sabato 28 settembre 2019

ANALFABETISMO FUNZIONALE: IL CAPITALISMO MASCHERATO DA PROGRESSO E IL CONSUMISMO SFRENATO PROMUOVONO LA NON CULTURA

Per millenni, il concetto di analfabetismo ha avuto un significato più o meno identico. 
In passato e fino a poco meno di un ventennio fa, si considerava analfabeta chi non sapeva leggere e scrivere e poneva una croce quale firma su un documento. Ve la ricordate Sofia Loren in "Matrimonio all'italiana", versione in pellicola della commedia di Eduardo De Filippo "Filumena Marturano"? Avete presente la scena di quando Filumena appone sul documento propostole dall'avvocato la sua firma gigantesca? Eppure, a quell'epoca, Filumena Marturano era considerata una persona alfabetizzata: bene o male leggeva e scriveva. 
Saper leggere e scrivere era il fondamento culturale da possedere per poter accedere ad un posto di lavoro che presupponeva la lettura o la scrittura di documenti e, infatti, la scuola dell'obbligo finiva con la licenza elementare. La licenza media, fino ad un tempo poco lontano dai giorni nostri, era un pezzo di carta che consentiva di occupare ruoli che rappresentavano un certo status symbol. Per esempio si poteva aspirare alla carriera di sottufficiale nell'esercito o si poteva diventare impiegati in qualche ufficio, con tanto di stanza o, quantomeno, di scrivania propria. Insomma, contare un pochino! 
Successivamente, con l'inizio delle conquiste tecnologiche e intellettuali, non poteva bastare più quello che riusciva a trasmettere la scuola elementare, per cui si legiferò che la scuola dell'obbligo doveva finire con la licenza media. 
Tra gli status symbol, il posto che, sino a quel momento, era stato occupato da quel "pezzo di carta" denominato Licenza Media, veniva assegnato di fatto al Diploma Superiore o Maturità, con cui si poteva aspirare a posti di lavoro di tutto rispetto, nonché alla carriera di Ufficiale in qualche Arma dell'esercito. 
Sin qui, la situazione è stata sempre, più o meno, sotto controllo: il livello di alfabetizzazione risultava, bene o male, adeguato all'epoca in cui si viveva. Il progresso e, conseguentemente, il fenomeno consumista viaggiavano a ritmo serrato, ma non vertiginoso: erano seguibili. 
Il livello di alfabetizzazione del lavoratore risultava adeguato al ruolo svolto sino alla pensione. 
Improvvisamente, il cambiamento!
L'avvento dell'éra virtuale e del digitale, nonché di quello della velocizzazione delle telecomunicazioni con l'utilizzo dell'etere, hanno causato un cambiamento repentino nei consumi, ormai sfrenati e, quindi, nel concetto di alfabetizzazione, creando, di conseguenza, una folta schiera di "analfabeti funzionali", con tanto di "pezzo di carta", laurea o diploma che sia, ma "incapaci di leggere e scrivere" nell'accezione moderna del termine. 
E' quanto mai inutile innalzare la scuola dell'obbligo alla Maturità: non si risolve in questo modo il problema funzionale, che va risolto insegnando a "leggere" e "scrivere" in un modo adeguato all'epoca in cui si vive. 
E' inutile spendere un capitale per comprare ai figli il famigerato pezzo di carta negli ormai più che numerosi e obsoleti "diplomifici" o "laureefici". Nella società, essi rimarranno comunque e sempre dei pericolosissimi analfabeti funzionali e continueranno a non saper "leggere" e "scrivere". 
L'analfabetismo è un danno per la società, per tutta la società. Anche, sia pure col tempo, per quella parte di essa a cui fa comodo una situazione culturale somarizzata idonea a trarre profitto dal consumismo che si è artatamente plasmato. 
Mantenere se stessi in una condizione di analfabetismo funzionale è peggio che darsi all'alcool o alle droghe pesanti. La pigrizia, la poca voglia di lavorare, i guadagni facili e, quindi, discutibili dal punto di vista dell'etica, il non leggere per "sapere" o, semplicemente, per informarsi o per il proprio diletto, la mancanza di "voglia di pensare", la non partecipazione alla vita sociale sono la conseguenza di questa moderna forma di analfabetismo che ha come sue caratteristiche primarie l'egoismo, l'individualismo, l'arroganza e la presunzione. Sono appunto queste le quattro forme principali dietro cui si nascondono gli analfabeti funzionali. Sono inoltre queste le forme principali che apportano arretratezza intellettuale e abbassamento della media sociale del Q.I. 
Attenzione: analfabeta funzionale può essere chiunque e può occupare qualsiasi ruolo, operaio, impiegato, dirigente, cattedratico, avvocato o medico che sia. Da questo è facile immaginare i danni che può subire il contesto sociale dalla massa enorme dei somarizzati. Questi individui sono il male del secolo, più del cancro e dell'AIDS. Danneggiano tutti. Votano un candidato politico soltanto perché ha la faccia simpatica o perché è "fico" e non perché ne condividono il programma, che nemmeno vanno a consultare. Inquinano. Si lasciano trascinare con molta facilità in situazioni, a dir poco, socialmente rischiose. Non hanno il senso del valore del denaro. Non hanno cultura adeguata all'epoca ed alla società in cui vivono. Si mascherano e interpretano il personaggio che si sono costruiti, propinandolo ad altri "analfabeti funzionali", che li seguono e gli credono. Non sanno "leggere" e "scrivere", né si sforzano d'imparare: per leggere e scrivere bisogna avere una cultura sociale adeguata, accompagnata da forte spirito di sacrificio e capacità di rinuncia.
