La storia del nostro paese abbonda di morti improvvide
quanto provvidenziali. Qualche anno fa il figlio di Vito Ciancimino espresse il
sospetto che il padre fosse stato assassinato: il vecchio aveva detto “Parlerò
se Andreotti sarà condannato” e, due giorni dopo la condanna in primo grado di
Andreotti, moriva. Una morte tempestiva. Di morti “just in time” è costellata
tutta la nostra storia nazionale e, tanto per cominciare, opportuna
fu la morte del comandante generale dei carabinieri Hazon (bombardamento) a due
settimane dal 25 luglio 1943. Il 24 agosto, Ettore Muti era falciato da una
raffica, durante un improbabile tentativo di fuga e, il 14 settembre, il
generale Ugo Cavallero si suicidava con un colpo alla tempia destra, pur
essendo mancino (nella fretta…). Questo genere di decessi di solito avviene a
grappoli, in due o tre per volta, come i cardinali, secondo il noto detto
popolare.
Non sempre, però, le scomparse opportune avvengono a breve
distanza. Si pensi al bandito Salvatore Giuliano (5 luglio 1950) preceduto da
Salvatore Ferreri (26 giugno 1947) e seguito da Gaspare Pisciotta (9 febbraio
1954): tutti caduti – chi per piombo, chi per “caffè corretto” – quando
sembrava stessero diventando troppo loquaci sullo stesso tema. E poi il
colonnello Renzo Rocca, “suicidatosi” il 27 giugno 1968, a venti giorni dalla
costituzione della commissione di inchiesta sul caso Sifar, davanti alla quale
morirà di infarto il generale Giorgio (25 giugno 1968), mentre stava deponendo.
In attesa di testimoniare (sulla cellula nera di Padova) era il portiere
Alberto Muraro, ma due giorni prima (13 settembre 1969) cadde nella buca
dell’ascensore e morì. E poi altri noti e meno noti: Armando Calzolari, Dante
Baldari, Vittorio Ambrosini, Luigi Calabresi, Gianni Nardi, Bruno Rieffeser,
Giancarlo Esposti per limitarci alla strategia della tensione.
E poi, altri “gruppi collegati”: come Mino Pecorelli, Antonio
Varisco e Giorgio Ambrosoli, o i fratelli Bisaglia e Ugo Niutta o, ancora
Roberto Calvi e Graziella Corrocher; o Giovanni Casillo e Vincenza Matarazzo:
impossibile fare l’elenco completo. Registriamo una preoccupante monotonia:
infarti, fughe stroncate, incidenti d’auto e suicidi coprono circa il 75% dei
casi. Rari i botti di fantasia, come quello che fece saltare in aria Vincenzo
Casillo nei pressi della sede del Sismi. Almeno, una cosa un po’ originale. C’è
sempre una occasione vicina a rendere quella morte auspicabile: una deposizione
in tribunale, la minaccia di una conferenza stampa (come non
ricordare Luigi Tenco?), più raramente qualche particolare
scadenza politica.
Mi è capitato di lavorare su una morte tempestiva, quella di Junio
Valerio Borghese: che delusione! C’era tutto per pensare al solito lutto
provvidenziale: a luglio Andreotti aveva fatto predisporre dal Sid il
“malloppo” per la riapertura dell’inchiesta sul tentato golpe dell’8
dicembre 1970; ma, occorrendo “alleggerirlo” prima di darlo alla magistratura,
dispose un rinvio al 15 settembre. Borghese spirava il 24 agosto 1974; da tre
settimane aveva iniziato a dettare un memoriale convocando, per settembre, gli
ex capi della X Mas, per spiegare come era andata “la notte della Madonna”. Più
tempestivo di così il suo decesso non poteva essere. C’erano anche i casi
collegati: il 12 novembre il tenente colonnello Giuseppe Condò – che teneva i
contatti fra Sid, Borghese e Sogno – moriva di infarto a 42 anni.
“Esperti” della materia, come Ambrogio Viviani, Demetrio Cogliandro o Mino
Pecorelli, parlarono di “felice coincidenza” o simili. Vi dico: c’era tutto.
Poi, interpellando diversi medici (tossicologi compresi), scoprii
che i sintomi descritti dai testi (compresi gli amici convinti della tesi
omicida) erano perfettamente compatibili con una pancreatite acuta, all’epoca
difficilmente diagnosticabile, per cui spesso i medici pensavano a casi di
suggestione ipocondriaca. E le pillole di acqua e zucchero, prescrittegli dal
primo medico che lo visitò, ne sono una conferma indiretta. Il decorso clinico
era da manuale e compatibile con l’anamnesi del paziente. Per di più:
difficilmente quei sintomi (come ad esempio l’“addome a barca”) possono
mascherare altre patologie, ed è escluso che possa essere provocata
tossicologicamente. La vita a volte è crudele: un così bel caso di morte ad
horas sprecato! Una coincidenza vera. Un caso sfortunato.
Aldo Giannuli, “Le morti opportune nella storia d’Italia”, dal blog di Giannuli del
23 agosto 2015
Fonte e foto: Idee
Libre
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