sabato 3 novembre 2018

“…E ALLORA IL PD…?” CHE BANALE TORMENTONE! MA LE ELEZIONI LE HA VINTE LA “LISTA CHE CON C’È”




E’ un tormentone che non reggo più: se non condividi questo governo sei per forza del Pd.
Non mi risulta che TUTTI gli italiani abbiamo votato Pd o M5S o Lega o altre liste presenti nella tornata elettorale. Mi pare, osservando bene, che il vero "partito" di maggioranza sia rappresentato da quelli che non si sono recati alle urne.
Varrebbe la pena di chiedersi le ragioni di questo "non voto", anziché cantilenare in continuazione "...e allora il Pd?"
Costoro non hanno votato il Pd, ma nemmeno i 5 Stelle o la Lega o qualunque altro partito.
Immaginando che "La lista che non c'è", chiamiamolo così il "partito del non voto", sia un normale partito presente con la sua lista, applicando la legge elettorale, avrebbe la maggioranza assoluta in parlamento (vi sembra poco?), senza bisogno di operare discutibili alleanze che portano poi al pentimento di numerosi elettori per averli votati.
"La lista che non c'è" è, indiscutibilmente, il più grande partito italiano (non ci piove), ma nessuno ne rileva l’evidente pericolo, limitandosi al tormentone "...e allora il Pd?"
Ricordo che in illo tempore, alcuni decenni fa, quando si verificò un astensionismo intorno al 10%, considerato gravissimo e pericoloso dai politici di allora, i partiti tutti tremarono e cominciarono a chiedersi come recuperare quegli elettori dissidenti, che rappresentavano il segnale dell’avvento di una politica extraparlamentare incontrollabile dall'alto.
Qui, invece, nessuno si pone il problema: gli basta la poltrona occupata e il relativo congruo emolumento mensile, il resto non conta (è questa la vera manifesta cretineria politica). E non mi riferisco a un partito o a una coalizione in particolare, ma a tutti coloro che siedono in parlamento e quando aprono bocca dimostrano d'ignorare persino la Costituzione e la Legge dello Stato, inventandosela a proprio favore, di volta in volta, a seconda della propria convenienza del momento. L’impressione percepita dal Popolo della ragione è che, in Italia, chi non ha arte né parte possa scegliere se fare il calciatore o il politico. In entrambi i casi, le entrate sono da favola.
Allora, cambiamolo il tormentone ("...e allora il Pd?") e sostituiamolo con un altro molto più realistico ed efficace per sintetizzare la grave situazione in cui stiamo affogando: "Basta con i poteri sovranazionali che gestiscono sommersamente la politica e operano perché in parlamento entri solo gente al loro servizio".
E' questo, in sintesi, il sano messaggio della "Lista che non c'è". Altro che Pd ed altri partiti e movimenti mangiasoldi!
Nino Caliendo

lunedì 20 agosto 2018

Chi ha regalato l'Italia al massocapitalismo straniero e italiano, autostrade incluse?