Un telefonino si compra per telefonare, cioè comunicare, non perché è "fico", ha 100 suonerie e consente d'inviare messaggi con faccine, foto e grafici. 
L'analfabetismo funzionale ci sta trasformando in una società fondata sul precariato, in una società apparente, individualista, infelice, violenta, incapace di comunicare, di capire, fortemente depressa, perché inconsciamente consapevole del proprio status, ma contestualmente talmente pigra da preferire la via più facile della depressione a quella del cavallo che corre per vincere, superando tutti gli ostacoli che si frappongono tra lui ed il vessillo della vittoria sociale. 
Nelle nazioni cosiddette "stataliste", le repubbliche popolari (ormai ne sono rimaste poche: i "contingenti di pace" le hanno invase tutte per portare la "democrazia" del consumismo capitalistico), il problema dell'analfabetismo funzionale è ben conosciuto e viene affrontato in modo pratico con il controllo dello stato sullo sviluppo, il quale viene diffuso in modo graduale per far sì che la popolazione ne assorba il positivo il più possibile, alfabetizzandosi nei tempi logici. 
E' ovvio che per raggiungere questo scopo occorre imporre dei divieti per evitare i rischi di corruzione del processo: per esempio si vieta la pubblicità di prodotti stranieri eccessivamente votati al consumismo. 
La vera fase attiva dello sviluppo economico è quella del consumerismo, cioè della creazione del bisogno di prodotti o beni che prima non esistevano o non si ritenevano indispensabili. Tutto sommato, il consumerismo non è da guardare da un punto di vista completamente negativo: esso apporta sano progresso e migliora la qualità della vita, il livello culturale, aguzza l'ingegno e, quindi, l'intelligenza. Nascono nuove imprese, nuova occupazione e ricchezza. Qualche esempio: alla fine degli anni '50, il desiderio popolare era comprare la Cinquecento o, al massimo, la Seicento. Spartane, senza fronzoli: con una carrozzeria, dei sedili, un volante, un motore, veniva soddisfatto il desiderio collettivo di motorizzarsi per spostarsi autonomamente. 
E la carta igienica? Prima degli anni '50 era un prodotto da ricchi: si trovava negli alberghi a quattro o cinque stelle. Nelle case e nelle latrine pubbliche si usavano i fogli di un vecchio quotidiano tagliati a quadratini. E i pannolini per i bimbi? Per arrivare alla diffusione popolare di quelli "a perdere" dobbiamo addirittura arrivare alla fine degli anni '70. 
Ecco, questo è, in parole povere, il consumerismo: l'abituarsi al consumo costante di un prodotto utile, tanto da non poterne più fare a meno, indipendentemente dalla marca, in parole povere no brand. E' soltanto il bene in se stesso l'oggetto del desiderio o della soddisfazione del bisogno. 
Quando, invece, non ci si accontenta più della spartana Cinquecento degli anni '50, ma si comincia a desiderare (e a comprare) una vettura di grossa cilindrata (perché è bella), vernice metallizzata, climatizzatore, insomma full optional, oggetto di uno status symbol ormai della massa dedita solamente all'apparire, oppure la carta igienica pretendendo però che sia Scottex, oppure i pannolini, ma Lines, irruentemente entriamo nel pericoloso fenomeno consumistico sfrenato, diventiamo schiavi di una dittatura molto pericolosa che spegne la nostra vera natura, la nostra personalità, la nostra essenza. Ci ammaliamo di una malattia che non ci fa rendere conto di essere ammalati. Diventiamo frenetici, ma inconcludenti. Abbiamo sempre da fare, ma realmente non facciamo niente. Smettiamo di essere noi stessi, iniziando ad interpretare personaggi che col tempo ci convinciamo di essere, ma che non siamo. Perdiamo il gusto di pensare, la voglia di apprendere. Non leggiamo, oppure, se leggiamo, non capiamo. 
Quello che noi interpretiamo come progresso corre esageratamente troppo, non riusciamo a seguirlo, a capirlo. Ci spegniamo piano piano. Iniziamo a vegetare senza rendercene conto, facendo quello che tutti fanno, pensando di essere i soli a farlo, di avere un'esclusiva che non esiste. Perdiamo il dono della comunicazione. Si copia, non si produce. S'interpreta, non si vive. Fin quando non sopraggiunge la depressione, quando ci accorgiamo di non saper "leggere" e "scrivere" come si dovrebbe nella nostra epoca, cioè quando ci accorgiamo di essere analfabeti funzionali. 
Del resto, la definizione di consumismo che si utilizza negli ambienti del marketing è chiarissima: consumismo = tendenza, rafforzata dalla pubblicità e dalle moderne tecniche pubblicitarie, ad un uso accelerato di beni e servizi, proposti e assunti come simbolo di prestigio sociale e... di analfabetismo funzionale.
Nino Caliendo
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