
Il grande dolore non viene nemmeno dal
potere, ma dal vicino di casa: pensa davvero che tu sia una specie di
squilibrato, un mitomane, un esibizionista presuntuoso, un originalone. Non
solo non approva il tuo ostinato diniego di fronte alle imposizioni sempre più
surreali e illogiche, soffocanti e dispotiche, ma prova nei tuoi confronti
anche una sorta di sordo risentimento, che potrebbe persino sfociare in
ostracismo aperto non appena il direttore d’orchestra dovesse alzare nuovamente
il volume della sirena d’allarme, facendo correre i topolini a rintanarsi,
pieni di paura per la loro sorte (e di veleno, verso chi rifiuta di
sottomettersi). C’è chi la chiama “speciazione”, che è il bivio evolutivo terminale
tra due umanità differenti, diverse nel sentire e nell’agire, che il Dominio
riesce a separare irrimediabilmente, rompendo tutti i ponti del dialogo e della
reciproca, amichevole comprensione. Altra tristezza: insieme alla Francia,
l’Italia è l’altro paese europeo che ha imboccato la strada della coercizione
violenta.
C’è da piangere, appena ci si mette ad
ascoltare medici indipendenti, scienziati e liberi ricercatori: non una, di
tutte le misure imposte a partire dalla primavera 2020, ha mai avuto il minimo
significato, in termini di contenimento di un problema sanitario. Tutto ha
avuto sempre un altro sapore: quello della vessazione, dell’arbitrio
autoritario, e con un’estetica sinistramente affine a quella dei totalitarismi
del Novecento. Tutto vi si è piegato: la burocrazia sanitaria, la medicina
ufficiale, la politica, l’industria, il sistema mediatico, il mondo culturale e quello dello
spettacolo. Pochissime le voci dissonanti, immediatamente bollate come eretiche
e colpite senza pietà: con l’irrisione, la censura, la denuncia e la
radiazione, l’esilio, l’esecrazione pubblica. Chi avrebbe mai potuto pensare,
seriamente, anche solo un paio d’anni fa, che i presunti non-dormienti
avrebbero dovuto far ricorso a parafrasi e sinonimi, sui celebrati social,
evitando le parole “Covid” e “vaccino” per non incorrere nell’immediata
ghigliottina del censore?
Di fronte a questo, è come se l’intera
categoria della politica – la politica democratica occidentale, larvatamente affacciatasi alla fine del
1700, poi cresciuta nell’800 e infine fiorita nel “secolo breve”, sia pure con
i drammatici contraccolpi delle dittature e delle guerre mondiali – fosse
giunta a uno stadio terminale, alla fine di un ciclo storico, riguardo alla sua
reale possibilità di riflettere l’umano, nella sua libera vita sociale. La
devastazione è antropologica: quando si corre a subire un inoculo di materiale
imprecisato, per obbedire a un ordine che si racconta impartito allo scopo di
prevenire un malanno curabilissimo in modo ordinario, forse siamo arrivati
oltre il civile e il consueto, oltre l’orizzonte conosciuto del ragionevole,
del plausibile. Se poi si accetta di subire un simile ricatto per andare in
pizzeria o in palestra, o allo stadio, la verità diventa esplosiva: un conto è
sottoporsi a un’angheria inquietante per salvare in modo drammatico il proprio
stipendio (all’ospedale, a scuola); un altro è apprestarsi anche a strisciare a
terra, se richiesto, solo per poter continuare a frequentare un bar, una
trattoria, con gli amici di sempre.