Partiamo dall’inizio. 
Perché una società strategica per gli italiani, con un fatturato annuo di oltre 6 miliardi di euro e introiti certi – che sono aumentati vertiginosamente negli anni, come era prevedibile, – è stata ceduta a imprenditori privati? Facciamo un passo indietro: è il 1992; il cartello finanziario internazionale mette gli occhi e le mani sul nostro Paese, con la complicità e la sudditanza di una nuova classe politica imposta dal cartello stesso. Il suo compito è quello di cedere le banche e i gioielli di Stato italiani ai potentati finanziari internazionali, anche attraverso il filtro di imprenditori nostrani. 
E’ l’anno della riunione sul Britannia, quando il Gotha della finanza internazionale attracca a Civitavecchia con lo yacht della Corona inglese. Sono venuti a ridisegnare il capitalismo in Italia a danno degli italiani, a fare incetta delle nostre migliori aziende e ad arruolare quelli che saranno i loro fedeli servitori al governo del Paese, a cui garantiranno incarichi di prestigio: il maggior beneficiario sarà Mario Draghi, ma tra i più benemeriti sono Prodi, Andreatta, Ciampi, Amato, D’Alema. I primi tre erano già entrati a pieno titolo nel Club Bilderberg, nella Commissione Trilaterale e in altre organizzazioni del capitalismo speculativo angloamericano, che aveva deciso di attaccare e conquistare il nostro Paese con l’appoggio di banche d’affari come la Goldman Sachs, che favorirà gli incredibili scatti di carriera dei suoi ex dipendenti: Prodi e Draghi prima, Mario Monti dopo.
E’ l’anno in cui, in soli 7 giorni, cambiano il sistema monetario italiano, che viene sottratto dal controllo del governo e messo nelle mani della finanza speculativa. Per farlo, vengono privatizzati gli istituti di credito e gli enti pubblici, compresi quelli azionisti della Banca d’Italia. E' l’anno in cui viene impedito al Ministero del Tesoro di concordare con la Banca d’Italia il tasso ufficiale di sconto (costo del denaro alla sua emissione), che viene quindi ceduto a privati. E’ l’anno della firma del Trattato di Maastricht e l’adesione ai vincoli europei. In pratica, è l’anno in cui un manipolo di uomini, palesemente al servizio del cartello finanziario internazionale, ha ceduto ogni nostra sovranità. 
Bisognava passare alle aziende di Stato: l’attacco speculativo di Soros, che aveva deprezzato la lira di quasi il 30%, permetteva l’acquisto dei nostri gioielli di Stato a prezzi di saldo e, così, arrivarono gli avvoltoi. La maggior parte delle nostre aziende statali strategiche passò in mano straniera o comunque fu privatizzata. Ma la cosa più eclatante fu che l’Iri (istituto di ricostruzione industriale) che nella pancia alla fine degli anni ’80 aveva circa 1.000 società, fiore all’occhiello del nostro Paese, fu smembrato e svenduto, sotto la presidenza di Prodi (dal 1982 al 1989 e durante un periodo tra il 1993 ed il 1994), poi premiato dal cartello che favorì la sua ascesa alla presidenza del Consiglio in Italia e poi alla Commissione Europea.
A sostituirlo come presidente del Consiglio in Italia e a continuare il suo lavoro di smembramento delle aziende di Stato, ci penserà Massimo D’Alema, che nel 1999 favorirà la cessione, tra le altre, di Autostrade per l’Italia e Autogrill alla famiglia Benetton, che di fatto hanno, così, assunto il monopolio assoluto nel settore del pedaggio e della ristorazione autostradale. 
Un’operazione che farà perdere allo Stato italiano miliardi di fatturato ogni anno. Le carte ci dicono che in quegli anni il presidente dell’Iri era tale Gian Maria Gros-Pietro. Lo conoscevate? Io credo di no. Invece, il cartello finanziario speculativo lo conosceva bene e nel 2001 lo convocò alla riunione del Bilderberg in Svezia, indovinate insieme a chi? Insieme a Mario Draghi e ad un certo Mario Monti. Entrambi saranno ampiamente ripagati dal cartello stesso, che in futuro riuscì a piazzare Draghi alla Banca d’Italia e poi alla Bce e Mario Monti dalla Goldman Sachs alla Commissione Europea e poi a capo del governo (non eletto) in Italia. E che cosa ne è stato di Gian Maria Gros-Pietro? Qui viene il bello. E arriviamo al tema di questo post.
Gian Maria Gros-Pietro, che già nel fatidico 1992 era presidente della commissione per le strategie industriali nelle privatizzazioni del ministero dell’industria, nel 1994 diviene membro della commissione per le privatizzazioni – istituita indovinate da chi? Da Mario Draghi. Ora capite come lavora il cartello finanziario-speculativo per mettere tentacoli ovunque e per far sì che ci sia sempre un proprio esponente nei ruoli-chiave. 
Ma non finisce qui. Come abbiamo visto, nel 1997 Gros-Pietro è presidente dell’Iri mentre viene organizzata la cessione a prezzi di saldo di Autostrade per l’Italia, che avverrà nel 1999 col passaggio al Gruppo Atlantia Spa, controllato da Edizione srl, la holding di famiglia dei Benetton. Gros-Pietro firma la cessione, la famiglia Benetton gli strizza l’occhio. Cosa voleva dire metaforicamente quella strizzatina d’occhio? Ora immaginate l’inimmaginabile. Cosa accade nel 2002? Gian Maria Gros-Pietro, dopo aver gestito la privatizzazione dell’Eni, andrà a presiedere per quasi 10 anni indovinate che cosa? Proprio la Atlantia Spa, la società alla quale solo tre anni prima, come dipendente pubblico, aveva svenduto la gestione dei servizi autostradali italiani. Le jeux sont fait.
A questo punto proviamo a leggere i termini del contratto di concessione della rete autostradale. Mi dispiace, cari amici. Non si può. Sono stati coperti da segreto di Stato, manco si trattasse di una riservatissima operazione militare. Ma com’è stato svolto in questi anni il servizio di manutenzione ordinaria da parte dei concessionari di Autostrade per l’Italia? La macabra risposta è descritta nei tragici eventi di Genova, e non solo. Leggendo quanto emerge dalla relazione annuale (2017) sull’attività del settore autostradale in concessione pubblicata sul sito del ministero dei trasporti, si evince una crescita esponenziale del fatturato (quasi 7 miliardi) e dei pedaggi. In calo solo gli investimenti (calati addirittura del 20%) e la spesa per manutenzioni in controtendenza, rispetto alla logica che dovrebbe prevedere un aumento dei costi della manutenzione contestualmente all’aumento del traffico. Ma la sicurezza degli automobilisti è stata messa in secondo piano rispetto alla massimizzazione dei profitti, già di per sé abnormi.
E com’è andata invece con gli interventi straordinari ad opera dei ministeri preposti? Non c’erano soldi da destinare ad interventi straordinari, seppur richiesti dagli esperti, a causa dei vincoli di bilancio da rispettare e imposti dal pareggio di bilancio. Quali vincoli? Quelli europei. E da chi sono stati imposti questi vincoli? dal Trattato di Maastricht del 1992, da quello di Lisbona del 2007 e dal pareggio di bilancio in Costituzione del 2011. E chi li ha voluti? Indovinate? Nell’ordine: Romano Prodi, Massimo D’Alema e Mario Monti, con l’appoggio esterno di Mario Draghi. Ma non erano quelli che insieme partecipavano alle organizzazioni del cartello finanziario speculativo che voleva far crollare il nostro paese? Esattamente. Il cerchio si chiude. Solidarietà alle vittime di Genova, per il crollo del ponte autostradale. Solidarietà agli italiani per il crollo annunciato e pianificato del loro paese.

