lunedì 30 aprile 2018

I partiti degli autoproclamatisi “onesti”? Nient'altro che rifugi per branchi e greggi di “ciechi” che hanno paura della libertà


I modelli educativi ed estetici della società contemporanea pongono in evidenza una oscillazione comportamentale tra l’essere “gregge” e l’essere “branco”. Tale aspetto risulta molto più evidente nei giovani in quanto meno strutturati sul piano psichico. La differenza tra il gregge e il branco sembra evidente: l’uno (il gregge) è destinato ad essere ‘vittimizzato’ dall’altro (il branco); il gregge rappresenta una massa chiusa nel recinto delle convenzioni, mentre il branco mette in discussione ogni convenzione vivendo di regole proprie a volte a scapito degli altri. Il gregge è sinonimo di vigliaccheria e impotenza, mentre per il branco sembrerebbe valere il contrario. In realtà stiamo parlando di due cose molto simili ed accumunate dal medesimo sentimento: la Paura.
Ci troviamo innanzi a due modalità comportamentali differenti che possiedono però lo stesso modello estetico. Quale potrebbe essere l’estetica che accomuna il gregge al branco? Utilizzando i contributi della psicologia clinica si potrebbe pensare all’estetica del gregge/branco come ad una reazione contro-fobica all’abbandono e ad una paura dell’individuazione. Essere individui implica anche la suggestione paranoide di essere individuati e diventare visibili con le proprie fragilità e difetti. Sia il gregge che il branco convergono verso la necessità di ‘mascherarsi’ in modo conformista per passare inosservati: il gregge lo farà in modo “social” il branco in modo “anti-social”. 
Mimetizzarsi per vivere nel gregge o nel branco implica l’abnegazione della propria soggettività e la costruzione di un Falso Se Collettivo che può portare a delle conseguenze molto pericolose sul piano della salute fisica, mentale ed emotiva. Una buona fetta di responsabilità va di certo attribuita al contesto socio-culturale, familiare, scolastico, urbano e nazionale, che risulta essere sempre più indefinito ed astratto e la cui tendenza è quella di attribuire ai modelli etici sani una estetica noiosa, poco attraente e poco eccitante. Ne deriva quindi la legittimazione indiretta di un’etica in cui tutto è ridotto ad “oggetto di consumo”: relazioni, sentimenti, amore, ecc… tutto ciò con l’aggravante che ogni cosa possa essere comprata, venduta o rubata e diventare un possesso esclusivo dell’ego. 
Nell’illusione di un possesso egocentrico della realtà si arriva alla asservimento dell’Io che in una sorta di legge del contrappasso, diventa prigioniero degli oggetti stessi. In una situazione in cui la persona diventa dipendente da un oggetto, feticcio della sua libertà, l’appartenenza ad un “gregge” o ad un “branco” diventa necessaria per metabolizzare la paura della perdita simbolica delle propria autonomia, attraverso la perdita dell’oggetto. Una tale situazione finisce con l’essere intollerabile e per questo deve essere ricacciata fuori dall’orbita della coscienza: nel preconscio o proiettata all’esterno. Nel primo (preconscio) caso possiamo avere come risultato un comportamento da gregge nel secondo un comportamento da branco. Nel gregge l’emarginazione diventa il fattore estetico da evitare, ma così facendo si arriva anche all’esclusone di prospettive analitiche nuove e migliori, nel branco invece l’emarginazione assume il ruolo di una reazione alla paura che si esprime nella necessità di infrangere le regole. 

L’estetica dell’emarginazione, come quella del degrado, presentano al loro interno un’etica invertita disumanizzante e passivizzante, legata alla tutela degli oggetti piuttosto che alle persone. Tale etica si rispecchia in una estetica dell’impersonale che si muove nel “social”, ma che tende a sconfinare nell’”anti-social” e nella necessità di annullare l’altro, credendo che sia vantaggioso per l’Io; in realtà tale atteggiamento non fa altro che danneggiare il soggetto che agisce in quel modo. Del resto è la società contemporanea che propaganda una morale del consumo acritico che favorisce i comportamenti gregari, fondati sul possesso, che determinano una libertà basata sulla dipendenza (emotiva e comportamentale) da oggetti inanimati. Tutto questo viene espresso poi in una affollata esteriorità, al di sopra di una interiorità solitaria e misera.
Il destino del gregge e del branco è il medesimo, ossia è quello di essere inconsapevolmente manipolati nella costante ricerca di un brand, di un marchio, di un “come essere”, ma senza avere individuato un “perché”. Pensando al marchio, la memoria va a quel passo dell’Apocalisse in cui il marchio della Bestia era la garanzia del commercio… anche di anime. Inoltre è curioso rilevare come nel Vecchio West americano fosse in uso chiamare i fuorilegge con il soprannome di “The Brand” ossia il marchio che faceva riferimento alle azioni predatorie contro il bestiame marchiato.
Occorre rendersi conto che essere liberi è doloroso e coloro che si rifugiano nel gregge o nel branco tentano di sfuggire, invano, a questa sofferenza e alla paura di una vera libertà fondata su aspetti etici ed estetici.


Stefano Pica, “Gregge e branco, schiavi dello stesso marchio”, dal blog del Movimento Roosevelt del 26 aprile 2018

Illustrazioni riprese dal web in quanto ritenute di pubblico dominio 
in mancanza di annotazioni contrarie