Il trionfo del Dominio sull’umanità
dormiente è totale, apocalittico: lo testimonia splendidamente la vile
improntitudine degli imbecilli, i mentalmente devastati, che arrivano ad
accusare i renitenti di avere “paura del vaccino”, mostrando così di detestare
la loro residua libertà. Gonfi di livore, indifferenti alle notizie
verificabili (e alle morti eccellenti, come quella di Giuseppe De Donno), i più
miseri utilizzano con disinvoltura quella parola nobile, nella storia della medicina, come se la pozione Covid fosse davvero un vaccino. Ma
soprattutto: dopo un anno e mezzo di eccellenti terapie domiciliari, i
poveretti preferiscono fingere di credere (o magari credere davvero,
sinceramente) all’obbligatoria necessità di una profilassi di massa,
assolutamente fondamentale, per arginare il terribile contagio di un ipotetico
virus (mai isolato in laboratorio) la cui letalità è stata definita quasi
irrisoria dai più eminenti epidemiologi del pianeta, rigorosamente messi fuori
dalla porta (come i luminari della Great Barrington Declaration, pionieri della
lotta contro una minaccia ben più temibile, l’Ebola).
E’ durata meno di 24 ore, sul web,
l’esposizione del filmato in cui il professor Stefano Scoglio (candidato nel
2018 al Nobel per la Medicina) spiegava come lo stesso virus Hiv fosse poco più
che immaginario frutto di un semplice “sequenziamento”, anziché di un
“isolamento” biologico vero e proprio. Scoglio era intervenuto alla
trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, dopo aver firmato un prezioso
contributo nell’esemplare libro-denuncia “Operazione Corona”, edito da Aurora
Boreale e curato da Nicola Bizzi e Matt Martini. In particolare, Martini –
chimico farmaceutico, esperto in modellazione cellulare – insiste sul punto:
persino gli Usa, attraverso il Cdc, hanno ammesso che
l’ipotetico virus responsabile della sindrome Covid (quella sì, reale) non è
mai stato isolato, in nessuna sede scientifica. Nonostante ciò, una parte
dell’informazione – di ogni specie: mainstream, “gatekeeper” e reporter in
buona fede – già sta raccontando del “virus manipolato”, sfuggito al
laboratorio di Wuhan o addirittura diffuso intenzionalmente dai perfidi cinesi,
con i loro complici occidentali.
Se poi l’inventore del test Pcr
raccomanda di non superare i 20-22 “cicli di amplificazione” del campione
biologico, e invece i sanitari sottopongono il tampone anche a 45 “amplificazioni”
(andando così a pescare tracce molecolari di virus antichi, residui di
influenze stagionali del passato, contrabbandati per Covid), ecco che la
“pandemia di asintomatici” supera di gran lunga la follia, entrando in quella
che alcuni configurano come una dittatura in piena regola. Una tirannide che
manipola la verità per suscitare allarme e imporre comportamenti normalmente
inaccettabili, puntando a revocare – per sempre – i diritti umani e le libertà
a cui la popolazione (occidentale) era abituata. Vero: davamo per scontati i
nostri lussuosi privilegi, frutto in realtà di una precisa “finestra” storica,
quella in cui si affermò – faticosamente e sanguinosamente – il tipo di regime
politico chiamato democrazia. Un sistema che
ovviamente non è il paradiso, ma è decisamente meno peggiore di qualsiasi altro
possibile regime.
 |
Dott. De Donno |
A cosa doveva servire, l’infarto
della democrazia? A pervenire infine
al Green New Deal, cioè il Grande Reset imposto in modo fraudolento con l’alibi
bugiardo dell’emergenza climatica, venduta anch’essa come dogma religioso da un
clan di scienziati reclutati dall’Onu e pagati a peso d’oro per fare
dichiarazioni a comando? Dove ci vorrebbero portare, i tagliatori seriali di
alberi che dal 2019 hanno raso al suolo i parchi pubblici italiani per impedire
alle fronde – come documentato dal governo britannico – di ostacolare la
trasmissione delle onde 5G, la cui innocuità non è ancora stata dimostrata?
Come tutti sanno, un semplice indizio non costituisce una prova; una somma di
indizi, invece, forse sì. Tutto punta verso l’essere umano, o meglio: il corpo
umano. Secondo alcuni teorici, siamo di fronte alla cosiddetta biopolitica:
archiviato il Giuramento di Ippocrate, dopo aver chiesto agli stessi medici di
abdicare alla loro missione, è il nostro organismo – corpo e mente – il vero
target della grande operazione in corso, che manifesta la sua intenzione di
violare l’integrità dell’habeas corpus, il più sacro dei diritti della persona.