(“Giornalista d’inchiesta svela importanti retroscena su Autostrade per l’Italia”, dal blog di Marco Della Luna del 18 agosto 2018. Parte del testo è tratta dal libro-inchiesta “La Matrix Europea”, di Francesco Amodeo. Avvocato e saggista, Della Luna attribuisce il testo della ricostruzione giornalistica a Maurizio Blondet, per anni inviato di “Oggi”, “Il Giornale” e “Avvenire”)
Contenuti e immagine da Idee Libre

venerdì 20 luglio 2018

Vitalizi e pensioni d’oro: trappole, per poi tosare i pensionati italiani


L’attacco a vitalizi parlamentari e “pensioni d’oro” è solo la premessa della rapina del secolo in funzione schiettamente antipopolare: il vero obiettivo è ridurre tutte le pensioni. Lo sostiene Aldo Giannuli, che considera ingiusta (e finanziariamente irrilevante) la campagna scatenata da Roberto Fico contro i vitalizi, e pericolosa la battaglia – sempre dei 5 Stelle – contro le pensioni più ricche. «E’ del tutto comprensibile la tentazione di molti di approvare la norma contro i vitalizi dei parlamentari», premette il politologo, nel suo blog. «Sappiamo tutti che, sul piano economico, la manovra (con i pretesi 40 milioni di risparmio) è semplicemente ininfluente, ma il vero effetto è quello di punire la classe politica strappandole un privilegio deciso in altri tempi». Quei vitalizi, ricorda Giannuli, stabilivano un trattamento ingiustamente preferenziale verso i politici, le cui indennità non erano tassabili, ma erano pensionabili. Poi le cose sono cambiate un po’ alla volta, ma molti degli attuali vitalizi nacquero sotto la stella del privilegio di casta. «Questo è vero, come è vero che la classe politica merita d’essere bastonata per il mono indecente con cui ha gestito la cosa pubblica». E questo spiega la simpatia che la misura riscuote presso il grande pubblico, così come la riscuote anche l’altra manovra in preparazione: quella sulle “pensioni d’oro”, cioè dai 5.000 euro in su. «Ma si tratta di due polpette avvelenate, che dobbiamo rimandare indietro».
Sono ormai diversi anni, scrive Giannuli, che alcuni economisti – ovviamente di fede neoliberista – sostengono che, per riequilibrare i bilanci dello Stato, occorra fare tagli in particolare alla spesa pensionistica. Dicono anche che, per fare ciò, non basti ridurre la retribuzione di chi andrà in pensione, ma occorra ridurre l’importo di chi è già in pensione. «In particolare, c’è chi sostiene che si debba ricalcolare sulla base del metodo contributivo le pensioni di quelli che hanno una pensione calcolata sulla base del vecchio sistema retributivo. In soldoni: ridurre le pensioni di un buon 15% (altro che superare la Fornero!). Ma sulla strada di questo simpatico progettino – aggiunge Giannuli – c’è un fastidioso principio giuridico che si chiama “diritti acquisiti” (lo stesso contro cui andò a schiantarsi Renzi con la sentenza della Corte Costituzionale del gennaio 2015, relatrice Silvana Sciarra)». D’altro canto, prosegue l’analista, «in un paese giuridicamente civile, questo è un principio inderogabile: ve lo immaginate uno Stato che prima concede una amnistia penale o un condono fiscale tombale e poi ci ripensa?». Inoltre, aggiunge, le pensioni “d’oro” sono tali perché vengono da retribuzioni molto alte, su cui sono state operate trattenute proporzionali che oggi producono quel reddito di quiescenza.
«Forse quelle retribuzioni erano ingiustamente alte, ma ora non ci si può fare nulla», conclude Giannuli: «La pensione è salario differito, che prosegue sulla base del trattamento concordato quando l’interessato era in servizio e non è oggi rinegoziabile». Peraltro questo accanimento «sarebbe oggi perdente» anche a voler forzare questo principio fondamentale di diritto con una forte campagna d’opinione, «perché provocherebbe la rivolta di buona parte dei pensionati e metterebbe in allarme anche altre categorie». Se però «aizziamo la gente contro la classe politica (con la questione dei vitalizi)», allora «la cosa diventa molto più fattibile», dunque pericolosa: perché poi, «una volta fatto saltare per loro il principio dei diritti acquisiti, questo non esisterà più per gli altri e si passerà al secondo tempo: le “pensioni d’oro”». Stesso schema: aizzando l’opinione pubblica contro i “ricchi” (che però sarebbero risarciti abbondantemente dalla Flat Tax), si finirebbe col dire che anche una pensione da 4.000 euro, in tempi di sacrifici, è una pensione “d’oro”, e poi una di 3.000, e così via. Passo finale: «Portare tutti a regime contributivo», tosando la totalità delle pensioni italiane (e calpestando – a partire dalla guerra ai vitalizi – il principio giuridico dei diritti acquisiti).