venerdì 27 aprile 2018

Inciucio Pd e 5 Stelle, il governo dei servi richiesto dal Fmi


l Fondo Monetario Internazionale di Washington, con la sua nota storia di sabotaggi e saccheggi delle economie dei paesi sottomessi attraverso le sue ricette economiche deliberatamente errate, torna ad occuparsi dell’Italia raccomandando di aumentare le tasse sul risparmio, sulla casa, sui consumi per alleggerire quelle sul lavoro. E’ la medesima ricetta che il Fmi attraverso il governo Monti impose nel 2011, producendo il crollo del Pil, del mercato immobiliare e dei consumi, in particolare svalutando il patrimonio immobiliare italiano di circa il 30%, ossia di oltre 2000 miliardi di euro. Più tasse su risparmio, immobili e consumi comportano riduzione della domanda interna e fuga dei risparmi e degli investimenti verso l’estero. Ecco l’obiettivo del Fondo Monetario Internazionale. Pensateci bene: se grazie alla riduzione delle tasse sui redditi di lavoro vi ritrovate con più reddito disponibile e insieme con un’Iva più alta, con tasse patrimoniali aggiuntive sulla casa e sugli investimenti immobiliari, che cosa fate? Non vi viene certo voglia di aumentare i consumi e gli investimenti di risparmio. Invece vi viene voglia di portare i soldi all’estero.
E se invece il taglio delle tasse sul lavoro vi consente semplicemente di ottenere un impiego sufficiente a mantenervi coi magri salari che oggi vengono concessi, che cosa comprate? Comprate i prodotti che costano poco venduti nei discount, prodotti che vengono dall’estero, quindi i vostri soldi egualmente finiscono all’estero. Come con le rimesse degli immigrati. Tutto contribuisce a decapitalizzare l’Italia. Tutto questo porta a minor domanda di beni e servizi prodotti in Italia virgola quindi a recessione indotta dal calo della domanda interna e degli investimenti interni. Al contrario, da sempre, ciò che fa ripartire l’economia, l’occupazione, i consumi, e soprattutto la domanda di beni e servizi prodotti nel paese, è il mercato immobiliare, le costruzioni, l’arredamento, l’impiantistica, la progettazione, etc. L’Italia ha avuto i suoi migliori periodi di espansione quando avveniva proprio questo, l’investimento nel mattone da parte delle famiglie e delle imprese, che poi usavano i beni immobili come garanzia accettata dalle banche per finanziare l’acquisto di beni di consumo e strumentali, l’apertura di nuove aziende, la crescita. Ma le banche accettavano in garanzia i beni immobili quando gli immobili non erano tartassati dal fisco.
È questo il senso malizioso della politica raccomandata dal Fondo Monetario Internazionale in passato come oggi: sabotare l’economia nazionale, impoverire, trasformare radicalmente l’Italia in territorio decapitalizzato e indebitato, passivo serbatoio di manodopera mal pagata (alimentato da scadente immigrazione) e sfruttata a disposizione della grande industria straniera, soprattutto tedesca, che si trattiene tutto il profitto della filiera. Un paese schiavo del debito pubblico e privato, gestito da una classe dirigente ad alta vocazione parassitaria alleata con gli interessi stranieri e che trae il grosso dei suoi consensi dalle regioni e dalle categorie che vivono di trasferimenti a carico delle aree produttive. Questo è lo spirito del governo servile che si sta cercando di impiantare a Palazzo Chigi con un inciucio M5S-Pd. Il M5S ormai, al di là dei suoi programmi, deve la sua forza elettorale a un voto motivato in gran parte da aspettative assistenzialistiche (reddito di cittadinanza, rectius di sussidio a chi risulta disoccupato, trasferimenti meridionalisti), quindi è legato a quelle aspettative; anche il Pd deve la sua residua forza a categorie ampiamente improduttive e ai legami col mondo bancario. La  sinergia tra questi due partiti sarà quindi necessariamente nel senso di aumentare la tassazione e i trasferimenti, oltre che di obbedire alle richieste della cosiddetta Europa e dei cosiddetti mercati. E di proteggere il passato bancario di molti uomini del Pd, come spiegato nel mio precedente articolo.

Marco Della Luna, “Pd-M5S, un governo per il Fmi”, dal blog di Della Luna del 23 aprile 2018

Ripreso da Idee Libre

Illustrazione ripresa dal web in quanto ritenuta di pubblico dominio 
in mancanza di annotazioni contrarie

mercoledì 25 aprile 2018

La canzone napoletana è da secoli la Voce satirica di ogni protesta o rivoluzione di cui diffonde il messaggio


La storia della canzone napoletana passa attraverso epoche diverse. Già nel XIII secolo si parlava, tra le ‘aule’ dell’Università Partenopea (fondata da Federico II di Svevia), di prime forme di canzoni, perlopiù sotto forma di poesia.
Intorno al ‘400 iniziarono a svilupparsi testi più complessi, in forma di ballate e, in seguito, formalizzandosi nelle così dette “Villanelle” (ovvero una composizione, principalmente di genere profano con temi riguardanti la vita rustica e la satira), cui primi fautori furono proprio i napoletani.
L’Ottocento vide l’ulteriore sviluppo delle villanelle in ritmi più complessi che furono alla base dei ritmi caratterizzanti la Tarantella, in tutte le sue forme regionali del Sud Italia.
La canzone napoletana è stata per secoli mezzo di diffusione di moti popolari, come per ‘0 Cunto ‘e Masaniello, o il Canto dei Sanfedisti, o Italiella, il cui testo satirico denunciava la condizione delle popolazioni meridionali al momento dell’Unità d’Italia.
A voler fare una ricerca filologica di molti di questi testim hanno lavorato, negli anni Sessanta, diversi gruppi, primo fra tutti la Nuova Compagnia di Canto Popolare (NCCP), fondata nel ‘66 da Eugenio Bennato, Carlo D’Angiò, Roberto de Simone, Giovanni Mauriello, successivamente ‘raggiunti’ da Peppe Barra, Patrizia Schettino, Patrizio Trampetti, Fausta Vetere e Nunzio Areni.
La Compagnia contribuì fortemente alla realizzazione di antichissimi brani della tradizione popolare, restituendone il suono, che altrimenti sarebbe stato dimenticato (essendo molti di questi trasmessi oralmente).
La canzone napoletana (in particolare quella popolare) è stata veicolo della voce di un Popolo (come quello napoletano) con un forte senso di comunità, a tratti rivelatosi “ingovernabile” per coloro che tentarono di gestire la loro individuale libertà. Un popolo abituato a resistere, che per secoli si è dimostrato capace di grandi rivoluzioni, tutte, in un certo senso direzionate dalla canzone popolare, stendardo di ogni moto sviluppatosi a Napoli nel corso degli anni, dalle restaurazioni Borboniche della rivoluzione francese all’immediato secondo dopoguerra.
La canzone napoletana è il lascito dei nostri antenati, fonte scritta di informazione non solo riguardo ad eventi e tragedie, ma anche veicolo di trasmissione di veri e propri sentimenti popolari.

Fonti
-       Pasquale Scialo, La canzone napoletana
-       Vittorio Palliotti, Storia della Canzone Italiana
-       Ettore De Mura, Enciclopedia della Canzone Napoletana
Giovanni Tartaglia

Articolo e foto ripresi da Vesuvio Live

martedì 24 aprile 2018

Chiesa Cattolica: il potere dei gesuiti, le spie del nuovo ordine mondiale in mezzo a noi