Niente di nuovissimo, peraltro: la
nostra civiltà proviene da millenni di dispotismo brutale, nudo e crudo. E i
lampi migliori della gloriosa democrazia occidentale
novecentesca, di marca anglosassone, secondo il memoriale di Giacomo Rumor
(pubblicato dal figlio, Paolo Rumor, nel libro “L’altra Europa), provenivano
dal cosiddetto “contingente americano”, che l’esoterista e gollista francese
Maurice Schumann faceva discendere anch’esso dalla fantomatica Struttura che
reggerebbe il mondo ininterrottamente, indossando le maschere più svariate (imperi,
religioni) da qualcosa come 12.000 anni. Fantascienza? Fino a ieri, lo erano
anche gli Ufo: oggi invece li sdogana il Pentagono, ribattezzandoli Uap, mentre
il generale israeliano Haim Eshed parla di basi extraterresti e di alleanze
spaziali, tra umani e non, nell’ambito di una Federazione Galattica. E alcuni
illustri massoni, improvvisamente loquaci, parlano di storici accordi nel
dopoguerra tra la dirigenza degli Usa e imprecisate entità aliene, per la governance condivisa del pianeta.
Come sperare di raccontarlo, tutto
questo, ai poveri ipnotizzati che – in pieno agosto – vanno ancora in giro,
all’aperto, con quella ridicola pezzuola sul volto? Sono la prova vivente del pieno
successo del Dominio: aveva ragione, l’ipotetico grande regista, nel ritenere
che la gran parte dei sudditi avrebbe creduto proprio a tutto. Come dargli
torto, del resto? Siamo riusciti a credere che un solitario fanatico saudita
abbia potuto mettere in ginocchio gli Stati Uniti agendo da una grotta afghana,
fino a beffare le difese della superpotenza, grazie a un manipolo di pecorai e
talebani. Siamo riusciti a credere che due piccoli aerei di linea potessero
abbattere due mostri d’acciaio come le Torri Gemelle, per la cui eventuale
demolizione controllata era stato reputato (dal Comune di New York) che l’unica
soluzione potesse essere il ricorso a mini-atomiche, da collocare in appositi
vani predisposti nelle fondamenta. Abbiamo anche creduto che potesse essere
autentico, tra le macerie di Ground Zero, il ritrovamento “fortunoso” dei
passaporti dei misteriosi, feroci attentatori.
Aveva visto giusto Giulietto Chiesa: da
quel Rubicone non sarebbe stato facile, tornare indietro. Convalidando una
falsità così mostruosa, avremmo finito per credere a qualsiasi frottola. E
infatti: abbiamo steso il tappeto rosso al signor Mario Monti, venuto a
disastrare l’economia nazionale per
produrre crisi e afflizione sociale, dopo aver
creduto che il debito pubblico fosse davvero un dramma, e che la Bce fosse una
specie di forziere con capacità limitate, da cui la necessità di risparmiare –
in modo oculato e parsimonioso, “come un buon padre di famiglia” – il tesoretto
dell’euro-moneta, appannaggio di cosche finanziarie privatissime. In parallelo,
era sorta la prima contro-narrazione, in Italia splendidamente interpretata da
un lottatore come Paolo Barnard, vero pioniere in una trincea che poi si è
affollata di illustri compagni di strada, dal sociologo Luciano Gallino
all’eurocrate pentito Paolo Savona. E noi dov’eravamo? Al solito posto, davanti
al televisore: ipnotizzati dalla finta guerriglia tra pseudo-destra e
pseudo-sinistra; un film (comico) aperto dalla Berlusconimachia e proseguito,
in un crescendo irresistibile, fino all’epica disfida tra Savini e le Sardine.