martedì 10 luglio 2018

I tormentoni degli asinelli dell'estate 2018 nel segno della bufala: buonismo, comunista antiquato, maglietta rossa con Rolex, demagogia, kasta ladra


Una riunione tra intellettuali

Il progetto studiato a tavolino, oltre vent’anni fa, di metodica “somarizzazione” delle masse, sta raggiungendo il massimo raccolto dei frutti che erano stati prefissati. La cosa che mi meraviglia è, tra le altre, la "grave" mancanza tormentonica della parola “reazionario”. Ma forse non viene utilizzata nel tormentone odierno perché il suo significato è troppo complesso e abbisognerebbe della stesura di un profilo psicologico e storico dell’interlocutore per poterla accompagnare. Difficile per le menti poco eccelse!
L’apice prefissato ormai è raggiunto. Le ideologie sono tutte completamente archiviate e chi ancora si permette di utilizzare la parola “marxismo”, o fare il nome di Gramsci o del Che, viene accusato di dietrologia o, quantomeno, da qualcuno più educato, di essere nostalgico. “Nostalgico” di cosa? Della giustizia sociale che oggi è in fase funeraria? Della Democrazia garantita ad alta voce dalla Costituzione?


Intellettuali in libertà
Cinismo, individualismo, vanagloria e presunzione sono i nuovi valori del Terzo Millennio.
Ovviamente, nei vari tormentoni, mai sento nominare Keynes, ma si andrebbe troppo nella cultura del difficile: eppure, noi lavoratori e pensionati di oggi, negli anni ’70/’80, ci siamo ritrovati felici nel portafogli, grazie alla politica economica keynesiana che, sia pure di concezione liberista, garantiva in ogni situazione il potere d’acquisto del salario. Felici erano anche il mercato che cresceva e le imprese, che vedevano crescere la produzione, creando continuamente nuovi posti di lavoro (solidi e a tempo indeterminato, grazie alle garanzie della Legge n. 300/70, conquistata con le lotte sessantottine). Felici erano i pensionati che riuscivano ad arrivare alla fine del mese: si andava in pensione con il retributivo pieno, ricordatela in futuro questa parola (retributivo), cambiata dalla Fornero in “contributivo”, oggi sotto osservazione per peggiorarla dagli attuali governanti, nonostante gli show di attacco alla Fornero.
Ma tanto, i somari che ne capiscono? C'è il migrante da odiare e il reddito di cittadinanza per realizzare il sogno di non lavorare vita natural durante con il sussidio di Stato.
Su una parola, però, condivido il tormentone: demagogia. Mi rivolgo, ovviamente, a coloro che sanno effettivamente cosa essa significhi.
Infatti, è demagogico concedere il diritto al voto a coloro che, somarizzati scientificamente, non hanno mai letto e studiata la Costituzione italiana, che mai hanno aperto un libro (o un sito) di “Storia delle dottrine politiche”, che non sanno che la politica è una branca della filosofia e non un’accozzaglia di altri somari che s’insediano in Parlamento grazie al voto di un corpo elettorale ancora più somaro.
Oggi, chi sa rispondere a queste domande?
1) Premesso che qualunque legge elettorale che prevede diversamente è da considerarsi incostituzionale, perché la Costituzione prevede esclusivamente il proporzionale secco come sistema elettorale?
2) Per quale motivo i Padri Costituenti decisero che la Camera dei Deputati doveva essere composta da 630 unità e il Senato da 315 e perché oggi, a garanzia di democrazia, andrebbero aumentati e non diminuiti?
3) Quanto prende di stipendio netto e lordo (intendo in busta paga, non i rimborsi spese ed altre voci che sicuramente vanno riviste o cancellate) un parlamentare?
4) Nella storia delle Repubblica Italiana, quanti e quali politici hanno rinunciato ai loro diritti economici e di carica senza farne pubblicità e senza tenere spettacolari conferenze stampa in proposito?


Il gregge
Chi è a conoscenza che i vitalizi sono già stati sensibilmente tagliati per legge nel 2012?
Chi è a conoscenza che, dall’inizio di quest’anno, gli sbarchi di migranti hanno avuto una flessione del 77%, ma ancora qualcuno cavalca l’onda dell’invasione in mancanza di altri argomenti elettorali che siano fondati sul benessere dei cittadini e non sulla creazione dell’odio verso il prossimo?
Chi è a conoscenza che il “Reddito di cittadinanza” potrebbe partire da subito, in buona parte finanziato dalla Ue, la quale però ha posto come giusta condizione la riforma del Collocamento, che deve effettivamente attivarsi per procurare lavoro, perché tale reddito non deve diventare, appunto, un sussidio di Stato per chi non ha voglia di lavorare, ma solo un sussidio per mantenersi nel periodo di stallo in attesa di una nuova occupazione lavorativa?
Chi è a conoscenza che, grazie proprio agli immigrati, si stanno pagando i costi dei nuovi arrivi (peraltro, in buona parte finanziati dall’Ue) ed anche molte pensioni e ammortizzatori sociali agli italiani?
Ci raccontano che gli immigrati costano troppo all'Italia? Falso. Detratti i costi e benefici che ricevono, quelli occupati e quelli non occupati, i "nuovi italiani" portano in dote alle casse dello Stato un bel gruzzolo: un miliardo e mezzo di euro netti l'anno, per la precisione. È quanto emerge dall’ultimo Dossier Statistico. Ma i somari credono al loro parente che vola!
Un’ultima domanda. Apprendendo che oggi siamo vittime della lotta egemonica di due poteri mafio/massonici contrapposti, quello finanziario e quello imprenditoriale, credete davvero che nella politica italiana sia permesso l’ingresso di persone talmente colte e preparate, oltre che intelligenti, in grado di contrapporsi a favore del Popolo a tali poteri, creando così una terza e massiccia forza egemonica popolare?
Se la vostra risposta è “sì”, alzate gli occhi al cielo e guardate bene: l’asino vola!