«Attenzione: stai per ricreare una pagina già cancellata in passato». E’ quanto si legge consultando su Wikipedia la voce Siv, Servizio Informazioni del Vaticano. Sorveglianza occhiuta: l’enciclopedia “libera” del web si ferma, di fronte all’intelligence del Papa. Anche perché, sostiene Riccardo Tristano Tuis, l’intera faccenda è nelle mani dell’ordine religioso più potente e misterioso della galassia cattolica: la Compagnia di Gesù, fondata nel 1537 dal militare spagnolo Ignazio de Loyola, con una vocazione – emersa fin dall’inizio – all’infiltrazione nelle altrui strutture, onde controllarle dall’interno. Geniale, l’uso della confessione da parte dei gesuiti: una volta introdotti a corte come educatori dei nobili rampolli, diventavano i custodi dei segreti dei futuri regnanti. Per Fausto Carotenuto, già analista dell’intelligente e autore del saggio “Il mistero della situazione internazionale”, i gesuiti rappresentano il vertice di una delle due piramidi “nere” che controllano il mondo – l’altra sarebbe costituita dalla massoneria internazionale. Comune l’obiettivo: il dominio di un pianeta completamente globalizzato mediante la finanza e l’economia, la politica addomesticata, la disinformazione martellante assicurata dai grandi media, reticenti o bugiardi sul terrorismo e sulla guerra.
«Anche tra i gesuiti si contano ovviamente molte ottime persone», ammette Tuis, intervistato a “Border Nights”, «ma la struttura ha avuto un ruolo essenzialmente negativo, nella storia: la congregazione resta un soggetto decisamente pericoloso, non a caso espulso per 70 volte da vari Stati». Rapporti difficili anche con il Vaticano: Papa Clemente XIV soppresse l’ordine religioso nel 1773. «I gesuiti erano nati come braccio speciale della Chiesa per sostituire i domenicani, politicamente poco duttili», spiega Gianfranco Carpeoro, autore di saggi che illuminano oscuri retroscena in cui convivono Chiesa e massoneria, come nel caso dell’origine del fascismo. «Poi però sempre i gesuiti divennero anche scomodi, quando – dopo la conquista del Sudamerica – si accorsero che gli indigeni erano migliori, come uomini, dei “conquistadores” cristiani». Lo ricorda lo stesso Tuis, autore del libro “Gesuiti” appena pubblicato da Uno Editori: «In Paraguay i gesuiti si schierarono con il popolo anche pagando con la vita la loro scelta». E’ di ispirazione gesuitica la “teologia della liberazione”, per l’emancipazione popolare dell’America Latina. Era gesuita lo stesso cardinale Martini, in prima linea contro le guerre. Ma la Compagnia di Gesù resta ambivalente: Jorge Mario Bergoglio, primo pontefice gesuita della storia, ha firmato il saggio “Questa economia uccide” ma in Argentina è stato accusato di complicità con i carnefici della dittatura militare, quella dei “desaparecidos”.
Riccardo Tristano Tuis non crede a Papa Francesco: «Nonostante la parte che recita, fa il gioco del potere: il suo impegno a favore dei migranti fa parte del progetto globalista che prevede anche l’islamizzazione dell’Europa a spese della fede cristiana, verso un’ipotetica religione unica mondiale». Il suo libro è chiaro, negli intenti, fin dal sottotitolo: «L’Ordine militare dietro alla Chiesa, alle banche, ai servizi segreti e alla governance mondiale». Già autore de “L’aristocrazia nera”, ovvero «la storia occulta dell’élite che da secoli controlla la guerra, il culto, la cultura e l’economia», Tuis racconta l’intreccio che – fin dall’origine – lega Ignazio di Loyola a potenti famiglie romane come quella dei Borgia. La missione dell’ordine: forgiare dei veri e propri 007, in grado di infiltrare qualsiasi ambiente politico e religioso, puntando al controllo del potere. Un progetto con un retroterra segreto, risalente ai Templari e da «ordini e consorzi di famiglie ancora più antiche». Nacquero così «agenti segreti con licenza di uccidere», pronti a operare clandestinamente sia nei paesi cristiani che in quelli protestanti o anglicani, «al punto che ai nostri giorni i servizi segreti deviati europei, nordamericani, del Commonwealth e d’Israele sono delle espressioni di un’unica regia: il Siv, cioè i servizi segreti del Vaticano», quelli irrintracciabili su Wikipedia.
«L’alta finanza, le più grandi banche del mondo e il cartello bancario che ha dato vita al moderno signoraggio bancario – sostiene Tuis – sono il prodotto della millenaria opulenza e forza della Chiesa di Roma, che proprio grazie ai gesuiti dall’Ottocento in poi ha in mano l’economia globale attraverso le famiglie dei banchieri internazionali ai cui vertici ci sono i guardiani del tesoro papale: i Rothschild». Il libro di Tuis indaga «sull’oscuro mondo delle società segrete e dei circoli magici di matrice satanico-luciferina e cristiana», scoprendo «le loro reciproche e insospettate connessioni attraverso i gesuiti di alto livello, gli “incogniti superiori del 4° voto” che muovono anche le fila dei potenti e stratificati ordini cavallereschi», vale a dire i Cavalieri di Malta in Europa e i loro corrispettivi americani, i Cavalieri di Colombo. Insieme alla massoneria internazionale, questa galassia di poteri “invisibili” dà vita «all’esercito di grigi burocrati dell’Unione Europea e del Congresso americano, che promuovono la criminale operazione su vasta scala denominata Agenda 21».
Il libro si addentra in specifici eventi storici: «Due più famosi dittatori europei, Napoleone Bonaparte e Adolf Hitler, sono saliti al potere grazie ad operazioni clandestine dei gesuiti e degli Illuminati, che da secoli lavorano a fianco a fianco nell’instaurazione della secolare agenda mondialista “La Nuova Atlantide”, meglio conosciuta come Nuovo Ordine Mondiale». A un ex gesuita, racconta Tuis a “Border Nights” si deve l’invenzione della ghigliottina: atroce simbolo del Terrore francese, d’accordo, ma pur sempre «un modo per ridurre la sofferenza del condannato». Dai gesuiti sono nate eccellenze assolute in ogni campo, compreso quello scientifico: è la Compagnia di Gesù a gestire il potente osservatorio astronomico di Mount Graham, in Arizona. Alieni in arrivo? Meglio chiamarli “fratelli dello spazio”; nel caso un giorno atterrassero, disse il direttore del centro, perché non battezzarli? Conoscenza, segreti, informazioni riservate. «L’archivio dei gesuiti a La Spezia – dichiara Tuis – è vasto almeno quanto quello della Cia».
Sanno tutto di tutti? Dossier, schedature minuziose? «Per quello nacquero: furono loro a fondare la prima intelligence della storia». Il libro di Tuis è un’indagine sul lato meno trasparente del potere, il più insospettabile: sul web circola liberamente il testo di un famigerato giuramento, in cui il novizio – nel ‘500 – si impegna anche ad uccidere, nel caso, e comunque a eseguire qualsiasi ordine senza discutere, “perinde ac cadaver”. Leggende? Purtroppo no, sostiene Tuis: «Oggi la vera battaglia è condotta nel campo dell’informazione: il mainstream deforma sistematicamente la verità. La controinformazione è fondamentale, e il potere la teme». Dietro allo speaker del telegiornale c’è spesso un politico, collegato a influenti soggetti economici. Quello che sfugge è che “tutte le strade”, o almeno molte, portino a Roma, dove il potere di quel network sarebbe esteso oltre l’immaginabile. «Non è un caso se l’aggettivo “gesuitico” ha assunto una connotazione negativa: indica qualcosa di falso e insincero, ipocrita, ma al tempo stesso raffinato e coltissimo. I gesuiti hanno una visione precisa del mondo, la loro. Arrivano dovunque, sono lì da mezzo millennio: non sarà facile fermarli».

Informazioni tratte dal libro di Riccardo Tristano Tuis, “I Gesuiti. L’Ordine militare dietro alla Chiesa, alle Banche, ai servizi segreti e alla governance mondiale”, Uno Editori, 264 pagine, euro 14.90

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lunedì 23 aprile 2018

Pur di accaparrarsi i privilegi di chi governa, gli "onesti" 5 Stelle inciuceranno con il Pd beffandosi degli elettori?