E ora eccoci qui, dopo un anno e mezzo,
ancora a contare “casi” e “contagi”, dentro la narrazione del Grande Male che
falcia lo zero-virgola della popolazione mondiale e da noi minaccia gli
ottantenni, ma solo a patto che vengano abbandonati per giorni a marcire a
casa, da soli, senza cure, in modo che poi possano davvero arrivare
all’ospedale fuori tempo massimo, alle prese con problemi respiratori e la
compromissione funzionale di vari organi. Eccoci qui, a sputare in faccia a chi
non la pensa come noi: a chiamare “no-vax” i renitenti alla follia, a definire
“negazionisti” i poveretti che si ostinano inutilmente a pretendere
spiegazioni. Siamo maestri, nell’arte della manipolazione spicciola: arriviamo
tranquillamente a insultare i dissidenti e a deridere chi dà voce agli incubi,
chiamando “complottista” chi vede una cospirazione in atto.
Naturalmente ci sono i visionari, ma
difficilmente continuerebbero a esistere se dall’alto giungessero informazioni
precise, corrette e trasparenti. Dall’alto invece piovono solo bugie, insieme
alle minacce (ogni giorno più inquietanti); ma noi facciamo finta che i
“cospirazionisti” siano dei malati di mente, dei mentecatti in vena di
protagonismo, anche se – cent’anni fa – un personaggio come Rudolf Steiner, per
primo, aveva profetizzato l’avvento di “vaccini” specialissimi, in grado di
“separare il corpo dall’anima”, depotenziando l’emotività. Il chimico Corrado
Malanga la chiama “zombizzazione”, osservando il dilagare di persone ormai
inebetite dalla paura, rassegnate a non pensare più. Nella sua visione spiritualistica
di matrice steineriana, Fausto Carotenuto (già analista d’intelligence)
sostiene che l’attacco in corso sia frutto di apprensione: come se il Dominio
temesse un grande risveglio, e sapesse di avere le ore contate. Un altro
esponente della cultura alternativa italiana, l’alchimista Michele Giovagnoli,
preferisce sforzarsi di guardare al bicchiere mezzo pieno: un cittadino su tre
si sta letteralmente sottraendo alle grottesche imposizioni quotidiane.
Questo stesso blog, che ha ormai
esaurito la sua missione (fornire informazioni e analisi non facilmente
rintracciabili, dieci anni fa) ormai ha acquisito la piena consapevolezza della
fine di un ciclo, e la completa inutilità dell’insistere su determinati temi.
E’ vano indugiare nella narrazione politologica, visto che da un lato la
maggioranza resta sorda a ogni richiamo alla ragione, e dall’altro la minoranza
dispone finalmente di strumenti più adeguati per misurare la realtà. Tra le
convinzioni raggiunte, c’è anche la seguente: è perfettamente inutile
scommettere ancora sulle possibilità di redenzione della politica, nel momento in cui è irrimediabilmente mutata la stessa antropologia
della platea. Per contro, è proprio la brutalità della crescente coercizione ad
accelerare l’evoluzione dell’umanità trainante, che giustamente diffida di ogni
forma associativa convenzionale, partiti e movimenti, avendo compreso
l’essenziale valore della vicinanza tra esseri umani, non più mediata da alcuna
struttura, e la necessità di procedere nell’espressione virtualmente contagiosa
di onde benefiche, di narrazioni parallele orientate non al presente, ma al
futuro prossimo.
Il Novecento, severissimo maestro, ha
mostrato come può essere facile manipolare milioni di individui, fino a
scatenare le peggiori carneficine (mondiali) dell’era industriale. Ha anche
allevato schiere di avanguardisti coraggiosi, pronti a rischiare la propria
vita pur di resistere alla tirannia. Primo Levi, uno dei massimi scrittori
contemporanei, ha spiegato quanto sia sempre invisibile, all’inizio, il recinto
che viene silenziosamente steso, giorno per giorno, allo scopo di intrappolare
le vittime senza allarmarle. Finestra di Overton, o Teoria della Rana Bollita:
la differenza, rispetto a ieri, è che oggi il pentolone è planetario. E vorrà
pur dire qualcosa, nei giorni in cui i militari statunitensi pubblicano le
prove dei loro incontri ravvicinati con i simpatici Uap. E noi, qui, nel
frattempo che si fa? Ce ne stiamo quieti, in attesa dell’Alieno Buono che ci
verrà a salvare, come l’Extraterrestre della canzone di Finardi? Ci allineiamo
“in fila per tre”, come chiede il governo e come cantava Edoardo Bennato?
