mercoledì 25 dicembre 2019

Il Natale è ormai un pacco vuoto. Chi crede ancora alla fiaba di Joshua bar Joseph (dall’ebraico: “Gesù figlio di Giuseppe”), in arte Gesù?

Natale è la vera festa dei cattolici: dovrebbe essere, in realtà, la Pasqua la quale contiene e condensa in pochi giorni (o, addirittura, ore) tutta la vicenda di un certo Joshua bar Joseph (Gesù figlio di Giuseppe), che sarebbe diventata la colonna sonora di due millenni di storia, oggi conclusa, terminata, smarcata dalle cronache religiose del pianeta. Vedremo poi.
Già, Natale…però il Natale, celebrando la nascita del Redentore delle Anime, sconfessa apertamente chi non aveva riconosciuto in lui il Davide, il Grande Re Davide che avrebbe riportato alla gloria il grande popolo d’Israele. Non l’hanno riconosciuto? Ben gli sta! Giù la testa!
Se il grande regno di Davide mai non giunse, anche il surrogato – ossia il povero Joshua bar Joseph – non fu una gran trovata. Ossia, lo fu sotto l’aspetto secolare, di potere – indubbiamente servì a tanto per superare la crisi dell’Impero Romano e trasformarlo nel Sacro Romano Impero, con annessi e connessi – ma fallì totalmente sotto l’aspetto della religione e, soprattutto, della contigua filosofia religiosa. Prima di partire, ricordiamo una curiosità: il primo a godere dell’appellativo di Pontifex Maximus (pressappoco “guida suprema”) fu…Giulio Cesare! Dopo di lui, tutti gli imperatori romani.
Bisogna partire da lontano per capire tutto l’arzigogolo, e quando si dice da lontano quel “lontano” è, niente popò di meno che…Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus, in arte Nerone, quinto imperatore romano. Perché?
Perché Nerone aveva ben compreso che il futuro dell’Impero non era nella lontana Britannia o nella riottosa Germania, bensì nel Mediterraneo: ossia, voleva spostare il baricentro dell’Impero verso Oriente, non verso l’inospitale Nord. Nel 67 d. C. si recò in Grecia e concesse a tutti i Greci l’immunità, qualcosa che si avvicinava alla cittadinanza romana, ed iniziò a meditare che Alessandria d’Egitto (seconda città dell’Impero) aveva tutti i crismi per diventarne la prima: la Biblioteca – che, oggi, definiremmo “un grande polo universitario” – il grandioso porto e la posizione geo-centrica di quello che lui immaginava il futuro dell’Impero. E la religione? Le tradizioni? Beh…ci penseremo…in Oriente si trova di tutto…
A Roma non furono molto d’accordo, e lo fecero fuori. Ma il dado era tratto: nemmeno 60 anni dopo, Adriano ammetteva “Christus” fra gli dei onorabili a Roma, sempre che i seguaci lo onorassero nel Pantheon romano e non come unico Dio. Ma la strada era tracciata. S’era intorno al 120 d. C.
Ci furono ancora lotte, discriminazioni, uccisioni…ma, due secoli dopo, Costantino sanciva il passaggio definitivo, quello della religione cristiana come unico credo del regno. E, annessa, vi fu la prima truffa dei cristiani, ossia la cosiddetta “donazione” di Costantino (mai avvenuta) poi codificata nel Constitutum Constantini, un testo apocrifo del IX secolo d. C. la quale concedeva al papato non la guida della Chiesa, bensì una specie di titolo di imperator, ossia la supremazia su qualsiasi regno o (futuro) feudatario del grande impero. La frittata (un colossale falso storico) era sfornata, ed era nato lo Stato della Chiesa.
Per i secoli a seguire, dunque, i Papi non furono le guide religiose che tutti pensiamo ed immaginiamo nella nostra tradizione, bensì i Re d’alcuni possedimenti italici e gli imperatori dell’ex Impero Romano, perché avevano nelle mani uno strumento potente per mantenere quel primato (che usarono più volte), ossia la scomunica. Furono Pontifex Maximus dei re ed imperatori d’Europa.
Non ci dobbiamo perciò meravigliare dei fasti della corte papale, delle molte concubine, delle mille corruzioni, delle sanguinose lotte di potere…non dimentichiamo che molti Papi non furono nemmeno preti, oppure furono nominati cardinali da bambini…erano dei regnanti, stop. Machiavelli scrisse che gli italiani crebbero “senza religione e cattivi”, poiché allevati in quei torbidi consessi, nei quali la gestione del potere era “santificata” da qualcosa che, di veramente santo, non aveva niente.
Ma venne la prima punizione.
Un oscuro monaco agostiniano germanico, Martin Lutero – dopo una visita a Roma nella quale vide quel che vide, non ultimo il commercio, venale, delle indulgenze, che lo terrificò – tornato in Germania (e sotto la protezione di Federico di Sassonia) pubblicò le famose 95 tesi affiggendole sulla porta della Chiesa di Wittemberg. Era il 1517, era la Rivoluzione.
Lutero voleva tornare ad un Cristianesimo più puro, mondato da ogni coinvolgimento secolare che la Chiesa Romana, ovviamente, non poteva concedere, senza correre il rischio d’enormi perdite, territoriali e di ricchezza.
La prima avvisaglia di come i Protestanti desideravano “accomiatarsi” dal potere romano avvenne nel 1527, con il Sacco di Roma ad opera dei Lanzichenecchi: 20.000 morti ed il resto della popolazione in fuga. Per “scalzarli” da Roma il papa dovette pagare 400.000 ducati d’argento. Cash.
La risposta, da Roma, venne nel 1545 con il Concilio di Trento e fu una risposta totalmente di chiusura, con la proibizione del possesso degli antichi testi biblici (in greco ed aramaico): solo la Vulgata – pessimo titolo! – ossia la Bibbia in Latino visionata e distribuita solo da Roma. E la creazione del Sant’Uffizio (la futura Inquisizione) e dell’indice dei testi “scomunicati”.
Gli ultimi a ricevere questo “trattamento” furono Simone de Beauvoir, Gide, Moravia e Sartre (!). Li precedettero, praticamente, tutti i “pilastri” della civiltà moderna occidentale, da Cartesio in poi, e l’ultimo Papa passato sullo scranno del Sant’Uffizio, poi divenuto “Congregazione per la dottrina della Fede” fu papa Ratzinger, tuttora vivente, Benedetto XVI.
Insomma, in barba a tutti i “consigli” che giungevano dall’esterno, la Chiesa Cattolica non ha deviato di un’unghia, non ha discusso con nessuno, non ha accettato nessun “bonario” consiglio.
Ha continuato a non concedere rogatorie nemmeno quando le vicende dello IOR (la Banca Vaticana) sprofondavano, più che nella tragedia, nella farsa. Pedofilia, niente, preservativi, nulla, divorzio, ignorato. Salvo concederlo, già a Trento (1545), per le coppie di neri che erano state battezzate dai missionari e poi vendute, schiave, a differenti proprietari. Una vera e propria chicca: un’attenzione perfetta per le esigenze del commercio! La giustificazione? Qualcuno aveva potuto leggere le pubblicazioni dell’atto? Magari affisse su un albero della foresta equatoriale? Penosi.
Ma la nemesi giunge da dove meno te lo aspetti. Stavolta non c’è più un monaco che affigge delle tesi su una chiesa per chiederne la discussione, per avviare una ricostruzione di quel credo suggerito (pare) molto tempo prima da un oscuro pescatore/predicatore della Galilea. Rivisto e purgato – in primis Paolo di Tarso, poi Agostino d’Ippona, Tommaso d’Aquino eccetera, eccetera… – per l’udito e la forma mentis dei greci e dei latini dapprima, poi per i loro eredi.
Quando un edificio si mostra troppo vecchio per resistere ancora allo scorrere del tempo, quando non sono stati eseguiti per tempo i necessari lavori di ristrutturazione, entrano in funzione le ruspe demolitrici: non c’è altra soluzione.
La “ruspa” – addirittura comico! – sgattaiola fuori dal garage delle Edizioni San Paolo di Roma, ma non affigge tesi per discutere, non chiede udienza, non dà alla vetusta istituzione cattolica nemmeno l’appiglio di un confronto: “non voglio intromettermi fra ciò che pensano e credono i cattolici rispetto alla loro Fede”. E’ ciò che Mauro Biglino ripete, anche se sa benissimo che non ci potrebbero essere più roghi per bruciarlo.
Magari, però, una pallottola vagante potrebbe sempre manifestarsi: i tempi cambiano e gli inquisitori accettano anche qualche “suggerimento” della modernità. La morte del comandante delle Guardie Pontificie, Alois Estermann (mai chiarita), della moglie e di un caporale, è stata una sparatoria degna di un film di Sergio Leone. Proprio accanto all’appartamento del Papa.
Così, dalle Bibbie più antiche – guarda a caso quelle proibite nel ‘500 con l’Inquisizione – salta fuori, traducendo letteralmente, che il potente e “glorioso” Dio Javhé viaggiava nei cieli su un “carro di fuoco”, mentre i suoi “cherubini” assomigliavano più a delle guardie del corpo che agli angioletti del presepe.
Ma anche il Nuovo Testamento è stato “rivisitato” – soprattutto grazie all’acume “greco” di Paolo di Tarso – e, dunque, una vicenda interna alla comunità ebraica, uno scontro fra fazioni discordi ed un fallito assalto al tempio di Salomone, ha creato i prodromi per la creazione di una nuova religio, visto che quella vigente nella Roma imperiale era in forte crisi, pervasa e stravolta da nuovi credi.
Mentre era stato proibita dal Senato la pratica dei Baccanali, i culti di Cibele, Iside e, soprattutto, Mitra erano entrati a far parte del Pantheon Romano, scombussolandone le radici, che risalivano addirittura al primo re, Numa Pompilio. C’era bisogno di “aria nuova”: che durò per due millenni.
Oggi, osservando con occhio disincantato e senza nessun tipo d’acredine, possiamo affermare che la religione Cattolica sia ancora uno dei “perni” del vivere italico?
Vivo di fronte ad una chiesa, che si dice sia stata un “luogo” dei Templari, e nella quale è stato anche girato un pessimo film (The broken key) sull’infinita saga dei cavalieri antichi e delle moderne società segrete.
Le campane, a parte le ore, suonano musichette che sembrano il “liscio” dei Casadei: mai più ascoltato una musica sacra. Rari matrimoni e battesimi, più frequenti i funerali, con un solo denominatore: niente che abbia a che vedere con una pratica sacra, ma solo cerimonie mondane, allegre o tristi, ma solo mondane. Abiti eleganti le donne, camicie e cravatte gli uomini: per quel che ne so, una liturgia spenta senza più nessuna tensione religiosa verso il sacro, il supremo, l’assoluto inconoscibile.
Le statistiche ci dicono che circa la metà della popolazione italiana si dice cattolica, ma coloro che si dicono credenti e praticanti sono soltanto il 22%. Ci sono, poi, un 10% circa che appartiene ad altre religioni, ed un 14% che, genericamente, “crede in Dio”. Questa è, sostanzialmente, la situazione.
Al di là della sfera religiosa, gli italiani che credono molto o abbastanza alle coincidenze rappresentano ben il 53% mentre il 41% crede nella fortuna, il 25% nella reincarnazione, il 24% nella predestinazione dell'anima, il 21% nei miracoli dei guaritori, il 18% nel karma, il 17% nell'astrologia, il 16% nella presenza di alieni sulla Terra, un altro 16% nella jella e nel malocchio, sempre il 16% nelle sedute spiritiche, il 14% nella possessione diabolica, il 9% nei tarocchi e un altro 9% nella magia. (Sondaggio Adnkronos)
Sembra quasi l’identica situazione del tardo Impero Romano anzi: forse peggio.
Eppure, continuiamo a definirci un “Paese cattolico”: in ogni modo, felice Natale a tutti!