Paolo Becchi
Sabino Cassese a Palazzo Chigi, con Di Maio come ruota di scorta e il placet di Renzi. Tradotto: come seppellire in poche settimane l’indicazione degli elettori, che il 4 marzo si sono chiaramente espressi per voltare pagina rispetto al passato. Senza contare il 27% di italiani rimasti prudentemente lontani dalle urne, il 55% ha scelto 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia. Ovvero: fine dei governi-ombra agli ordini di Bruxelles, inaugurati da Monti e proseguiti con Letta, Renzi e Gentiloni, l’uomo “invisibile” che passerà alla storia per aver convalidato il decreto Lorenzin sui vaccini obbligatori in assenza di emergenze sanitarie, terremotando le famiglie italiane. Dopo l’illusione della diarchia Salvini-Di Maio a incarnare il cambiamento invocato dagli elettori (meno tasse, reddito di cittadinanza), secondo Paolo Becchi – a causa del veto grillino su Berlusconi – si fa strada l’ipotesi peggiore: un “governo del presidente” sostenuto dai 5 Stelle ma senza più Di Maio a Palazzo Chigi. Un esecutivo pallido, sorretto anche dal Pd tuttora renziano. Filosofo del diritto, in passato vicino alla leadership grillina, Becchi ora avverte: «Di Maio non può pretendere di mettere Salvini di fronte a un ricatto. A quel punto si assume una gravissima responsabilità: quella di consegnare la volontà degli elettori o a una cattiva alleanza, quella col Pd, o alle ipotesi tecniche».
Secondo Becchi, sondato da Federico Ferraù per “Il Sussidiario”, «il Quirinale ha un preciso
Sabino Cassese
disegno in testa», però «intende arrivarci gradualmente, certificando il fallimento delle ipotesi alternative». Ha conferito a Elisabetta Casellati un mandato esplorativo a stretto giro, mentre «centrodestra e M5S non hanno raggiunto un accordo in un mese e mezzo». Impensabile che accada qualcosa di decisivo prima delle elezioni regionali, in programma il 22 aprile in Molise e il 29 in Friuli. Cosa c’entrano le elezioni regionali? «L’intento di Mattarella – sostiene Becchi – è quello di mettere in difficoltà i due probabili vincitori di questo voto, amministrativo ma di grande valore politico, perché se Berlusconi perde malamente in Molise, dove si sta impegnando in prima persona, politicamente è finito. A quel punto Salvini sarebbe più autonomo e potrebbe alzare la posta». Significa che il Colle vuole impedire a Di Maio e Salvini di mettere sul piatto delle trattative di governo le rispettive vittorie elettorali in Molise e Friuli? «Significa che vuole impedire a Salvini di avere più peso politico all’interno della coalizione vincente nelle urne del 4 marzo, tagliando così le gambe alle possibilità residue di un accordo M5S-Lega».
Luigi Di Maio
La manovra servirebbe a legittimare altri scenari, ovvero «un patto M5S-Pd, oppure un “governo del presidente”, affidato per esempio a Sabino Cassese», giurista e accademico, giudice emerito della Corte Costituzionale. Lo stesso Cassese, in un editoriale “interventista” sul “Corriere della Sera”, ha lanciato un monito a tutti, dalla Siria all’Italia: la sovranità degli Stati «va tenuta sotto controllo», e inoltre gli Stati «agiscono per la realizzazione di principi globali». Princìpi che il nuovo M5S “atlantista” potrebbe sottoscrivere. «Il disegno è chiaro», dice Becchi: «Far saltare l’accordo del M5S con il centrodestra per evitare il “pericolo” leghista e far nascere un “governo del presidente” con 5 Stelle e Pd, mettendo al posto di un inesperto come Di Maio un ex giudice costituzionale in grado di garantire la collocazione internazionale e la messa in sicurezza del paese». E perché mai Di Maio ci dovrebbe stare? «Perché a quel punto avrà giocato male la sua partita con Salvini e non potrà più tornare indietro», argomenta Becchi. «Dovrà scegliere tra dare un governo al paese o andare al voto. Di Maio ha tiratotroppo la corda e alla fine l’ha spezzata. Non se ne è ancora reso conto, ma non farà più il capo del governo». E Renzi? «Darebbe l’okay, perché Di Maio non farebbe più il premier».
Di Maio ha detto che vorrebbe governare solo con Salvini? «L’impressione è che alla Lega il
Matteo Renzi
governo non interessi» sottolinea Becchi: «L’opposizione è più redditizia e in palio c’è il centrodestra del dopo-Berlusconi». Il professore è ancora convinto che Salvini voglia innanzitutto portare il centrodestra al governo, e che voglia farlo coi 5 Stelle «perché sono le due forze che hanno vinto le elezioni». Ma i due programmi non sono incompatibili? «Non lo credo», risponde Becchi. «Il M5S non ha nessun programma, fa e disfa i programmi a piacimento a seconda delle convenienze. E’ un partito liquido, con a capo un trentenne che si è montato la testa e vuole fare il premier a tutti i costi. E infatti darebbe tranquillamente alla Lega i ministeri di peso». Se la Casellati guadagnasse tempo, aggiunge Becchi, forse prolungherebbe la vita all’ipotesi 5 Stelle-Lega: «Non è stata esplorata fino in fondo, e sono proprio le urne di Molise e Friuli a legittimarla». L’ipotesi della staffetta Di Maio-Salvini «offrirebbe garanzie anche a Berlusconi: gli permetterebbe di avere qualche ministro e soprattutto ci potrebbe stare un accordo per tutelare le aziende».
Il veto del Movimento 5 Stelle sul Cavaliere «avvalora l’ipotesi che Di Maio voglia davvero fare il governo col Pd», afferma Becchi». Ma se fosse Berlusconi a continuare a opporsi ai grillini, le elezioni in Molise e in Friuli potrebbero tradirlo: «In questo caso Salvini, più forte grazie al risultato regionale, potrebbe davvero abbandonare Berlusconi, andandosene con Fratelli d’Italia e con metà Forza Italia per fare un centrodestra a propria immagine: se
Matteo Salvini
Berlusconi non accettasse, sarebbe il suo funerale politico». Viceversa, un nuovo Patto del Nazareno spaccherebbe il centrodestra: «La Lega e Fratelli d’Italia uscirebbero: Salvini non accetterebbe mai di entrare in un “governo del presidente”». E Di Maio? Perché non si è ancora reso conto del fatto che non farà più il premier? «Per una ragione profonda, non 
politica», sostiene Becchi. «Di Maio e il gruppo dirigente del M5S, ma la considerazione vale anche per i militanti, sono ormai persone che vivono di rancore, di passioni tristi. Il risentimento li blocca e li bloccherà su tutto. Se non sei più in grado di contemplare una ipotesi politica di governo, se credi che avendo 11 milioni di voti alle spalle ti puoi comportare come vuoi continuando a dire io-io-io, o me o nessuno, se Berlusconi ti dice che non ha veti e tu continui a dire no, allora è finita». Questo lo ha detto, a Di Maio?«Sì, ma non c’è stato verso». Come andrà a finire? «La crisi di governo li sta fregando – chiosa Becchi – perché sta diventando anche e soprattutto colpa loro, di Di Maio soprattutto. E se per caso si vota, i 5 Stelle potrebbero avere brutte sorprese».