Nino Caliendo

Le illustrazioni sono state reperite sul web in forma libera, quindi, in mancanza di annotazioni diverse, ritenute di pubblico dominio

giovedì 7 giugno 2018

Il Debito Pubblico non esiste: anzi l’Italia è in credito di oltre 1.000 miliardi di euro



Facendo due conti molto semplici, potremmo accorgerci di un’anomalia piuttosto bizzarra nel computo del famigerato debito pubblico italiano.
La cosa richiede una certa concentrazione e la ferrea volontà di capire a fondo cosa diavolo sia questo ”debito”, che tutti abbiamo sul groppone, che nessuno di noi ha mai contratto, ma che dobbiamo, per misteriosi motivi, ripagare interamente con le nostre tasche e con il nostro lavoro.
Il debito pubblico non è una cosa da poco, in quanto è la causa principale del costante aumento della pressione fiscale nel nostro Paese. Persino nel 2014, anno della ”finta ripresina” con i bluff economici del governo Renzi, le tasse sono aumentate comunque dello 0,2%, arrivando alla soglia record imbattuta del 44%, senza contare le tasse indirette come l’IVA, le accise sui carburanti o le imposte sui beni come il bollo auto, l’IMU, il canone RAI etc,  che fanno schizzare il totale dei balzelli da pagare allo Stato a ben oltre il 68% del proprio guadagno.
Ma procediamo con ordine e cerchiamo di capire cos’è il debito pubblico e perché aumenta sempre. Come funziona, economicamente parlando, una Nazione o un Gruppo di Nazioni?
Immaginate, per semplicità, che una Nazione sia rappresentabile come una piramide divisa in tre fasce: la punta, in alto, è il Governo. La fascia centrale sono gli ”statali”, ovvero tutti quei soggetti che vengono pagati direttamente dal Governo, mentre la terza fascia (la base della piramide) sono i privati cittadini, le aziende private, i negozi, i commercianti etc.
Il denaro ”filtra” dall’alto verso il basso, per poi tornare in cima attraverso le tasse. In altre parole, i soldi, all’interno di una Nazione (o di un gruppo di Nazioni) devono circolare, ovvero devono partire dal punto ”A”, girare di tasca in tasca, stimolando la produzione di beni e servizi, e ritornare poi nel punto ”A” per ricominciare il giro.
Il punto ”A” è il posto dove il denaro viene creato dal nulla, oppure riciclato dalle tasse, per essere reimmesso in circolazione: esso prende comunemente il nome di ”Banca Centrale”. In uno Stato ”normale”, la Banca Centrale dovrebbe essere di proprietà dei cittadini, ovvero statale.
Facciamo un semplice esempio pratico: al Governo Italiano servono 1.000 euro per pagare gli statali. Si fa quindi ”prestare” i 1.000 euro dalla Banca Centrale e li immette nel sistema pagando insegnanti, impiegati, medici etc.
Gli statali spenderanno, successivamente, quei 1.000 euro acquistando beni e servizi dalla base della piramide, cioè dai privati cittadini, che sono gli unici soggetti in grado di creare ricchezza vera nel Paese. Faranno la spesa, andranno dal barbiere, si compreranno da vestire etc. Così facendo, però, la massa monetaria totale circolante della base (cioè dei privati) aumenterà di 1.000 euro generando un rischio di inflazione. Il governo interverrà quindi con le tasse, recuperando dai privati, l’anno successivo, quei 1.000 euro immessi nel sistema e restituendoli alla Banca Centrale, annullando così di fatto il debito contratto l’anno prima. E, a questo punto, il ciclo può ricominciare e la Banca Centrale può riprestare i soldi al Governo!
Semplice, no? Ma, c’è un “ma” (anzi, due) grandi come una casa che rovinano di fatto questo efficiente meccanismo di creazione/sparizione del denaro: gli interessi sull’emissione di nuova moneta e la proprietà della Banca Centrale.
Nella realtà, infatti, la Banca Centrale non è di proprietà dei cittadini, ma è di fatto un ente privato, di proprietà del sistema bancario, con diverse quote (preferiamo non scendere nei dettagli per non creare confusione).
Cosa accade quindi, veramente, quando un Governo ha bisogno di soldi per pagare gli statali?
Attenzione perché l’imbroglio è tutto qui ed è anche molto semplice da capire, se spiegato bene. 