Carlo Bertani
“Regalo di Natale, con ammennicoli vari”, dal blog di Bertani del 22 dicembre 2019

Contenuti e immagine da: Libre Idee

lunedì 23 dicembre 2019

Cile: violenza di Stato con la maschera di miracolo economico neoliberista

I cittadini cileni protestano contro le false notizie
diffuse dai media di regime
Lo stipendio medio di un cileno non arriva ai 350 euro mensili, mentre in poco tempo il biglietto della metro è quadruplicato, arrivando a costare 1 euro (come da noi). La crisi che sta attraversando il Cile in questi giorni non si può racchiudere tutta nei due numeri appena citati, però rendono bene l’idea del “miracolo” economico liberista in Sudamerica. Non so voi, ma a me ogni volta che discuto di economia latinoamericana, viene rifilata la solita manfrina del virtuoso Cile, nazione che al contrario degli altri paesi sudamericani avrebbe abbracciato la libera economia di mercato con continuità. “E’ il paese più stabile del Sudamerica”; “almeno in Cile non ci sono sacche di socialismo reale”; “in Cile sembra di stare in Europa”. Queste, più o meno, le considerazioni che sentiamo ripetere da anni. Di solito, vengono pronunciate come considerazioni di tipo politico, magari riferite al dittatore Pinochet, ai diritti umani, alla tortura e all’amicizia del caudillo cileno con l’ultraliberista inglese Margaret Thatcher. In altre parole, se tutti riconoscono in Pinochet un dittatore, molti sono pronti ad attenuarne le responsabilità giocandosi la carta del “miracolo” economico del Cile, della crescita del Pil a ritmo del 6 per cento annuo.
La piazza della protesta dopo il coprifuoco
Nelle immagini di questi giorni, con le autoblido dei carabineros che si accaniscono sulla folla spappolando i femori dei manifestanti, abbiamo finalmente modo di accorgerci di questo “miracolo” con i nostri occhi. Occhi che almeno in Europa continuiamo a preservare, mentre secondo le testimonianze di Santiago i manifestanti perdono l’uso della vista a causa dei lacrimogeni. Le donne che vanno in pensione, nella stragrande maggioranza, non arrivano ai 250 euro mensili, mentre gli uomini pochi centesimi di più. Ma non è tanto questo: in molti paesi del Sudamerica gli stipendi sono questi o anche più bassi, ma è la sproporzione col costo dei servizi e l’abuso del credito a fare la differenza, e ciò accade perchè i servizi essenziali in Cile – contrariamente ad altre parti del Sudamerica – sono privati, non pubblici. Ecco allora che la situazione (tremenda!) di Cuba, dove gli statali hanno uno stipendio mensile che non arriva ai 30 euro al mese, può apparire persino migliore di quella cilena. A L’Avana un biglietto di sola andata costa 8 centesimi e l’abbonamento mensile dei trasporti 2 euro; quindi la situazione non è migliore del Cile, ma almeno a Cuba l’accesso a scuola e sanità sono gratuiti, mentre sotto il regime di Piñera, no.
In Cile, in questi anni, la gente comune è andata avanti facendo debiti con le banche, anche solo per fare la spesa al supermercato: altro che crescita del Pil al 6 per cento! In Cile, comunque, la protesta sul costo dei servizi era iniziato tranquillamente, ma la polizia, in solito stile Sudamericano, si è comportata in modo terrificante, come se un banale flash-mob fosse sinonimo di colpo di Stato. Ma come già detto non è solo una questione di trasporti. La situazione antidemocratica del Cile si trascina ormai da decenni. In buona sostanza, dopo l’omicidio di Salvador Allende, cos’è successo in Cile da un punto di vista pratico (cioè senza scomodare grafici e tabelle)? Che Pinochet ha creato due paesi diversi: uno per i ricchi, ed uno per i poveri. In quello per i poveri, se ti ammali, puoi tranquillamente crepare prima di essere curato. Se, invece, appartieni alla classe ricca, allora puoi permetterti un servizio privato e salvarti. Non è difficile da capire. Non occorre scomodare la curva di Laffer, le supercazzole di Michele Boldrin, la scuola austriaca, Polanyi, Cottarelli, Elsa Fornero e Carlo Marx. Il liberismo è questa roba qua. E solo un cretino o una persona in malafede non lo vuole capire. 
Spesso, tuttavia, cretinismo e disonestà intellettuale coincidono.

Massimo Bordin, “Il ‘miracolo’ economico del Cile”, dal blog “Micidial” del 22 dicembre 2019

Articolo ripreso da: LibreIdee.org

Le foto sono di Mauro Santoro e sono state riprese sul web da SputnikNews.com in quanto, in mancanza di indicazioni contrarie, sono state ritenute di pubblico dominio

lunedì 11 novembre 2019

Poteri dominanti, tecnologia e burattini dominati che credono di essere liberi chattando

È assolutamente essenziale che, in una società che si voglia dire veramente libera e composta da uomini e non da manichini, venga sempre mantenuta da chi governa la possibilità, per tutti i cittadini, di poter delinquere e infrangere le leggi.
Forse gli idioti che gestiscono il sistema non lo hanno capito. O forse, invece, lo hanno capito benissimo. E ad essere idioti, son tutti gli altri.
Fatto sta che è così. È assolutamente così.
Dopo aver perso il controllo su di noi, sul nostro corpo, sulle nostre passioni, sulle nostre reazioni, ora stiamo via via perdendo anche il controllo sui nostri mezzi. Le macchine circolano da sole, posteggiano da sole, frenano da sole. La casa è gestita da una “mignotta” elettronica (virtuale), che di nome fa la coniugazione al femminile del computer di “2001 Odissea nello Spazio”, e che ci accende le luci, ci spegne la caldaia, ci prepara il caffè, ascolta quel che diciamo al vicino e poi informa Google circa le prossime pubblicità da spedirci via mail.
Tutto ciò che ci circonda è “smart”, nel senso che ci assicura la comodità di non preoccuparci di parecchi dettagli a cui, invece, provvedono direttamente i nostri stessi aggeggi. Dettagli da poco, per carità.. Questioni che, banalmente, hanno a che fare con tutte le piccole scelte quotidiane che, finora, facevamo da soli. E a cui, adesso, pensano direttamente le mille cose che acquistiamo, credendo illusoriamente di possederle. E, proprio come diceva quel deficiente durante una pubblicità di non so più quale compagnia telefonica, la “libertà” che possiamo meritarci sta ormai consistendo, sempre più, nel “non dover scegliere”.
In nome di una criminale, liberticida “sicurezza”, in un mondo in cui le cose ci spiano e ci possiedono, esultiamo ebeti di fronte alle automobili che rispettano da sole i limiti di velocità, impedendoci di trasgredirli. Di fronte alle telecamere che scoraggiano qualsiasi illegalità, facendo leva sul deterrente del controllo a distanza. Alle transazioni di denaro e ai conti in banca sistematicamente “monitorati” da Equitalia, per impedir qualsiasi tentazione di evasione fiscale.
Noi esultiamo, sì. Diciamo: “Io mica ho niente da nascondere”. Diciamo: “E’ più sicuro. E’ più comodo!
E il processo va avanti. E andrà avanti così. Le cose ci si scaraventeranno contro. Al prossimo giro i cruscotti delle nostre automobili ci stamperanno in faccia le multe ad ogni nostra infrazione. Poi, semplicemente, si arresteranno a ogni rosso. O si metteranno d’accordo tra loro, su chi di volta in volta abbia la precedenza all’incroci.
E noi saremo liberi! Liberi di chattare anche durante il viaggio. Di postare foto del cazzo mentre la macchina ci porta in ufficio, eccetera eccetera.
C’è solo un particolare. Un piccolissimo particolare.
Idioti come dei secchi vuoti, privi di memoria (perché a ricordare ci penserà già l’agenda elettronica), totalmente incapaci di ragionare (perché a ciò provvederà già il computer), derubati dell’imbarazzo angosciante del dover scegliere (perché le nostre macchine, ormai, lo faranno per noi), sprovvisti definitivamente di qualsiasi controllo sulle nostre pulsioni e di qualunque capacità di rispettar le regole (perché milioni di impedimenti elettronici avranno provveduto a prevenire a monte qualsiasi illegittimità), noi saremo definitivamente trasformati in oggetti. In quegli stupidi strumenti che, un tempo, eravamo noi a controllare.
E a quel punto, o il controllo elettronico su di noi saprà essere perfetto, assoluto, totalizzante, capace di determinare qualsiasi nostra azione e prevenir qualunque irregolarità, oppure, al primo baco nel sistema, ci scaglieremo addosso gli uni contro gli altri.
Sbranandoci ferocemente, senza pietà!
Pietro Ratto
Tratto dal Blog Bosco Ceduo
L'immagine è liberamente tratta dal web e, in mancanza di indicazioni contrarie, è stata ritenuta di pubblico dominio

