvini ha tradito la sua coalizione e gli elettori ("Mai con i 5 Stelle", bofonchiava), pastrocchiando però con Di Maio (che "Mai con la Lega", sbraitava) e
provocando premeditatamente il Presidente della Repubblica, a beneficio dei
greggi dei Social.
Scopo? Creare odio, da sfruttare contestualmente alla somarizzazione delle
masse.
Dopo una campagna elettorale con un voto avente quale fondamento l’odio
(migranti, politici rubacchioni, Laura Boldrini, etc), il secondo round, sempre
fondato sulla pericolosa politica dell’odio, vede vittime le massime
istituzioni e, addirittura, la Costituzione della Repubblica Italiana, definita
spesso dalla stampa straniera come la più bella del mondo.
Le classi sociali hanno vissuto i loro natali in varie epoche: classe
aristocratica, classe imprenditoriale, classe operaia. Oggi sta crescendo a
vista d’occhio una nuova classe: la Classe degli Asini, la più pericolosa.
E poi si parla di legittimità e di volontà popolare?
Nino Caliendo
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