Quando il Governo italiano ha bisogno di denaro per pagare i servizi statali, deve rivolgersi al sistema bancario privato e farseli prestare, non potendo esso crearsi il denaro da solo, in quanto ha ceduto (senza il consenso dei cittadini) la facoltà di battere moneta alla BCE e, quindi, al sistema bancario privato europeo a cui la BCE appartiene. 
Il problema sono gli interessi sul prestito, che non dovrebbero esistere, perché matematicamente impagabili.
Facciamo l’esempio di prima, riveduto e corretto, con ciò che accade realmente oggi.
L’Italia ha bisogno di 1.000 euro per pagare gli statali. Chiede, quindi, un prestito ad una banca privata, che glielo concede con un 5% di interessi. Il Governo prende i 1.000 euro e paga gli statali, i quali spendono il denaro presso i privati, facendo aumentare la massa monetaria dei privati di 1.000 euro.
L’anno dopo, però, il Governo si trova di fronte ad un problemino matematicamente irrisolvibile: non deve restituire 1.000 euro, ma 1.050, ovvero i 1.000 che si è fatto prestare l’anno prima + i 50 di interessi.
Quei 50 euro in più, però, non esistono, perché non sono mai stati creati! Se ricordi bene, la banca che ha prestato allo Stato i 1.000 euro ne ha creati (stampati) solo 1.000 ed il Governo italiano non può battere moneta, non può creare quei 50 euro in più, perché ha ceduto la propria sovranità monetaria. 
Cosa fare allora? Le soluzioni sono solamente 2!
1) Se lo stato ha un’economia avviata, come l’aveva l’Italia fino a qualche anno fa, può andare a prendere quei 50 euro dalle tasche dei privati cittadini aumentando le tasse ed impoverendoli un po’. Infatti, nei numeri, lo Stato ha immesso 1.000 euro nel sistema e ne ha prelevati 1050. Il debito viene saldato, ma la massa monetaria totale circolante cala (lo Stato ha dovuto togliere 50 euro in più dalla massa di denaro circolante). In pratica, lo Stato si è impoverito di 50 euro
2) Se le tasse sono già elevate, il Governo può farsi prestare dal sistema bancario privato nuovo denaro (carico anch’esso di interessi che non esistono materialmente) per pagare gli interessi dell’anno precedente ed aumentando così il debito pubblico.
Insomma, per farla breve, se all’atto dell’emissione di nuova moneta essa viene prestata ad uno Stato con degli interessi allegati, quello Stato sarà costretto ad aumentare le tasse o ad aumentare il debito pubblico. Non se ne scappa. E’ matematico!
L’interesse sull’emissione di moneta è il male assoluto della nostra economia! 
Esso non è indispensabile, anzi non serve proprio a nulla. E’ dannoso e mette le Nazioni in ginocchio di fronte al sistema bancario perché, ovviamente, sono indebitate e impossibilitate a saldare il tutto. Ecco che le banche possono dettar legge sugli Stati schiavi, di fatto, di un debito artificiale, ottenuto anche grazie all’aiuto di un Governo complice che non si sogna nemmeno di mettere in discussione il sistema.
L’Italia ha pagato, dal 1980 ad oggi, oltre 3.000 miliardi di euro di soli interessi. Il Debito Pubblico italiano è di 2.000 miliardi. 
Se iniziassimo a considerare illegali gli interessi sull’emissione di nuova moneta (semplicemente perché impagabili, frutto di un’evidente truffa volta a rendere uno Stato insolvente e, quindi, ricattabile), ci accorgeremmo che non solo abbiamo già pagato tutto il nostro debito, ma che siamo addirittura a credito di 1.000 miliardi nei confronti del sistema bancario privato.
Basterebbe un semplice cambio di paradigma, guardando la cosa dal lato giusto! 
Se non hai afferrato il concetto, ascoltati questo breve video di Salvo Mandarà, che spiega esattamente quello che abbiamo scritto qui sopra, ma con altre parole.

 E guarda anche quest'altro video.

Articolo ripreso da: Complottisti

martedì 5 giugno 2018

“Mani Pulite” rappresenta la liberazione dalla corruzione della Prima Repubblica o una manovra che ha il sapore di un colpo di Stato?


“Mani Pulite” continua ad essere agiograficamente celebrato come un evento decisivo, come una liberazione, vuoi anche come il trionfo della democrazia sulla corrottissima “Prima Repubblica”. Ma siamo davvero sicuri che sia questo il corretto modo di intendere quanto accaduto?