martedì 8 ottobre 2019

Il falso dato sul numero dei credenti cattolici in Italia. Istruzioni per sbattezzarsi


Fonte battesimale
Oltre al grande potere economico da Stato più ricco del mondo, la Chiesa di Roma millanta anche di avere un grande potere di orientamento politico e elettorale grazie ai suoi presunti “milioni” di “fedeli”.
Il trucco sta nel diffondere cifre tratte dai registri dei battezzati tenuti dalle parrocchie. Sono cifre chiaramente fantasiose, premeditatamente false.
Tale registro è il frutto di un semplice aggiornamento del dato in possesso del parroco alla data di rilevazione precedente, aumentato dei battesimi e diminuito dei funerali (vengono cancellati però solo coloro che hanno avuto un funerale ecclesiale, cioè in chiesa, rimangono iscritti quelli che, sia pur battezzati, non hanno voluto un funerale cattolico e non hanno usufruito dello sbattezzo né hanno mai comunicato il proprio allontanamento dalla Chiesa Cattolica).
Ed ecco che con questo criterio vengono diffuse delle cifre assurde ed evidentemente improbabili: secondo il Vaticano gli italiani “fedeli” al Cattolicesimo sarebbero ben il 98% della popolazione (inclusi gli infanti, i bambini, gli adolescenti ed i minorenni, che non sono ancora iscritti nelle liste elettorali e, quindi, ancora non votano).
Una cifra, come dicevo, improbabile, poiché secondo le ultime rilevazioni statistiche, in Italia, solo gli Atei sono 9 milioni, cioè più del 15% della popolazione italiana: e qui già dal presunto 98% scendiamo all’83%.
Poi ci sono i “fedeli” (residenti in Italia o italiani) di altre religioni, compresi quelli delle altre Chiese cristiane: ortodossi 1,3 milioni, protestanti 700.000, Ebrei 36.000, Mormoni 22.000, Testimoni di Geova 243.400, Musulmani 1,2 milioni, Buddisti 103.000, Induisti 108.000, Sikh 25.000, Animisti 45.000, movimenti neopagani 13.000. Per un totale di circa 3.800.000 persone, circa un altro 6.5% della popolazione, che fa scendere la percentuale al 76,5%.
Un’altra considerazione da fare è che nella percentuale fornita dal Vaticano sui battezzati sono compresi gli italiani ormai residenti all’estero, ma iscritti nei registri battesimali delle parrocchie (dato importante utilizzato per gonfiare quella famosa percentuale iniziale del 98%).
I cittadini italiani residenti all’estero (cioé che si sono trasferiti ed hanno cancellata la propria residenza dalle anagrafi italiane, quindi il dato è per difetto in quanto limitato a questi, essendo esclusi i numerosi residenti all’estero che hanno conservata anche la residenza in Italia) iscritti nell’elenco aggiornato al 31 dicembre 2007, previsto dall’art. 5 della citata legge 459/2001, sono 4.115.235, per un ulteriore 7%, che fa scendere la percentuale iniziale al 69,5%.
Tenendo conto che la popolazione italiana è intorno ai 60 milioni d’unità, secondo i dati forniti dalla Chiesa di Roma, scalati delle dovute correzioni, i credenti cattolici sarebbero 41.700.000.
Ora, tenendo presente una recente rilevazione tra coloro che si dichiarano religiosi, tra praticanti (cioé, quei talebani bigotti, facilmente condizionabili dal clero) e i non praticanti (cioé, che non frequentano la Chiesa e, quindi, difficilmente condizionabili nella dichiarazione di voto), i praticanti rappresentano una percentuale del 24,4%, cioé sono appena 10.174.800 (cifra ancora eccessiva, considerando che in essa sono compresi adolescenti, bambini e neonati con una percentuale intorno al 30% che fa scendere il numero dei probabili elettori orientabili dal Clero a poco più di 7 milioni) i talebani bigotti a cui la Chiesa può dichiararsi in grado di lavare il cervello.
Meno degli atei e meno del doppio dei “fedeli” di altre religioni.
Il millantare credenti in sovrannumero da parte della Chiesa papalina è dovuto al fatto che chi si allontana da essa non pensa a farsi sbattezzare (forse, nemmeno sa che può farlo), cioé a chiedere la cancellazione del suo nominativo dal registro parrocchiale dei battezzati.
E il Vaticano c’azzuppa!
Nino Caliendo