Continuiamo a credere a Babbo Natale, cioè al Telegiornale, o seguitiamo a
torturarci con le atrocità quotidiane che i medici-coraggio denunciano, da
ormai un anno?
Cari amici, viene da dire, io tolgo il
disturbo: qui non resto un attimo di più; perché mi sento soffocare, in questo
grappolo di narrazioni e contro-narrazioni. Quello è davvero il nocciolo della
questione: in base a decisioni prese chissà quando, qualcuno ha stabilito che –
dai primi mesi del 2020 – non si dovesse più parlare d’altro. Il mondo andava
semplicemente fermato, rintronato, ipnotizzato, piegato. Non tutto il mondo, in
realtà: l’Occidente. Paesi-continente come la Russia e India, per esempio, non
si sono lasciati sottomettere. Esiste sempre, una quota considerevole di
renitenti: anche se oggi può sembrare difficile accettarlo, la cosiddetta “fine
della storia” resta un mito, una suggestione
ideologica. Un caposaldo della strategia militare, in ogni tempo, è questo: mai
accettare di combattere una battaglia nelle modalità indicate dallo sfidante,
che ha scelto il giorno e il luogo. E’ un vantaggio che, per l’aggressore,
rappresenta un regalo clamoroso. La domanda di fondo, però, resta inevasa:
perché è capitato proprio a noi, oggi, di vivere l’incubo di una tempesta come
questa?
La grande amarezza non viene nemmeno dal
potere, ma è provocata dal vicino di casa: pensa davvero che tu sia una specie
di squilibrato, un mitomane, un esibizionista presuntuoso? Non solo non approva
il tuo ostinato diniego, di fronte alle imposizioni sempre più surreali e
illogiche, soffocanti e dispotiche, ma prova nei tuoi confronti anche una sorta
di sordo risentimento, che potrebbe persino sfociare in ostracismo aperto non
appena il direttore d’orchestra dovesse alzare nuovamente il volume della
sirena d’allarme, facendo correre i topolini a rintanarsi, pieni di paura per
la loro sorte (e di veleno, per chi rifiuta di sottomettersi). C’è chi la
chiama “speciazione”: è il bivio evolutivo tra due umanità differenti, diverse
nel sentire e nell’agire, che il Dominio riesce a separare irrimediabilmente,
rompendo tutti i ponti del dialogo e della reciproca, amichevole comprensione.
Ulteriore tristezza: insieme alla Francia, l’Italia è l’altro paese europeo che
ha imboccato la strada della coercizione violenta.
C’è da piangere, appena ci si mette ad
ascoltare medici indipendenti, scienziati e liberi ricercatori: non una, di
tutte le misure imposte a partire dalla primavera 2020, ha mai avuto il minimo
significato, in termini di contenimento di un problema sanitario. Tutto ha
avuto sempre un altro sapore: quello della vessazione, dell’arbitrio
autoritario, e con un’estetica sinistramente affine a quella dei totalitarismi
del Novecento. Tutto vi si è piegato: la burocrazia sanitaria, la medicina
ufficiale, la politica, l’industria, il sistema mediatico, il mondo culturale e quello dello
spettacolo. Pochissime le voci dissonanti, immediatamente bollate come eretiche
e colpite senza pietà: con l’irrisione, la censura, la denuncia e la
radiazione, l’esilio, l’esecrazione pubblica. Chi avrebbe mai potuto pensare,
seriamente, anche solo un paio d’anni fa, che i presunti non-dormienti
avrebbero dovuto fare ricorso a parafrasi e sinonimi, sui celebrati social,
evitando le parole “Covid” e “vaccino” per non incorrere nell’immediata
ghigliottina del censore?