Articolo ripreso da Idee Libre

Foto riprese dal web ritenendole di pubblico dominio
in assenza di annotazioni contrarie

mercoledì 18 aprile 2018

Raid Usa in Siria: il potere ci mente perché ci teme ed ha creato apposta l'Impero della Menzogna


McCain con Al Baghdadi in Siria

Quanto è pericoloso l’Impero della Menzogna? Quante vittime produce, ogni ora, il sistema orwelliano basato sulle fake news criminali rilanciate a reti unificate, senza le quali non potrebbe essere scagliato nemmeno un missile? La farsa dell’orrore, copione strettamente seguito anche per l’ultimo raid “mirato e limitato” sulla Siria (ben attenti, gli attaccanti, a non sfiorare installazioni russe), dimostra almeno un risvolto positivo: chi preme quei fatali pulsanti ha ancora paura dell’opinione pubblica, se si premura di mentirle con tanto impegno. Lo afferma la giornalista Enrica Perucchietti, con alle spalle saggi sul terrorismo “false flag” e sulla propaganda di regime basata su notizie sistematicamente false: noi spettatori siamo rimasti probabilmente gli unici a non sapere quanto contiamo, visto che chi muove portaerei e impiega armi di distruzione di massa si preoccupa innanzitutto di raccontarci il contrario della verità, nel timore che qualcuno di noi si svegli dal letargo televisivo. E’ grazie al nostro sonno se i killer possono oggi presentarsi come giustizieri: gli Stati Uniti, che hanno scagliato decine di missili su obiettivi siriani alla periferia di Damasco, sono gli stessi che hanno trasformato la Siria in un inferno, armando i tagliagole jihadisti che hanno terrorizzato la popolazione, di fatto spingendola a stringersi attorno al regime di Assad, visto certamente come il male minore.
Maschere tragiche come la fallimentare Theresa May e il suo comico di corte Boris Johnson, nei guai per il dopo-Brexit, minuettano (tra una menzogna e l’altra) con personaggi come l’inquietante Emmanuel Macron, l’uomo dei Rothschild travestito da giovane rinnovatore, incaricato di demolire il welfare di un paese reduce dal bagno di sangue dell’auto-terrorismo, magicamente cessato dopo la rottamazione di François Hollande. Tutto si tiene? Impossibile dimenticare lo stridente contrasto tra l’elegante sorriso di Barack Obama, a lungo in giro per il mondo con l’aria di essere una divinità scomodata per il bene altrui, e la fogna infestata di ratti nella quale fu fotografato il suo inviato speciale per il Medio Oriente, il senatore John McCain, in amichevole colloquio con i peggiori mozzatori di teste della regione, tra cui il tristemente celebre Abu Bakr Al-Baghdadi. Loro, tutti insieme – Obama, McCain e i colleghi dell’Isis, con la graziosa collaborazione di altri paladini dell’umanità (il turco Erdogan, l’israeliano Netanyahu e i monarchi islamisti dell’Arabia Saudita) – hanno ridotto la laica Siria ad un’apocalisse di macerie. Un girone dantesco di profughi e lutti, su cui oggi, per buon peso, si abbattono anche i missili umanitari americani, inglesi e francesi, con il pretesto dell’ultima strage ipotetica, denunciata (come tutte le altre) senza uno straccio di prova.
E proprio lì sta il punto: per scatenare la violenza, c’è stato comunque bisogno del massimo sforzo per propagare notizie false, attraverso il circuito del mainstream televisivo. Se solo i giornalisti avessero continuato a fare il loro mestiere, accusa un fuoriclasse come lo statunitense Seymour Hersh, Premio Pulitzer per le sue scomode corrispondenze di guerra, noi oggi sconteremmo un numero di vittime enormemente ridotto: meno dolore e meno cimiteri, con più giornalisti onesti in circolazione. Sembra un colossale esercizio di ipnosi: il copione è sempre uguale, ma il pubblico non sembra accorgersene. Subisce gli eventi, preparati da una narrazione infedele e spesso paradossale fino al ridicolo, invariabilmente accolta con rassegnato fatalismo. Non contiamo più nulla, si ripete da più parti: il grande potere fa quello che vuole, senza nemmeno considerarci. Non è vero, rileva Enrica Perucchietti: ha bisogno, ogni volta, di parlarci. Ha la necessità di raccontarci storie, di propalarci menzogne. Non lo farebbe, se non avesse paura dell’ipotetico dissenso. Non cambia mai nulla? Neppure questo è vero: di fronte all’eventualità dei raid occidentali sulla Siria e contro la Russia, dall’Italia si sono levate voci significative, comequelle di Salvini e di Bagnai. Non sarebbe accaduto, ieri, quando infuriavano altri analoghi orrori come quello libico. Contano, i politici italiani? Moltissimo, per il pubblico nazionale: insinuano il germe del dubbio, aprono praterie al pensiero autonomo, incrinano il dogma teologico dietro il quale si nascondono i finti giustizieri.
L’ultimo casus belli sembra l’ennesimo capolavoro di propaganda. Non si sa neppure se sia avvenuta davvero, la presuna strage siriana di Douma. Provocata da gas nervino o da cloro? Scatenata da chi? A pochi chilometri di distanza, Israele si fa meno problemi: spara e basta, anche alla schiena, colpendo gli inermi manifestanti di Gaza. Carri armati contro bersagli mobili senza difesa, ragazzini in jeans e maglietta. Quindici morti in una sola giornata, 700 feriti anche nel replay, la settimana seguente. La minaccia di Hamas è reale? Quand’anche, esiste una parola come “sproporzione”, che passeggia nella storia a varie latitudini. Nel medioevo, la cavalleria occitanica schierata per proteggere i catari, perseguitati dai crociati nel sud della Francia, chiamò “desmisura” la ferocia gratuita dei vincitori. Oggi, in caso di guerra unilaterale, i media rispolverano un lessico novecentesco – l’America, la Francia, l’Inghilterra – come se davvero fossero coinvolte intere nazioni, nei crimini “umanitari” di quegli eserciti. Lentamente, si va demistificando la retorica: fior di saggi rivelano che non esiste più una sola politica sovrana, un solo leader che prenda decisioni non dettate dall’oligarchia bancaria  e mercantile che ha privatizzato Stati e governi. E ancora e sempre, ogni crimine viene prima annunciato in televisione con il consueto corredo di notizie false, da un potere smisuratamente egemone ma non onnipotente, che ha ancora paura che qualcuno di noi si alzi in pedi e dica: non sono d’accordo, non siete autorizzati ad agire a nome mio.