Come sbattezzarsi

Molti non lo sanno, ma da qualche anno in Italia esiste un modo per sbattezzarsi.
Per coloro che non si ritengono cattolici ma sono stati battezzati ecco alcune motivazioni per farlo tratte dal sito dell’UAAR:
·      per coerenza: se non si è più cattolici non v’è alcuna ragione per essere considerati ancora tali da chi non si ritiene più degni della propria stima;
·      per mandare un chiaro segnale a tutti i livelli della gerarchia ecclesiastica;
·   per una questione di democrazia: troppo spesso il clero cattolico, convinto di rivolgersi a tutta la popolazione della propria parrocchia, “invade” la vita altrui (pensiamo alle benedizioni pasquali o, più banalmente, al rumore prodotto dalle campane). Si crea così una sorta di “condizionamento ambientale” e si diffonde la convinzione che bisogna battezzare, cresimare, confessarsi e sposarsi in chiesa per non essere discriminati all’interno della propria comunità. Abbattere questo muro, rivendicando con orgoglio la propria identità di ateo o agnostico, è una battaglia essenziale per vivere in una società veramente libera e laica.
·      per la voglia di far crescere il numero degli sbattezzati, contrapponendolo alla rivendicazione cattolica di rappresentare il 96% della popolazione italiana;
·    perché si fa parte di gruppi “maltrattati” dalla Chiesa cattolica: gay, donne, conviventi, ricercatori progressisti…
·       per rivendicare la propria identità nei passaggi importanti della propria vita. Non essere più cattolici comporta l’esclusione dai sacramenti, l’esclusione dall’incarico di padrino per battesimo e cresima, la necessità di una licenza per l’ammissione al matrimonio (misto), la privazione delle esequie ecclesiastiche in mancanza di segni di ripensamento da parte dell’interessato. Significa quindi non dover sottostare alle richieste del proprio futuro coniuge di voler soddisfare la parentela con un rito in chiesa, non vedersi rifilare un’estrema unzione (magari mentre si è immobilizzati), e avere la relativa sicurezza che i propri eredi non effettueranno una cerimonia funebre in contrasto con i propri orientamenti.
·   per non essere considerati, dalla stessa legge italiana, «sudditi» delle gerarchie ecclesiastiche. Il Catechismo della Chiesa cattolica rammenta (nn. 1267 e 1269) che il battesimo «incorpora alla Chiesa» e «il battezzato non appartiene più a se stesso […] perciò è chiamato […] a essere «obbediente» e «sottomesso» ai capi della Chiesa». Qualora non lo siano, le autorità ecclesiastiche sono giuridicamente autorizzate a “richiamare” pubblicamente il battezzato. Nel 1958 il vescovo di Prato definì «pubblici peccatori e concubini» una coppia di battezzati sposatasi civilmente. La coppia subì gravi danni economici, intentò una causa al vescovo e la perse: essendo ancora formalmente cattolici, continuavano infatti a essere sottoposti all’autorità ecclesiastica. Ogni prelato può dunque tranquillamente permettersi esternazioni denigratorie nei confronti dei battezzati: perché rischiare?
·       per un vantaggio economico: se si è battezzati e capita di dover lavorare, anche saltuariamente, in Paesi come la Germania o l’Austria, si finisce per essere tassati per la propria appartenenza alla Chiesa cattolica, e in modo assai salato (anche 60 euro al mese su uno stipendio di 2.000 euro, etc).
Ecco invece cosa occorre fare per sbattezzarsi:
·       Chi conosce la parrocchia presso la quale si è stati battezzati deve semplicemente scrivere una lettera al parroco con la quale si chiede che sia annotata la propria volontà di non far più parte della Chiesa cattolica. La lettera deve essere inviata per raccomandata a.r. allegando la fotocopia del documento d’identità. Non è necessario fornire alcuna motivazione. Qui trovate una lettera modello, scaricabile in formato *.RTF (e modificabile a piacimento secondo le proprie esigenze); ne è altresì disponibile una versione in formato *.PDF.
·      Se non si è subita né la prima comunione né la cresima, inoltre, si può provare a inviare alla parrocchia un modulo (*.RTF; *.PDF), recentemente sperimentato con successo, contenente la richiesta di prendere nota che non si è mai stati cattolici.
·    Se non si conosce la parrocchia, la prima strada è quella di fare una ricerca sul portale parrocchie.it: qualora vi fossero dubbi tra più parrocchie si può provare a chiedere un aiuto a soslaicita@uaar.it.
·      Qualora l’esito fosse infruttuoso bisogna inviare una richiesta al parroco dove è stata impartita la prima comunione (a partire dal 1984) o la cresima, chiedendogli di provvedere all’annotazione della richiesta sui documenti che attestano la somministrazione di questi sacramenti.
·      In alternativa, se ci si è sposati con il rito concordatario, si può anche inviare una richiesta alla parrocchia delle nozze, chiedendo di conoscere la parrocchia di battesimo.
·    Sbattezzarsi si concretizza nel giro di quindici giorni, termine di legge (anche se talvolta vanno oltre) entro cui le parrocchie sono tenute a rispondere con una lettera con cui confermano di aver annotato sull’atto di battesimo e/o sul registro dei battezzati quanto richiesto dallo ‘sbattezzando’. In mancanza di risposta da parte della parrocchia è possibile presentare ricorso al Garante per la protezione dei dati personali. Tutti i ricorsi presentati finora si sono conclusi con esito positivo.


giovedì 3 ottobre 2019

Gesù? E’ dimostrato che non è mai esistito. La sua vita s'ispira a quella del rivoltoso Giovanni di Gamala