Di fronte a questo, è come se l’intera
categoria della politica – la politica democratica occidentale, larvatamente affacciatasi alla fine del
1700, poi cresciuta nell’800 e infine fiorita nel “secolo breve”, sia pure con
i drammatici contraccolpi delle dittature e delle guerre mondiali – fosse
giunta a uno stadio terminale, alla fine di un ciclo storico, riguardo alla sua
reale possibilità di riflettere l’umano, nella sua libera vita sociale. La
devastazione è antropologica: quando si corre a subire un inoculo di materiale
imprecisato, per obbedire a un ordine che si racconta impartito allo scopo di
prevenire un malanno terrificante (ma in realtà curabilissimo in modo
ordinario, come sappiamo), forse siamo arrivati oltre il civile e il consueto,
oltre l’orizzonte conosciuto del ragionevole, del plausibile. Se poi si accetta
di subire un simile ricatto per andare in pizzeria o in palestra, o allo
stadio, la verità diventa esplosiva: un conto è sottoporsi a un’angheria
inquietante per salvare in modo drammatico il proprio stipendio (all’ospedale,
a scuola); un altro è apprestarsi anche a strisciare a terra, se richiesti,
solo per poter continuare a frequentare un bar, una trattoria, con gli amici di
sempre.
Il trionfo del Dominio sull’umanità
dormiente è totale, apocalittico: lo testimonia splendidamente la vile
improntitudine degli imbecilli, i mentalmente devastati, che arrivano ad
accusare i renitenti di avere “paura del vaccino”, mostrando così di detestare
la loro residua libertà. Gonfi di livore, indifferenti alle notizie
verificabili (e alle morti eccellenti, come quella di Giuseppe De Donno), i più
miseri utilizzano con disinvoltura quella parola nobile, nella storia della medicina, come se la pozione-Covid fosse davvero un vaccino. Ma
soprattutto: dopo un anno e mezzo di efficaci terapie domiciliari, i poveretti
preferiscono fingere di credere (o magari credere davvero, sinceramente)
all’obbligatoria necessità di una profilassi di massa, assolutamente
fondamentale, per arginare il terribile contagio di un ipotetico virus
(mai isolato in laboratorio) la cui letalità è stata definita quasi
irrisoria dai più eminenti epidemiologi del pianeta, rigorosamente messi fuori
dalla porta (come i luminari della Great Barrington Declaration, pionieri della
lotta contro una minaccia ben più temibile, l’Ebola).
E’ durata meno di 24 ore, sul web,
l’esposizione del filmato in cui il professor Stefano Scoglio (candidato nel
2018 al Nobel per la Medicina) spiegava come lo stesso virus Hiv fosse poco più
che immaginario, frutto di un semplice “sequenziamento”, anziché di un
“isolamento” biologico vero e proprio. Scoglio era intervenuto alla
trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, dopo aver firmato un prezioso
contributo nell’esemplare libro-denuncia “Operazione Corona”, edito da Aurora
Boreale e curato da Nicola Bizzi e Matt Martini. In particolare, Martini –
chimico farmaceutico, esperto in modellazione molecolare – insiste sul punto:
persino gli Usa, attraverso il Cdc, hanno ammesso che
l’ipotetico virus responsabile della sindrome Covid (quella sì, reale) non è
mai stato isolato, in nessuna sede scientifica. Nonostante ciò, una parte
dell’informazione – di ogni specie: mezzibusti del mainstream, “gatekeeper” e
reporter in buona fede – già sta raccontando del “virus manipolato”, sfuggito
al laboratorio di Wuhan o addirittura diffuso intenzionalmente dai perfidi
cinesi, con i loro complici occidentali.
Se poi l’inventore del test Pcr
raccomanda di non superare i 20-22 “cicli di amplificazione” del campione
biologico, e invece i sanitari sottopongono il tampone anche a 45
“amplificazioni” (andando così a pescare tracce molecolari di virus antichi,
residui di influenze stagionali del passato, contrabbandati per Covid), ecco
che la “pandemia di asintomatici” supera di gran lunga la follia, entrando in
quella che alcuni configurano come una dittatura in piena regola. Una tirannide
che manipola la verità per suscitare allarme e imporre comportamenti
normalmente inaccettabili, puntando a revocare – per sempre? – i diritti umani
e le libertà a cui la popolazione (occidentale) era abituata. Vero: davamo per
scontati i nostri lussuosi privilegi, frutto in realtà di una precisa
“finestra” storica, quella in cui si affermò, faticosamente e sanguinosamente,
il tipo di regime politico chiamato democrazia. Un sistema che
ovviamente non è il paradiso, ma è decisamente meno peggiore di qualsiasi altro
possibile regime.