Contenuti e foto da Idee Libre

lunedì 16 aprile 2018

L’Italia dei servi s’impoverisce sempre di più nelle guerre che arricchiscono solo gli altri



L’Italia era primo partner commerciale dell’Iraq al tempo dell’intervento contro Saddam.
Era il primo partner commerciale della Libia al tempo dell’intervento contro Gheddafi e, “casualmente”, era primo partner commerciale della Siria, prima che cominciassero le ostilità. 
Catastrofico, poi, il crollo dell’ingente fatturato del Made in Italy nella Russia vittima dell’embargo ordinato dagli Usa e dall’Europa obbediente.
In tutto questo, oltre alle ingenti perdite commerciali, lo Stato italiano sborsa 64 milioni di euro al giorno per i costi a sostegno dei “contingenti di pace” (per meglio dire, è più onesto e veritiero definirli “di guerra d’invasione”).
Nello scenario siriano, si ragiona come se fosse in atto una guerra civile, ma è falso: è una guerra di potenze regionali che hanno coinvolto mezzo mondo.
Lo scontro tra Iran e Arabia per l’egemonia sul Golfo e sul Medio Oriente, il problema della sicurezza di Israele e la politica neo-ottomana di Erdogan configurano uno scenario in cui la Francia sta cercando un suo spazio, mettendo l’Europa davanti alla politica del fatto compiuto.
Macron ci sta portando in guerra in Siria per una politica che sarà vantaggiosa solo per la Francia e per l’Arabia.
Difficile, invece, capire quale sia il vantaggio per il resto d’Europa.
In mezzo a tutto questo, fa capolino Trump con le sue sparate idiote, in stile berlusconiano vecchia maniera, su Twitter, minaccia la guerra e poi se lo rimangia, come un bambino dal basso quoziente intellettivo.
La strategia di Trump dipende molto più da obbligatori fattori di accondiscendenza con la politica interna del potere finanziario, che gli detta la necessità di tali comportamenti infantili se vuole scrollarsi di dosso le inchieste che lo riguardano.
Non è altro che un deja vue! Nulla di nuovo nella politica criminale che indossa i finti panni di una democrazia che non rispetta né l’umanità, né i diritti dei cittadini.
E in tutto questo, il bamboccio Di Maio e l’intero M5S non sanno predicare altro che il taglio dei vitalizi ai parlamentari (che, per carità, vanno tagliati e ridimensionati, ma non sono il problema prioritario su cui appoggiare oggi un intero programma politico), i quali, per la cronaca, ammontano a meno di 200 milioni di euro annui, l’equivalente dei costi delle nostre forze armate per tre giorni di guerre d’invasione. Pardon, di “contingenti di pace”.
Sempre per dovere di cronaca: il Vaticano ci costa in totale circa 30 miliardi di euro annui, pari a 15 anni di spese per i vitalizi parlamentari (ma questo nessuna coalizione politica osa dirlo).
Nino Caliendo

Parte dei contenuti è ripresa dalle dichiarazioni di Mario Mauro rilasciate a Paolo Vites nell’intervista “Guerra in Siria, Macron ci sta portando in guerra per arricchire la Francia”, pubblicata da “Il Sussidiario” il 13/4/2018

Foto da Wikipedia

venerdì 13 aprile 2018

Gli USA nacquero 242 anni fa: 221 anni li hanno passati in guerra


"Siamo un popolo di guerra. Noi amiamo la guerra perché siamo molto bravi a farla. In realtà, è l'unica cosa che possiamo fare in questo cazzo di paese: la guerra. Abbiamo avuto un sacco di tempo per fare pratica e anche perché è sicuro che non siamo in grado di costruire una lavatrice o una macchina che vale un coniglio da compagnia; per contro, se avete un sacco di abbronzati nel vostro paese, dite loro di stare attenti perché noi verremo a sbattere una bomba sul loro viso..."  (George Carlin)


Gli Stati Uniti sono stati in guerra il 93% del tempo, dalla loro creazione nel 1776, vale a dire 222 dei 239 anni della loro esistenza. Gli anni di pace sono stati solo 21 dal 1776

Qui sotto è riportata una cronologia anno per anno delle guerre degli Stati Uniti, che rivela qualcosa di molto interessante: dal 1776 gli Stati Uniti sono stati in guerra il 93% del tempo, vale a dire 221 dei 242 anni della loro esistenza. Gli anni di pace sono stati solo 21.

Per mettere questo in prospettiva:

* Nessun presidente degli Stati Uniti è mai stato un Presidente di pace. Tutti i presidenti degli che si sono succeduti sono stati tutti, in un modo o nell'altro, coinvolti almeno in una guerra.
* Gli Stati Uniti non hanno mai passato un intero decennio, senza fare una guerra.
* L'unica volta che gli Stati Uniti sono rimasti 5 anni senza guerra (1935-1940) è stato durante il periodo isolazionista della Grande Depressione.


Timeline per ogni anno delle grandi guerre in cui gli Stati Uniti sono stati coinvolti (1776-2015)



1776 - Guerra d'indipendenza americana, Chickamagua Guerre, Seconda Guerra Cherokee, Pennamite-