Luigi Cascioli
«La Storia ha insegnato quanto ci abbia giovato quella favola su Cristo» (Historia docuit quantum nos iuvasse illa de Christo fabula), scriveva Leone X dei Medici, papa dal 1513 al 1521, in una lettera al Cardinale Bembo, grande umanista. Una frase drammaticamente cinica e rivelatrice, ma ben fondata a quanto risulta dagli studi (Arch. Vaticani, Corr. Leone X, vol. 3°, scaff. 41). E non basta: almeno altri due Papi, uno dei quali grandissimo, andarono molto oltre.
Il Vangelo insegna più menzogne che verità, era solito dire, due secoli prima, papa Bonifacio VIII (1235-1303): il parto di una vergine è assurdo; l’incarnazione del figlio di Dio è ridicola; il dogma della transustanziazione è una pazzia.
Le quantità di denaro che la favola di Cristo ha apportato ai preti è incalcolabile (afferma lo storico Giovanni Villani nella sua famosa "Cronaca" scritta durante il Giubileo a Roma nel 1300).
Ed ecco che cosa scriveva l’ambasciatore spagnolo in Vaticano, Mendoza, su Paolo III, papa dal 1534 al 1549: «Spingeva la sua irriverenza [il Pontefice] fino al punto di affermare che Cristo non era altri che il sole, adorato dalla setta Mitraica, e Giove Ammone rappresentato nel paganesimo sotto la forma di montone e di agnello. Spiegava le allegorie della sua incarnazione e della sua resurrezione mettendo in parallelo Cristo e Mitra. Diceva ancora che l'adorazione dei Magi non era altro che la cerimonia nella quale i preti di Zaratustra offrivano al loro dio oro, incenso e mirra, le tre cose attribuite all'astro della luce. Egli sosteneva che la costellazione della Vergine, o meglio ancora d'Iside, che corrisponde al solstizio in cui avvenne la nascita di Mitra, erano state prese come allegorie per determinare la nascita di Cristo, per cui Mitra e Gesù erano lo stesso dio. Egli osava dire che non esiste nessun documento valido per dimostrare l'esistenza di Cristo, e che, per lui, la sua convinzione era che non è mai esistito».
Che cosa c’è dietro queste gravissime, quasi incredibili, ammissioni fatte in segreto da due altissimi esponenti della Chiesa, probabilmente risapute e date per scontate da secoli tra gli altissimi “addetti ai lavori” del Cristianesimo e del Cattolicesimo in particolare, ma sempre nascoste al popolo credulone, dell’assoluta mancanza di prove storiche della reale esistenza in vita di Gesù?
Ebbene, un “cristologo”(1) davvero fuori del comune si era messo in testa di capire e di analizzare le Sacre Scritture solo in base alla logica, alla ragione, all'intelligenza. Aveva studiato per decenni sulla scorta di tutti i documenti possibili e di una stringente razionalità quanto fosse vera quella cinica frase papale. E scoprì un vaso di Pandora: manomissioni di testi, sostituzioni di personaggi storici, pure e semplici invenzioni, e ogni altro genere di imbrogli che stanno dietro alla “creazione” del personaggio storico “Gesù di Nazareth”.
Quest’uomo era Luigi Cascioli (nato a Bagnoregio, 1934), bella figura di uomo onesto, indipendente, idealista, laico, coltissimo, originale libero pensatore e anticlericale, scomparso a Roccalvecce di Viterbo nel 2010, all’età di 76 anni. 
L'avvincente saggio di Cascioli, “La favola di Cristo”, è un bel dono che l'erudito viterbese ci lascia in eredità (e da questo abbiamo tratto le sconcertanti testimonianze dei due Papi sopra riportate), l’unico che dimostra effettivamente, con centinaia di documenti, compresi i manoscritti di Kimberth Qumran o "del Mar Morto" (1947), che tale personaggio semplicemente non è mai esistito, non tanto come nome, perché il nome Joshua era comunissimo, ma "quel Joshua", cioè come insieme costruito a posteriori di brandelli di episodi "storici" e d'una intera impalcatura fantasiosa di attribuzioni spirituali o addirittura "divine".
Si dimostra anche che il famoso passaggio su Gesù dello storico ebreo Giuseppe Flavio fu chiaramente interpolato (infatti, è in evidente contrasto con altri passi) dai Cristiani successivamente, come anche gli Atti degli Apostoli, quando ormai i Cristiani erano il potere assoluto ed erano regolarmente dediti alla censura, alla mistificazione e alla falsificazione delle fonti.
Del resto, perfino due Papi lo hanno ammesso in conversazioni private o lettere ad amici.
«Molti studiosi - scriveva Voltaire - si mostrano sorpresi per il fatto di non trovare nello storico Giuseppe Flavio alcun cenno di Gesù Cristo; tutti gli specialisti infatti sono d’accordo oggi che il breve passaggio in cui se ne fa cenno nella sua Storia è interpolato. Eppure il padre di Giuseppe Flavio avrebbe dovuto essere uno dei testimoni di tutti i miracoli di Gesù. Giuseppe era di schiatta sacerdotale, parente della regina Marianna, moglie d’Erode… Flavio si diffonde in particolare sulle azioni di questo principe Erode, tuttavia non dice una parola né della vita né della morte di Gesù; questo storico che non nasconde alcuna delle crudeltà d’Erode, non parla affatto del massacro di tutti i fanciulli, da lui ordinato, quando apprese che era nato un re dei giudei… Non parla affatto della nuova stella che sarebbe comparsa in Oriente dopo la nascita del Salvatore; fenomeno meraviglioso, che non sarebbe dovuto sfuggire a uno storico così illuminato com’era Giuseppe. Non una parola, inoltre, sulle tenebre che avrebbero coperto tutta la terra in pieno mezzogiorno e per tre ore alla morte del Salvatore; sulla gran quantità di tombe che si sarebbero scoperchiate in quell’istante e sui giusti che sarebbero risuscitati» (Voltaire, Dizionario Filosofico, pp.664-665).
Insomma, gli studi condotti in modo critico e neutrale portano inevitabilmente a ritenere che a questo fittizio personaggio sia stato dato il nome di Gesù, insieme a tutta una serie di "eventi memorabili" creati per l'occasione, attingendo alle più diverse leggende e biografie, solo nel II secolo "dopo Cristo" dai Padri di una Chiesa ormai dominante che non aveva più motivo per essere insieme rivoluzionaria e spiritualista, ma aveva bisogno di un mito più “terreno”, di un personaggio in carne ed ossa da dare in pasto ai fedeli, e anche d’un eroe “buonista” e non-violento da venerare.