A cosa doveva servire, l’infarto
della democrazia? A pervenire infine
al Green New Deal, cioè il Grande Reset imposto in modo fraudolento con l’alibi
bugiardo dell’emergenza climatica di origine antropica, venduta anch’essa come
dogma religioso da un clan di scienziati reclutati dall’Onu e pagati a peso
d’oro per fare dichiarazioni a comando? Dove ci vorrebbero portare, i
tagliatori seriali di alberi che dal 2019 hanno raso al suolo i parchi pubblici
italiani per impedire alle fronde – come documentato dal governo britannico –
di ostacolare la trasmissione delle onde 5G, la cui innocuità non è ancora
stata dimostrata? Come tutti sanno, un semplice indizio non costituisce una
prova; una somma di indizi, invece, forse sì. Tutto punta verso l’essere umano,
o meglio: il corpo umano. Secondo alcuni teorici, siamo di fronte alla
cosiddetta biopolitica: archiviato il Giuramento di Ippocrate, dopo aver
chiesto agli stessi medici di abdicare alla loro missione, è il nostro
organismo – corpo e mente – il vero target della grande operazione in corso,
che manifesta la sua intenzione di violare l’integrità dell’habeas corpus, il
più sacro dei diritti della persona.
Niente di nuovissimo, peraltro: la
nostra civiltà proviene da millenni di dispotismo brutale, nudo e crudo. E i
lampi migliori della gloriosa democrazia occidentale
novecentesca, di marca anglosassone, secondo il memoriale di Giacomo Rumor
(pubblicato dal figlio, Paolo Rumor, nel libro “L’altra Europa), provenivano
dal cosiddetto “contingente americano”, che l’esoterista e gollista francese
Maurice Schumann faceva discendere anch’esso dalla fantomatica Struttura che
reggerebbe il mondo ininterrottamente, indossando le maschere più svariate
(imperi, religioni) da qualcosa come 12.000 anni. Fantascienza? Fino a ieri, lo
erano anche gli Ufo: oggi invece li sdogana il Pentagono, ribattezzandoli Uap,
mentre il generale israeliano Haim Eshed parla di basi extraterresti e di
alleanze spaziali, tra umani e non, nell’ambito di una Federazione Galattica. E
alcuni illustri massoni, improvvisamente loquaci, parlano di storici accordi
nel dopoguerra tra la dirigenza degli Usa e imprecisate entità aliene, per la governance condivisa del pianeta.
Come sperare di raccontarlo, tutto
questo, ai poveri ipnotizzati che – in pieno agosto – vanno ancora in giro,
all’aperto, con quella ridicola pezzuola sul volto? Sono la prova vivente del
pieno successo del Dominio: aveva ragione, l’ipotetico Supremo Regista, nel
ritenere che la gran parte dei sudditi avrebbe creduto proprio a tutto. Come dargli
torto, del resto? Siamo riusciti a credere che un solitario fanatico saudita
abbia potuto mettere in ginocchio gli Stati Uniti agendo da una grotta afghana,
fino a beffare le difese della superpotenza, grazie a un manipolo di pecorai e
Talebani. Siamo riusciti a credere che due piccoli aerei di linea potessero
abbattere due mostri d’acciaio come le Torri Gemelle, per la cui eventuale
demolizione controllata era stato reputato (dal Comune di New York) che l’unica
soluzione potesse essere il ricorso a mini-atomiche, da collocare in
appositi vani predisposti nelle fondamenta. Abbiamo anche creduto che potesse
essere autentico, tra le macerie infernali di Ground Zero, il ritrovamento
“fortunoso” dei passaporti dei misteriosi, feroci attentatori.