1777 - Guerra d'indipendenza americana, Chickamauga Guerre, Seconda Guerra Cherokee, Pennamite-
1778 - Guerra d'indipendenza americana, Chickamauga Guerre Pennamite-
1779 - Guerra d'indipendenza americana, Chickamauga Guerre Pennamite-
1780 - Guerra d'indipendenza americana, Chickamauga Guerre Pennamite-
1781 - Guerra d'indipendenza americana, Chickamauga Guerre Pennamite-
1782 - Guerra d'indipendenza americana, Chickamauga Guerre Pennamite-
1783 - Guerra d'indipendenza americana, Chickamauga Guerre Pennamite-
1784 - Chickamauga Guerra Guerre Pennamite, Guerra Oconee
1785 - Chickamauga Guerre, Northwest Guerra indiana
1786 - Chickamauga Guerre, Northwest Guerra indiana
1787 - Chickamauga Guerre, Northwest Guerra indiana
1788 - Chickamauga Guerre, Northwest Guerra indiana
1789 - Chickamauga Guerre, Northwest Guerra indiana
1790 - Chickamauga Guerre, Northwest Guerra indiana
1791 - Chickamauga Guerre, Northwest Guerra indiana
1792 - Chickamauga Guerre, Northwest Guerra indiana
1793 - Chickamauga Guerre, Northwest Guerra indiana
1794 - Chickamauga Guerre, Northwest Guerra indiana
1795 - Guerra indiana del Nord-Ovest
1796 - 1800 - Nessuna guerra
1801 - Prima guerra Barbary
1802 - Prima guerra Barbary
1803 - Prima guerra Barbary
1804 - Prima guerra Barbary
1805 - Prima guerra Barbary
1806 - Sabine Expedition
1807 - 1809 - Nessuna guerra
1810 - Stati Uniti occupano West Florida spagnola
1811 - La guerra di Tecumseh
1812 - La guerra di Tecumseh, Guerre Seminole, gli Stati Uniti occupano East Florida spagnola
1813 - La guerra di Tecumseh, Guerra Peoria, Creek War, gli Stati Uniti espandono territorio nel West Florida spagnola
1814 - Creek War, US espansione territorio in Florida, la guerra anti-pirateria
1815 - Guerra del 1812, seconda guerra Barbaresca, guerra anti-pirateria
1816 - Prima guerra Seminole, la guerra anti-pirateria
1817 - Prima guerra Seminole, la guerra anti-pirateria
1818 - Prima guerra Seminole, la guerra anti-pirateria
1819 - Yellowstone Expedition, la guerra anti-pirateria
1820 - Yellowstone Expedition, la guerra anti-pirateria
1821 - la guerra anti-pirateria
1822 - la guerra anti-pirateria
1823 - la guerra anti-pirateria, Guerra Arikara
1824 - la guerra anti-pirateria
1825 - Yellowstone Expedition, la guerra anti-pirateria
1826 - Nessuna guerra
1827 - Guerra Winnebago
1828 - 1830 - Nessuna guerra
1831 - Sac e Fox guerra indiana
1832 - Guerra di Falco Nero
1833 - Guerra indiana Cherokee
1834 - Guerra indiana Cherokee, Pawnee Campagna territorio indiano
1835 - Guerra indiana Cherokee, Guerre Seminole, Seconda Guerra Creek
1836 - Guerra indiana Cherokee, Guerre Seminole, Seconda Guerra Creek, Missouri-Iowa Border guerra
1837 - Guerra indiana Cherokee, Guerre Seminole, Seconda Guerra Creek, Osage Guerra indiana, Guerra Buckshot
1838 - Guerra indiana Cherokee, Guerre Seminole, Guerra Buckshot, Heatherly Guerra indiana
1839 - Guerra indiana Cherokee, Guerre Seminole
1840 - Guerre Seminole, Forze Navali USA invadono Isole Figi
1841 - Guerre Seminole, Forze Navali USA invadono McKean Island, Isole Gilbert, e Samoa
1842 - Guerre Seminole
1843 - Le forze americane si scontrano con la Cina, le truppe statunitensi invadono costa africana
1844 - Guerre indiane Texas-
1845 - Guerre indiane Texas-
1846 - Guerra messicano-statunitense, guerre Texas-indiane
1847 - Guerra messicano-statunitense, guerre Texas-indiane
1848 - Guerra messicano-statunitense, guerre Texas-indiane, Guerra Cayuse
1849 - Guerre Texas-indiane, Guerra Cayuse, indiano Guerre Southwest, Guerre Navajo
1850 - Guerre Texas-indiane, Guerra Cayuse, Southwest guerre indiane, guerre Navajo, Guerra Yuma,
1851 - Guerre Texas-indiane, Guerra Cayuse, Southwest guerre indiane, guerre Navajo, Guerre Apache, Guerra Yuma, indiano Guerre Utah, California Guerre indiane
1852 - Guerre Texas-indiane, Guerra Cayuse, Southwest guerre indiane, guerre Navajo, Guerra Yuma, indiano Guerre Utah, California Guerre indiane
1853 - Guerre Texas-indiane, Guerra Cayuse, Southwest guerre indiane, guerre Navajo, Guerra Yuma, indiano Guerre Utah, Guerra Walker, indiano Guerre California
1854 - Guerre Texas-indiane, Guerra Cayuse, Southwest guerre indiane, guerre Navajo, Guerre Apache, California guerre indiane Skirmish entre 1 ° Cavalleria e indiani
1855 - Seminole Guerre, guerre Texas-indiane, Guerra Cayuse, Southwest guerre indiane, guerre Navajo, Guerre Apache, California guerre indiane, Guerra Yakima, Winnas Expedition Guerra Klickitat, Puget War Sound, Rogue River guerre, le forze americane invadono Isole Figi e Uruguay
1856 - Guerre Seminole, Guerre Texas-indiane, Southwest guerre indiane, Guerre Navajo,
1857 - Guerre Seminole, Guerre Texas-indiane, Southwest guerre indiane, Guerre Navajo, Guerra Utah, Conflitto in Nicaragua
1858 - Guerre Seminole, Guerre Texas-indiane, Southwest guerre indiane, Guerre Navajo, Guerra Mohave, California guerre indiane, Spokane-Coeur d'Alene Guerra-Paloos, Guerra Utah, le forze americane invadono Isole Fiji e Uruguay
Guerre 1859 Texas-indiani, Southwest guerre indiane, Guerre Navajo, California guerre indiane, Pecos Expedition Antelope Hills Expedition, Bear River Expedition, incursione di John Brown, le forze americane lanciano attacchi contro il Paraguay e invadono Messico
1860 - Guerre Texas-indiane, Southwest guerre indiane, Guerre Navajo, Guerre Apache, California indiana Guerre Guerra Paiute, Kiowa-Comanche guerra
1861 - Guerra civile americana, Guerre Texas-indiane, Southwest guerre indiane, Guerre Navajo, Guerre Apache, California guerre indiane, Campagna Cheyenne
1862 - Guerra civile americana, Guerre Texas-indiane, Southwest guerre indiane, Guerre Navajo, Guerre Apache, California guerre indiane Campagna Cheyenne, Guerra Dakota del 1862
1863 - Guerra civile americana, Guerre Texas-indiane, Southwest guerre indiane, Guerre Navajo, Guerre Apache, California guerre indiane Campagna Cheyenne, Colorado Guerra, Guerra Goshute
1864 - Guerra civile americana, Guerre Texas-indiane, Guerre Navajo, Guerre Apache, California guerre indiane Campagna Cheyenne, Colorado Guerra, Guerra Snake
1865 - Guerra civile americana, Guerre Texas-indiane, Guerre Navajo, Guerre Apache, California guerre indiane, Guerra Colorado, Guerra Snake, Black War Hawk Utah
1866 - Guerre Texas-indiane, Guerre Navajo, Guerre Apache, California guerre indiane Skirmish entre 1 ° Cavalleria e indiani, Guerra Snake, Guerra Black Hawk di Utah, Guerra di Nuvola Rossa, Franklin County War, ci invade Messico conflitto con la Cina
1867 - Texas-Guerre Indiane, lunga passeggiata dei Navajo, Apache Guerra Skirmish , Guerra Snake, guerra Black Hawk di Utah, guerra di Nuvola Rossa, guerra Comanche , Franklin County War, le truppe statunitensi occupano il Nicaragua e attaccano Taiwan