Secondo la stringente critica filologica, semantica e storica di Cascioli (che inizia dall’origine, cioè dalla Bibbia, di cui dimostra l’assoluta infondatezza) si dovette, perciò, creare dal nulla un “Dio in Terra”, confezionando su misura una nascita miracolosa, troppo simile a quelle di tanti altri Dei quasi-uomini dell'epoca – efficace pendant al “Dio nel cielo” che ormai aveva avuto successo. Pare infatti che prima di questa “creazione” biografica, Gesù fosse stato proposto come “disceso dal cielo all’età di 30 anni”. I sapienti cristiani provvidero, perciò a creare dal nulla, ma anche ad adattare, interpolare e falsificare documenti preesistenti.
Nell’affascinante e rigorosa ricostruzione di Luigi Cascioli si scopre così che la figura del Gesù (Jeshua o Joshua) “inventato” a posteriori, insieme coi Vangeli (questi ultimi ricavati dai materiali più diversi e rimaneggiati più volte), molti decenni dopo la data stabilita per la sua nascita (poi, guarda caso, fatta coincidere per assicurarsi il successo popolare con le festività dei Saturnalia e del Sole Invitto alla fine di dicembre, come il dio Mitra e tanti altri) coincide in modo impressionante con quella di un certo Giovanni di Gamala (villaggio della regione del Golan), figlio di Giuda il Galileo e nipote del rabbino Ezechia, a sua volta discendente della stirpe degli Asmonei fondata da Simone, figlio di Mattia il Maccabeo.
      Quello che scandalizza fin dall’inizio è la mistificazione e l'uso cinico dei nomi che ha fatto la Chiesa nascente. Il presunto Gesù non è un Nazareno nel senso di abitante di Nazareth (villaggio a quei tempi non esistente), come vorrebbe la Chiesa e come tutti oggi intendono, ma di un “
nazireo” o nazoreo, nel significato proprio del termine nazir, un consacrato fanatico, un monaco radicale ebreo, uno zelota (appartenente alla setta estremista degli Esseni). Dunque, un settario non certo non-violento. I discepoli cercarono in seguito di far derivare l’appellativo da Nazareth – è l'accusa – per confondere le acque. Nei Vangeli si dice che Nazareth è in cima a un monte e vicina al Lago di Tiberiade, ma la vera Nazareth è in collina e dista quaranta chilometri dal lago. Possibile che tanti Padri della Chiesa, tanti intellettuali cristiani, non se ne siano accorti? La città di Gamala, invece, corrisponde perfettamente alla descrizione evangelica, stranamente sfuggita alla censura lessicale e alla omologazione dei Vangeli ufficiali.
Dunque questo capo-banda carismatico, insieme capo militare, politico e religioso, Giovanni di Gamala, alias Jeshua il nazireo, alias Gesù di Nazareth – secondo la stringente ricostruzione di Cascioli – era un fanatico rivoluzionario degli Zeloti, vicini agli Esseni (quelli dei rotoli di Qumram), setta minoritaria di rivoluzionari ebrei armati che si opponevano al governo di Roma con ogni mezzo, compivano atti di terrore uccidendo senza pietà anche donne e bambini. Oggi li definiremmo fanatici religiosi terroristi. E infatti erano banditi per i Romani, che in fatto di religione erano molto tolleranti e liberali, e mai avrebbero crocifisso qualcuno per le sue credenze religiose; ma reprimevano duramente rivolte e atti di violenza. I cosiddetti apostoli o discepoli di Gesù erano in realtà i capi banda di tale movimento politico-militare. 
Lo scopo era evidentemente quello di cacciare i Romani e di instaurare un Regno di Israele con a capo un re del partito zelota, cioè il Giovanni di Gamala-Gesù. Gli ebrei Esseni (che in massa aderirono al cristianesimo) attendevano non uno ma due Messia, il secondo dei quali doveva essere un politico, un capo militare che avrebbe dovuto sconfiggere i Romani e instaurare l’ordine a Gerusalemme. Così affibbiarono a un personaggio realmente esistente, il brigatista Giovanni-Gesù, il ruolo di Messia politico, come ricostruisce oggi lo studioso ebreo Giovanni Della Teva in una bella pagina.
Il Gesù artefatto dei Vangeli, quindi, non per ironia o irrisione, era definito dai soldati romani nella famosa targhetta sulla croce (INRI) “Rex Judeorum”. In realtà, più correttamente, era stato accusato dai Romani proprio di voler fare il re degli Giudei, come aveva tentato suo padre, Giuda il Galileo. Fu così immediatamente crocifisso, con i suoi accoliti armati, che verranno catturati e uccisi negli anni successivi, come riporta lo storico Giuseppe Flavio.
Nonostante le censure di un passato rivoluzionario e armato così imbarazzante, altre tracce eloquenti sono restate per errore nei Vangeli. Come l’episodio dei “discepoli” armati di spade all’Orto dei Getsemani, così non-violenti che uno di loro taglia di netto un orecchio ad un soldato. Questi fanatici della setta estremista, naturalmente, erano duramente osteggiati anche dagli Ebrei. Praticavano il battesimo (Giovanni Battista), la comunione dei beni e vivevano secondo riti monastici sotto la guida dei Nazir o Nazirei o Nazareni. Siamo nel periodo delle Guerre Giudaiche.
D’altra parte, tutto torna storicamente: il padre di Giovanni da Gamala-Gesù era Giuda il Galileo, personaggio realmente esistito citato dallo storico ebreo Giuseppe Flavio, fondatore del movimento ribellistico zelota, ucciso durante una rivolta antiromana. E Giovanni-Gesù aveva, guarda caso, tre fratelli chiamati Giacomo, Simone e Kefas (ossia Pietro), come i principali apostoli. Giovanni di Gamala costituì con essi una banda armata in rivolta contro l'occupazione romana. Gli apostoli sarebbero stati in realtà dei guerriglieri, accoliti del movimento zelota e chiamati banda dei Boanerghes. Come se non bastasse, Giuda Iscariota deriverebbe il suo appellativo da sicario, mentre Simone zelota denuncerebbe l'appartenenza alla setta zelota. I soldati Romani davano loro la caccia, ma quelli affrontavano con gioia il patibolo o la croce nella certezza di avere come ricompensa dopo la morte una vita eterna di beatitudine, un po' come oggi i terroristi dell’Islam. Finché quel Giovanni-Gesù fu catturato nell'orto del Getsemani e crocifisso.