Mi permetto di dubitarne, sollevando il dubbio metodico di marca cartesiana. Il compito della filosofia, forse, risiede proprio nel problematizzare l’ovvio o, come diceva Heidegger, nel fare emergere come “in ogni cosa risaputa si celi ancora qualcosa degno di essere pensato”.
Sarò telegrafico, esponendo in forma apodittica (per mezzo del puro ragionamento) la mia tesi, che ho meglio argomentato nello studio “Il futuro è nostro. Filosofia dell’azione” (Bompiani 2014, cap. VI). 
“Mani Pulite”, con buona pace delle retoriche edificanti e della “pappa del cuore” per anime belle, fu un vero e proprio colpo di stato che rese possibile l’abbandono del Welfare State e di quelle forme politiche che, pur corrottissime, ancora ponevano in primo piano la comunità umana e i suoi bisogni concreti, l’istruzione e la sanità garantite, non certo il mercato sovrano e assoluto.
La logica dialettica di sviluppo del capitalismo è quella della progressiva estensione della forma merce a ogni ambito e, insieme, della distruzione di ogni limite che a tale movimento si opponga: “Ogni limite è per il capitale un ostacolo”, sapeva già Marx. Il capitale procede allora al superamento degli ostacoli, per imporre la forma merce ovunque, di modo da rispecchiarsi in ogni cellula della realtà integralmente reificata (ndr: la reificazione è un concetto filosofico che viene usato per lo più in senso critico/descrittivo, al fine di evidenziare l'influenza del modo di produzione capitalistico sulla vita delle persone e sulla loro capacità di reagire a tale potere).
Ora, con la “Prima Repubblica” vi era certo la corruzione (che non mi sogno di negare o anche solo di ridimensionare!), ma vi era pur sempre un governo ispirato a valori non coincidenti con quelli del mercato e, anzi, potenzialmente in grado di prendere posizione contro di essi.  DC e PCI, pur diversissimi, erano accomunati da un’attenzione per il sociale, che oggi è scomparsa su tutto il giro d’orizzonte, a destra come a sinistra. 
Il fanatismo dell’economia doveva abbattere esattamente tutto questo, per sostituirlo con una politica che non fosse altro che la continuazione dell’economia con altri mezzi.
Fu ciò che, appunto, “Mani Pulite” rese possibile. 
Non era possibile farlo tramite un aperto colpo di Stato militare, proprio come gli USA non possono bombardare i popoli esibendo l’autentica ragione, cioè la criminale brama di dominio imperialistico sul mondo. E, proprio come gli USA, dal 1989 ad oggi (in quella che, con Costanzo Preve, ho definito la “quarta guerra mondiale”), bombardano sempre in nome dei diritti umani e della libertà, della democrazia e dell’umanità, analogamente “Mani Pulite” distrusse i diritti sociali e una politica non ancora subordinata integralmente all’economia, e lo fece in nome della lotta alla corruzione e della giustizia, dell’onestà e della questione morale.
Lo fece, cioè, trovando l’appoggio di un’opinione pubblica artatamente pilotata e, di più, rincretinita ad opera del circo mediatico e dal clero giornalistico, tramite parole d’ordine come “lotta alla corruzione” e “onestà”; parole d’ordine che, trovando subito il consenso universale, fecero sì che gli italiani acconsentissero e, di più, volessero la distruzione dell’Italia stessa come Paese sovrano e non ancora integralmente sottomesso al fanatismo economico.
Il grado di ipocrisia fu, grosso modo, lo stesso che riscontriamo abitualmente nelle politiche estere statunitensila lotta contro la corruzione divenne il casus belli per distruggere lo Stato, la politica e i diritti sociali conquistati e, dunque, per aprire l’esiziale (ndr: disastroso) ciclo delle  privatizzazioni in nome del sacro dogma – sempre ripetuto ancora oggi nelle omelie neoliberali – della competitività in assenza di lacci e lacciuoli dello Stato.
Non diversamente, gli USA continuano a usare barbuti dittatori come pretesto per massacrare i popoli (Iraq, Libia, etc), sempre in nome – citando Preve – dell’interventismo umanitario, del bombardamento etico e dell’embargo terapeutico. 
Questo è il punto. 
Occorreva attuare la cosiddetta “rivoluzione liberista”, ossia la privatizzazione neoliberale dell’intera società, con l'aziendalizzazione del sociale, la rimozione del diritti sociali (sostituiti dai diritti civili, innalzati a soli diritti esistenti), la distruzione della politica, la sostituzione dei politici con maggiordomi della finanza e del vecchio capitalismo europeo dotato di welfare state con il capitalismo selvaggio americano senza diritti e garanzie.
Questo fece Mani Pulite, con buona pace delle grandi narrazioni ripetute urbi et orbi dalla propaganda ufficiale. 
Mani Pulite fu un colpo di Stato giudiziario ed extraparlamentare con cui, in coerenza con la nuova politica globale, si era precocemente iniziato a distruggere il lascito di uno Stato sociale di stampo keynesiano, sia pure in preda alla corruzione.
Si aprì, così, nel consenso generale e nel trionfo di scene patetiche, come quella del lancio delle monetine a Bettino Craxi, il ciclo irresistibile di politiche interscambiabili di centro/destra e di centro/sinistra, in un’alternanza senza alternativa, in cui a vincere era sempre e solo il mercato, sempre e solo il nesso di forza capitalistico, sempre e solo il fanatismo dell’economia. 
Da qui, occorre tornare a riflettere, per comprendere le vicende degli ultimi vent’anni, il piano inclinato che ci ha portati dove attualmente siamo.