1868 - Texas-Guerre Indiane, Long Walk dei Navajo, Apache Guerra Skirmish, Guerra Snake, guerra Black Hawk di Utah, guerra di Nuvola Rossa, guerra Comanche, Battaglia del Washita, Franklin County War
1869 - Guerre Texas-indiane, Guerre Apache, guerra Black Hawk di Utah, guerra Comanche , Franklin County War
1870 - Guerre Texas-indiane, Guerre Apache, guerra Black Hawk di Utah, Comanche Guerre, Franklin County War
1871 - Guerre Texas-indiane, Guerre Apache, guerra Black Hawk di Utah, Comanche Guerre, Franklin County War, Kingsley Cave strage, le forze americane invadono la Corea
1872 - Guerre Texas-indiane, Apache Wars, La guerra di Utah Black Hawk, Comanche Guerre Guerra Modoc, Franklin County War
1873 - Guerre Texas-indiane, Comanche Guerre Guerra Modoc, Guerre Apache, Cypress Hills Massacre, guerra col Messico
1874 - Guerre Texas-indiane, Guerre Guerra Comanche Red River, Mason County Guerra, le forze americane invadono Messico
1875 - Conflitto in Messico, Guerre Texas-indiane, Comanche Guerre, Nevada orientale, Mason County War, Colfax County War, le forze americane invadono Messico
1876 ​​- Guerre indiane, Texas-nero Guerra Hills, Mason County Guerra, le forze americane invadono Messico
1877 - Guerre Texas-indiane, Nero Guerra Hills, Nez Perce Guerra, Guerra Mason County, Lincoln County War, San Elizario Salt guerra, le forze americane invadono Messico
1878 - Paiute conflitto indiano, Guerra Bannock, Guerra Cheyenne, Lincoln County War, le forze americane invadono Messico
1879 - Guerra Cheyenne, Sheepeater Guerra indiana, Bianco Guerra Fiume, le forze americane invadono Messico
1880 - Forze statunitensi invadono Messico
1881 - Forze statunitensi invadono Messico
1882 - Forze statunitensi invadono Messico
1883 - Forze statunitensi invadono Messico
1884 - Forze statunitensi invadono Messico
1885 - Guerre Apache, Orientale Nevada Expedition, Forze invadono Messico
1886 - Guerre Apache, Pleasant Valley Guerra, le forze americane invadono Messico
1887 - Forze statunitensi invadono Messico
1888 - US dimostrazione di forza contro Haiti, Forze invadono Messico
1889 - Forze statunitensi invadono Messico
1890 - Sioux Guerra indiana, Ghost Dance Guerra, Wounded Knee, Forze invadono Messico
1891 - Sioux Guerra indiana, Ghost Dance Guerra, le forze americane invadono Messico
1892 - Johnson County War, le forze americane invadono Messico
1893 - Stati Uniti invadono Messico e Hawaii
1894 - Forze statunitensi invadono Messico
1895 - Le forze americane invadono Messico
1896 - Forze statunitensi invadono Messico
1897 - Nessuna guerra
1898 - Guerra ispano-americana, Battaglia di Leech Lake Chippewa
1899 - Guerra filippino-americana, guerra delle banane
1900 - Guerra filippino-americana
1901 - Guerra filippino-americana
1902 - 1912 - Guerra filippino-americana, guerra delle banane
1913 - Guerra filippino-americana, guerra della banane, guerra Navajo
1914 - Guerra delle banane, Stati Uniti invadono Messico
1915 - Guerra delle banane, invasione del Messico Messico, guerra Paiute
1916 - Guerra delle banane, Stati Uniti invadno Messico
1917 - Guerre delle banane, prima guerra mondiale
1918 - Guerre della banana, la prima guerra mondiale
1919 - Guerra delle banane, Stati Uniti invadono il Messico
1920 - 1934 - Guerre delle banane
1935 - 1940 - Nessuna guerra
1941 - 1945 - Seconda guerra mondiale
1946 - USA occupano Filippine e Corea del Sud
1947 - le forze di terra americana in Grecia nella guerra civile
1948 - 1949 - Nessuna guerra
1950 - 1953 - Guerra di Corea
1954 - Guerra in Guatemala
1955 - 1958 - guerra del Vietnam
1959 - guerra del Vietnam: Conflitto in Haiti
1960 - guerra del Vietnam
1961 - 1964 - guerra del Vietnam
1965 - Guerra del Vietnam, occupazione americana della Repubblica Dominicana
1966 - Guerra del Vietnam, l'occupazione americana della Repubblica Dominicana
1967 - 1975 guerra del Vietnam
1976 - 1978 - nessuna guerra
1979 - Guerra Fredda (guerra per procura CIA in Afghanistan)
1980 - Guerra Fredda (guerra per procura CIA in Afghanistan)
1981 - Guerra Fredda (guerra per procura CIA in Afghanistan e Nicaragua), primo incidente del Golfo della Sirte
1982 - Guerra Fredda (guerra per procura CIA in Afghanistan e Nicaragua), Conflitto in Libano
1983 - Guerra Fredda (invasione di Grenada, guerra per procura CIA in Afghanistan e Nicaragua), Conflitto in Libano
1984 - Guerra Fredda (guerra per procura CIA in Afghanistan e Nicaragua), Conflitto in Golfo Persico
1985 - Guerra Fredda (guerra per procura CIA in Afghanistan e Nicaragua)
1986 - Guerra Fredda (guerra per procura CIA in Afghanistan e Nicaragua)
1987 - Conflitto in Golfo Persico
1988 - Conflitto in Golfo Persico, l'occupazione americana di Panama
1989 - Seconda Golfo della Sirte incidente, l'occupazione americana di Panama conflitto nelle Filippine
1990 - Prima guerra del Golfo, occupazione americana di Panama
1991 - Prima guerra del Golfo
1992 - Conflitto in Iraq
1993 - Conflitto in Iraq
1994 - Conflitto in Iraq, Stati Uniti invadono Haiti
1995 - Conflitto in Iraq, Haiti, bombardamenti NATO della Bosnia-Erzegovina
1996 - Conflitto in Iraq
1997 - Nessuna guerra
1998 - Bombardamento di Iraq, Afghanistan e missili contro il Sudan
1999 - Guerra del Kosovo
2000 - nessuna guerra
2001 - Guerra in Afghanistan
2002 - Guerra in Afghanistan e Yemen
2003 - Guerra in Afghanistan e in Iraq
2004 - 2006 - Guerra in Afghanistan, Iraq, Pakistan e Yemen
2007 - Guerra in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Somalia e Yemen
2008 - 2010 - Guerra in Afghanistan, Iraq, Pakistan e Yemen
2011 - Guerra al Terrore in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Somalia e Yemen; Conflitto in Libia (libica guerra civile)
2011 - 2015 - Guerra in Afghanistan, Iraq. Guerra civile in Ucraina e Siria


Nella maggior parte di queste guerre, gli Stati Uniti erano all'offensiva, in alcune sulla difensiva, ma abbiamo tralasciato tutte le operazioni segrete della CIA con rivolte, ribaltamento di regimi e altri atti che potrebbero essere considerati atti di guerra.

Il 95% delle operazioni militari lanciate dalla fine della seconda guerra mondiale, sono state degli Stati Uniti, la cui spesa militare è maggiore di quella di tutte le altre nazioni del mondo messe insieme. Nessuna meraviglia quindi che il mondo pensi che gli Stati Uniti sono la prima minaccia del mondo per la pace.
Eppure ci sono ancora alcuni nord americani (più di quello che sembra) che fanno ancora la domanda: "Perché tutte queste persone nel mondo ci odiano?" E la risposta della propaganda USA è sempre, invariabilmente, la stessa: "...perché sono gelosi di noi, della nostra libertà, della nostra grandezza. Gelosi della nostra cultura..."
Ecco, soprattutto della loro cultura e del loro squisito modo di rapportarsi col prossimo.
Informazioni e foto riprese dal Blog di Gianni Fraschetti "Informare"