Lo storico ebreo Giuseppe Flavio ci ha dato nella “Guerra giudaica” una preziosa informazione sull’esistenza di un rivoluzionario carismatico la cui figura si attaglia perfettamente a quella di Gesù. Peccato che questo personaggio non fosse Gesù. E due vicende simili in così poco spazio di tempo sarebbero impossibili. Dunque, per Giuseppe Flavio si trattava d’un «falso profeta egiziano. Arrivò infatti nel paese un ciarlatano che, guadagnatasi la fama di profeta, raccolse una turba di circa trentamila individui che s’erano lasciati abbindolare da lui, li guidò dal deserto al monte detto degli ulivi e di lì si preparava a piombare in forze su Gerusalemme, a battere la guarnigione romana e a farsi signore del popolo con l’aiuto dei suoi seguaci in armi. Felice prevenne il suo attacco affrontandolo con i soldati romani, e tutto il popolo collaborò alla difesa, sì che, avvenuto lo scontro, l’egizio riuscì a scampare con alcuni pochi, la maggior parte dei suoi seguaci furono catturati o uccisi mentre tutti gli altri si dispersero rintanandosi ognuno nel suo paese» (II, 13, 5).
Molte rivolte e azioni violente i primi Cristiani le organizzarono anche a Roma, dove a detta degli storici romani erano considerati come terroristi e banditi rivoluzionari. Però, come capita a tutti i rivoluzionari, decenni dopo, una volta al potere, furono gli stessi capi della Chiesa che cancellarono ogni riferimento alle imbarazzanti origini rivoluzionarie e violente del loro movimento.
"Dopo le prove fornite dalla Favola di Cristo sulla non esistenza di Gesù, come si può ancora credere che i racconti riportati sui Vangeli, pieni di contraddizioni e grossolanità, siano la biografia di un personaggio storico? Seguendo una fede cieca molti cristiani preferiscono mettere l'accento sul simbolismo contenuto nei testi (e forse lo stesso papa Leone X sopra citato era tra questi).
Quindi, in teoria è possibilissimo – deduciamo noi – che siano esistiti addirittura papi e cardinali che sapevano della non esistenza storica di Gesù, ma hanno taciuto o per paura dello scandalo indicile (e del rischio di essere deposti come pazzi), o rifugiandosi del carattere analogico, simbolico delle Sacre Scritture. Come per le “verità scientifiche” dell’Antico Testamento (la Bibbia). Ma se tutto è simbolico – conclude Johannès Robyn, presidente dell'Unione degli Atei di Francia – che cosa resta del personaggio?" Di un personaggio-Dio, aggiungiamo, dal cui nome deriva la parola e la fortuna del Cristianesimo.
La Chiesa cattolica, in risposta, appare molto meno scandalizzata di quanto noi laici potremmo immaginare. Un tempo avrebbe mandato a morte l’incredulo. Oggi semplicemente obietta con sospetto understatement realista di fronte alla assenza totale di notizie sul personaggio Gesù, che “neanche su Giovanni di Gamala, ci sono sicure fonti storiche”, e che quindi contrapposta alla "favola di Cristo" c'è solo la "favola di Cascioli".
In quanto al libro “La favola di Cristo”, si può aggiungere che è molto avvincente, strutturato come un "giallo" storico "scientifico", e si rivela una miniera di impressionanti notizie concatenate tra loro. Impossibile non proseguirne la lettura, una volta che lo si è iniziato a leggere. Un vero puzzle nel quale i vari tasselli vanno a incastrarsi in modo apparentemente perfetto. Se ne consiglia la lettura. Può essere acquistato presso la famiglia dell’autore, alla quale deve andare tutta la nostra fattiva riconoscenza per la collaborazione offerta ai tanti appassionati e anche in memoria del congiunto studioso.
Complemento efficace al lavoro di Cascioli è la minuziosa e filologica  ricostruzione storica di Marco Guido Corsini, secondo il quale sarebbe fondata l'origine egiziana del capopopolo sedicente Messia. Il suo sito offre per certi punti una ricostruzione di Gesù come rivoluzionario ebreo “egiziano”. Gli indizi e le concordanze coi documenti storici sono affascinanti, così come inquietanti i tentativi della prima Chiesa di cancellarli, a partire dai Vangeli.
Il giorno dopo la 
scomparsa di Luigi Cascioli, la cui opera di ricostruzione della verità storica e di de-costruzione del mito truffaldino del presunto personaggio “Gesù di Nazareth assunto in Cielo come Dio" è ricordata anche su Wikipedia. Riteniamo che questo ricordo possa essere l’omaggio più giusto a lui dovuto. Fu un grande uomo. Grazie alla sua tenacia, al rigore razionale, e all’erudizione di questo studioso coraggioso, profondo conoscitore dei testi dei Vangeli e della Bibbia, che proprio lui ha dimostrato essere stata scritta in tempi molto più recenti di quanto racconta la leggenda.
A lui va il nostro ricordo e la nostra ammirazione.
Naturalmente, molti altri ricercatori sono giunti alle medesime conclusioni. Molto ben documentato, strutturato come una tesi universitaria e ben scritto il saggio "Gesù Cristo non è mai esistito", scritto da Emilio Bossi nel 1976, riprodotto su internet. 
Lo storico americano Michael Paulkovich si dice coinvinto che il personaggio Gesù non è mai esistito, non essendo stato in grado di trovare alcuna menzione verificabile di Cristo analizzando i testi storici di ben 126 scrittori vissuti al tempo di Gesù, dal I al III secolo.
Anche lo scrittore ateista californiano David Fitzgerald afferma in un suo libro che non c’è alcuna evidenza dell’esistenza reale di Gesù. Invece, deve essersi trattato di un’allegoria creata combinando antiche storie e rituali ebraici e di sette rivali.