Articolo di Diego Fusaro

 Contenuti e illustrazione ripresi da: Complottisti

mercoledì 30 maggio 2018

La classe degli asini



Sui Social, da parte di alcuni strati di elettori, imperversa il concetto che Lega e M5S siano i vincitori delle elezioni politiche 2018 per volontà popolare e sono apparsi in proposito improvvisati costituzionalisti, che probabilmente mai hanno letto (non pretendo studiata), veramente e per intero, la Costituzione.
Premesso che le elezioni le vince veramente solo chi raggiunge minimo la maggioranza assoluta, cosa che nella Repubblica Italiana non si è mai verificato (i due più grandi partiti, il PCI e la Democrazia Cristiana, quando tutti andavano alle urne e l’astensionismo era bassissimo, non sono mai andati poco oltre il 40%), da sempre si sono dovute creare maggioranze a seguito di compromessi post elettorali.
La carica di Presidente del Consiglio spesso è stata assegnata a partiti minori vicini ai decimali (PLI, Partito Repubblicano). Persino Craxi, più volte premier, apparteneva a un partito minoritario (il PSI). Eppure, all’epoca della partecipazione attiva del cittadino alla politica, nessuno ha mai pronunciate le cazzate che sento dire nell’oggi demagogico più che democratico.
Nello specifico, in politica, il concetto di maggioranza è fondamentale. Esistono vari tipi di maggioranza: in genere, quando si usa il termine senza nessun aggettivo che lo specifichi, si vuole intendere la maggioranza assoluta. In sintesi, i vari tipi di maggioranza sono:

Maggioranza qualificata: quando il numero dei voti supera largamente il 50% dei votanti (esempio il 65%);

Maggioranza assoluta: quando il numero dei voti è minimo il 50% + 1 dei votanti;

Maggioranza relativa: quando il numero dei voti, pur non superando il 50%, è maggiore di tutte le altre fazioni (esempio 38%: è la maggioranza relativa in quanto, pur non arrivando al 50% + 1, è maggiore di tutte le altre fazioni).

Il Presidente del Consiglio, ove non ci sia almeno una maggioranza assoluta, lo propone l’insieme delle forze politiche che aderiscono al compromesso (i compromessi, per loro stessa natura etimologica, non sono mai belli e completamente onesti), che costituzionalmente deve comunque sempre essere sottoposto al vaglio del Presidente della Repubblica, garante della Costituzione e della legalità, che ha il diritto/potere di non approvarlo. Come il Presidente della Repubblica può approvare o meno la proposta dei Ministri per un eventuale governo del Presidente del Consiglio dei Ministri incaricato.
Si chiama Democrazia: parola oggi molto abusata.
Detto questo, è chiaro che, con il voto ultimo, non è stata espressa una scelta a maggioranza e, quindi, non si può parlare di volontà popolare.
Va anche tenuto conto del più grande Partito d’Italia, quello della “Lista che non c’è”, ovvero il Partito dell’Astensionismo, che ha espresso il suo voto non votando. La demagogia vuole che il voto sia un diritto/dovere, paroloni insignificanti che fanno vomitare chi possiede qualche neurone in più: se ritengo che nessuno sia all’altezza di rappresentarmi politicamente, perché dovrei votare? Per quale diritto/dovere? Quindi, non voto ed esprimo così la mia preferenza, che diventa il “voto” più importante, sul quale le forze politiche dovrebbero interrogarsi.
La maggioranza creata a tavolino da Salvini e Di Maio è un pastrocchio (non per scelta degli elettori) che rivela la perfetta incompetenza e la smania di vanagloriarsi di coloro che nella vita hanno accumulato storicamente solo fallimenti, istruzione in testa.
A voler essere onesti, è d'obbligo rilevare che Salvini con la Lega si è presentato alle elezioni con la coalizione di Centro Destra che (per scelta dei propri elettori) ha ottenuto, in percentuale di voti, il 37,50%, ovvero la maggioranza relativa. Il M5S ha chiuso la tornata elettorale con il 32,50%. Quindi, l’espressione della maggioranza dei consensi da parte degli elettori va al Centro Destra.
Ma Salvini ha tradito la sua coalizione e gli elettori ("Mai con i 5 Stelle", bofonchiava), pastrocchiando però con Di Maio (che "Mai con la Lega", sbraitava) e provocando premeditatamente il Presidente della Repubblica, a beneficio dei greggi dei Social.
Scopo? Creare odio, da sfruttare contestualmente alla somarizzazione delle masse.
Dopo una campagna elettorale con un voto avente quale fondamento l’odio (migranti, politici rubacchioni, Laura Boldrini, etc), il secondo round, sempre fondato sulla pericolosa politica dell’odio, vede vittime le massime istituzioni e, addirittura, la Costituzione della Repubblica Italiana, definita spesso dalla stampa straniera come la più bella del mondo.
Le classi sociali hanno vissuto i loro natali in varie epoche: classe aristocratica, classe imprenditoriale, classe operaia. Oggi sta crescendo a vista d’occhio una nuova classe: la Classe degli Asini, la più pericolosa.
E poi si parla di legittimità e di volontà popolare?
Nino Caliendo

L'illustrazione è tratta dal web e, non presentando indicazioni contrarie, è stata ritenuta di pubblico dominio