mercoledì 22 luglio 2020

Addio Italia indipendente e quinta potenza mondiale: siamo stati venduti alla Germania e suoi accoliti


Solo un demente può scambiare per un mezzo successo la catastrofe italiana sigillata dall’ultimo vertice di Bruxelles: il Paese che fu di Mattei, Moro e Pertini torna a casa scondinzolando per aver “ottenuto” dai padroni d’Europa il permesso di spendere 200 miliardi di euro, ma solo se farà il bravo. Una parte di quei soldi, la fetta più grossa, li dovrà restituire: sono soltanto un prestito. L’altra parte è a fondo perduto, ma non certo gratis: per averla, il paese dovrà obbedire al padrone, rassegnandosi a tagliare il welfare e alzare (ancora) le tasse, altro che abbassarle.
Stiamo parlando di un Paese che, da tre decenni, è in avanzo primario: lo Stato spende, per i cittadini, meno di quanto i cittadini gli versino sotto forma di tasse.
Per inciso, il Paese in questione ha l’acqua alla gola, dopo i tre mesi di folle blocco imposto all’economia da un governo di spettri, sorretto da partiti terrorizzati dall’idea di affrontare le elezioni.
Secondo Bankitalia, si profila un autunno allucinante: una famiglia su tre non saprà più come arrivare a fine mese. Si temono rivolte, e per questo il governo-fantasma ha nel cassetto la proroga dello stato d’emergenza, per poter imporre un nuovo coprifuoco come quello, delirante e suicida, già inflitto nella primavera peggiore della storia repubblicana col pretesto di un allarme sanitario mostruosamente manipolato.
Dettaglio tragicomico, di fronte all’immane disastro che si annuncia, il tempo che una parte del pubblico ancora spreca attorno a quella pericolosa nullità politica chiamata Giuseppe Conte, piccolo passacarte allevato tra i palazzi vaticani e le italiche baronie universitarie, per poi essere sistemato – nel caso tornasse utile – nelle retrovie del movimento finto-giustizialista creato a colpi di “vaffa” dall’ex comico democristiano Beppe Grillo, presente (Bonino dixit) sul panfilo Britannia nel 1992 insieme a Mario Draghi e al gotha finanziario che puntava a spolpare il Balpaese, devastato dal ciclone (colpo di stato?) Tangentopoli.
Negli ultimi anni, l’Italia politica ha digerito comparse e prestanome al servizio di stranieri, rivoluzionari all’amatriciana e lacchè gallonati. Nomi pallidi, tutti, per politiche pallide: Veltroni e Renzi, Salvini, Letta e Gentiloni, fino agli inguardabili figuranti del grillismo di lotta e di poltrona.
L’unico segno di vita, nell’Obitorio Italia, s’era intravisto all’esordio dei gialloverdi, con due richieste: Paolo Savona all’economia e una timidissima espansione del deficit. Risultato: il “niet” dello Stato Profondo italo-europeo. Mesto ripiego, l’incresciosa insistenza sullo scandaloso business dei migranti, da cui lo sdegno “antirazzista” degli “antifascisti” (che dormivano, quando il neonazismo vero, finanziario – quello dei poteri forti – si sbranava il loro Paese).
Ed è proprio su un’Italia agonizzante e trasformata in farsa – il derby deprimente tra Salvini e le Sardine – che è stata sganciata la bomba nucleare, la palingenesi antropologica del coronavirus. Forse, gli apprendisti stregoni non erano così certi di riuscire a trasformare gli uomini in topi. Il risultato ha superato ogni aspettativa: ancora oggi, si vede gente circolare all’aperto con il volto travisato dalla museruola raccomandata dall’Oms e, quindi, dai suoi camerieri italiani travestiti da ministri. Se esistesse la macchina del tempo, sarebbe esilarante paracadutare in questa Italia personaggi del secolo scorso come Bettino Craxi, Giulio Andreotti, Enrico Berlinguer. Vivevano in un Paese dove esistevano ancora leader e statisti, partiti, sindacati, editori puri, giornalisti. Era un Paese vitale e invidiato, che arricchiva i cittadini stimolando l’economia col deficit, per creare servizi avanzati e realizzare infrastrutture strategiche. Aveva tare enormi: il divario Nord-Sud, l’elefantiaco para-Stato improduttivo, la mafia, un’elevatissima corruzione e il record europeo di lavoro nero ed evasione fiscale. Quell’Italia era, comunque, la quinta potenza industriale del pianeta. Un Paese rispettato, capace di stabilire relazioni speciali con gli arabi e con l’Urss, nonché di rivendicare la sua quota di sovranità in modo anche clamoroso, come a Sigonella.
Da trent’anni, l’Italia gira per l’Europa col cappello in mano (e il conto lo fa pagare innanzitutto agli italiani). Amato, Ciampi, Draghi, Prodi, Napolitano, Berlusconi, D’Alema, Letta: è lunghissimo l’elenco dei personaggi cedevoli, complici di poteri extra-nazionali o, comunque, proni allo stillicidio della spietata precarizzazione sapientemente imposta dal potere ordoliberista e mercantilista, spacciato per Unione Europea.
Un progetto pluridecennale, pianificato a tavolino a partire dal Memorandum Powell del lontano 1971, passando per il manifesto “La crisi della democrazia”, fino all’invenzione francese del tetto del 3% alla spesa pubblica e agli infernali trattati (Maastricht, Lisbona), che hanno segnato la condanna delle economie sud-europee, in primis quella italiana.
Colpo di grazia, il governo Monti e l’obbligo del pareggio di bilancio, che annulla – di fatto – il ruolo dello Stato, riducendolo a mero esattore e rendendo carta straccia la Costituzione antifascista del 1948.
Ora siamo alle comiche finali: quel che ancora resta in piedi, dell’Italia, verrà divorato a stretto giro (leggasi: piano Colao) per far fronte agli impegni-capestro che “Giuseppi” ha appena contratto coi soliti strozzini, intenzionati a “finire il lavoro” cominciato trent’anni fa a bordo del Britannia. Con la differenza che oggi l’Italia è allo stremo: avrebbe bisogno, subito, di centinaia di miliardi e, invece, vedrà solo briciole, col contagocce, a partire dal 2021. La catastrofe incombente, lungamente preparata con decenni di guerra sporca contro i diritti sociali, ora rischia di far collassare il Sistema Paese, grazie al disastro planetario della gestione terroristica del Covid, in cui l’Italia ha offerto la peggior performance in assoluto: in percentuale, abbiamo avuto più morti del Brasile e siamo l’unica nazione industriale europea messa in ginocchio dalla mancanza di aiuti governativi.
Col passare dei mesi, o forse soltanto delle settimane, sarà chiara a tutti la verità che i grandi media fingono di non conoscere e, cioè, che da questo orrore si può uscire soltanto stracciando i trattati europei, a partire da Maastricht, e gettando al macero anche la cartaccia appena firmata dall’infimo Giuseppe Conte.

Giorgio Cattaneo
(“Addio Italia, Conte prenota la fine del sistema-paese”,
dal blog del Movimento Roosevelt del 21 luglio 2020)

Testo e foto da Idee Libre

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