(1) Cristologo vuol dire studioso specializzato in "cristologia", una branca della teologia cristiana incentrata sugli studi attorno alla figura storica e simbolica di Gesù.

Sui rapporti tra Maria di Magdala e Giovanni, il capo-banda zelota (oggi diremmo fondamentalista e rivoluzionario ebreo, seguace della più stretta legge mosaica) su cui la Chiesa modellò secoli dopo la vita del personaggio inventato Jeoshua, alias Gesù, Salon Voltaire ha ospitato un interessante articolo di Luigi Cascioli. 

Ora la parola a un amico di Cascioli, l’intellettuale olandese Joan Peter Boom, scomparso a Bagnaia nel 2011.

Appendice

IN MEMORIA DI LUIGI CASCIOLI
di Peter Boom
Luigi Cascioli, nato il 16 febbraio 1934 a Bagnoregio (VT) è deceduto il 15 marzo 2010, nella sua casa di Roccalvecce (VT).
Con lui abbiamo perso un appassionato ed erudito storico, specializzato soprattutto nel primo periodo cristiano.
Aveva scritto e pubblicato tre libri "La favola di Cristo" (inconfutabile dimostrazione della non esistenza di Gesù), "La morte di Cristo" e "La statua nel viale", dei quali sono stati stampati versioni in diverse lingue.
Attraverso approfonditi studi aveva dimostrato che Cristo non era mai esistito ed aveva a proposito denunciato la Chiesa Cattolica, nella persona di Don Enrico Righi, parroco-rettore della ex Diocesi di Bagnoregio per abuso della credulità popolare (Art. 661 C.P.) e per sostituzione di persona (Art. 494 C.P.)
Ateo convinto, Luigi Cascioli aveva voluto attaccare il cristianesimo con questa denuncia contro la Chiesa Cattolica, sostenitrice di un'impostura costruita su falsi documenti, quali la Bibbia ed i Vangeli, che aveva imposto con la violenza dell'inquisizione e con il plagio ottenuto con l'esorcismo, il satanismo ed altre superstizioni.
Ultimamente Luigi Cascioli stava preparando un nuovo libro riguardante Fatima, da lui denominato altro grande imbroglio superstizioso-finanziario.
Luigi Cascioli, un uomo coraggioso, fino all'ultimo sulla breccia per divulgare le sue idee, le sue tesi storiche, delle quali si parlerà ancora a lungo.
Il Libero Pensiero vola ben oltre la morte terrena e questa consapevolezza ci dà la forza di esporre sempre con grande apertura mentale e la massima onestà le nostre idee.
Non abbiamo dogmi e sappiamo tutti di poter sbagliare, ma siamo ben convinti che non si possa imbrigliare il nostro pensiero. Di questo fu grande testimone il filosofo Giordano Bruno, immolato, dopo atroci torture, sul rogo dall'Inquisizione cattolica. Oggi il rogo o la pena di morte, almeno nei paesi di civiltà occidentale non esiste quasi più, ma altri metodi perniciosi per bloccare il Libero Pensiero persistono, bloccando l'informazione su certe idee, frutto di lunghi studi, come quella di Luigi Cascioli sulla non esistenza di Gesù.

Foto e testo dal Blog Salon Voltaire