Aveva visto giusto Giulietto Chiesa: da
quel Rubicone non sarebbe stato facile, tornare indietro. Convalidando una
falsità così mostruosa, avremmo finito per credere a qualsiasi frottola. E
infatti: abbiamo steso il tappeto rosso al signor Mario Monti, venuto a disastrare
l’economia nazionale per produrre crisi e afflizione sociale, schiacciando un popolo al quale era stato fatto
credere che il debito pubblico fosse davvero un dramma, e che la Bce fosse una
specie di forziere con capacità limitate, da cui la necessità di risparmiare –
in modo oculato e parsimonioso, “come un buon padre di famiglia” – il tesoretto
dell’euro-moneta, appannaggio di consorterie finanziarie privatissime. In
parallelo, era sorta la prima contro-narrazione, in Italia splendidamente
interpretata da un lottatore come Paolo Barnard, vero apripista in una trincea
che poi si è affollata di illustri compagni di strada, dal sociologo Luciano
Gallino all’eurocrate pentito Paolo Savona. E noi dov’eravamo? Al solito posto,
davanti al televisore: ipnotizzati dalla finta guerriglia tra pseudo-destra e
pseudo-sinistra; un film (comico) aperto dalla Berlusconomachia e proseguito,
in un crescendo irresistibile, fino all’epica disfida tra Salvini e le Sardine.
E ora eccoci qui, dopo un anno e mezzo,
ancora a contare “casi” e “contagi”, dentro la narrazione del Grande Male che
falcia lo zero-virgola della popolazione mondiale e da noi minaccia gli
ottantenni, ma solo a patto che vengano dimenticati e abbandonati per giorni a
marcire a casa, da soli, senza cure, in modo che poi possano davvero arrivare
all’ospedale fuori tempo massimo, alle prese con problemi respiratori e la
compromissione funzionale degli organi vitali. Eccoci qui, a sputare in faccia
a chi non la pensa come noi: a chiamare “no-vax” i renitenti, a definire
“negazionisti” i poveretti che si ostinano inutilmente a pretendere spiegazioni.
Siamo maestri, nell’arte della manipolazione spicciola: arriviamo
tranquillamente a insultare i dissidenti e a deridere chi dà voce agli incubi,
a chiamare “complottista” chi vede una cospirazione in atto.
Naturalmente ci sono, i visionari: ma
difficilmente continuerebbero a esistere, se dall’alto finalmente giungessero
informazioni precise, corrette e trasparenti. Dall’alto invece piovono solo
bugie, insieme alle minacce (ogni giorno più inquietanti) di mettere fine a
quel che resta delle libertà civili; ma noi facciamo finta che i
“cospirazionisti” siano dei malati di mente, dei mentecatti in vena di
protagonismo, anche se – cent’anni fa – era stato un personaggio come Rudolf
Steiner, per primo, a profetizzare l’avvento di “vaccini” specialissimi, in
grado di “separare il corpo dall’anima”, depotenziando l’emotività. Il chimico
Corrado Malanga la chiama “zombizzazione”, osservando il dilagare di persone
ormai inebetite dalla paura, rassegnate a non pensare più. Nella sua visione
spiritualistica di matrice steineriana, Fausto Carotenuto (già analista
d’intelligence) sostiene che l’attacco in corso sia frutto di apprensione: come
se il Dominio temesse un grande risveglio, e sapesse di avere le ore contate.
Un altro esponente della cultura alternativa italiana, l’alchimista Michele
Giovagnoli, preferisce sforzarsi di guardare al bicchiere mezzo pieno: un
cittadino su tre si sta letteralmente sottraendo alle grottesche imposizioni
quotidiane.
Questo stesso blog, che ha ormai
esaurito la sua missione (fornire informazioni e analisi non facilmente
rintracciabili, dieci anni fa) ormai ha acquisito la piena consapevolezza della
fine di un ciclo, e la completa inutilità dell’insistere su determinati temi.
E’ vano indugiare nella narrazione politologica, visto che da un lato la
maggioranza resta sorda a ogni richiamo alla ragione, e dall’altro la minoranza
dispone finalmente di strumenti più adeguati per misurare la realtà. Tra le
convinzioni raggiunte, c’è anche la seguente: è perfettamente inutile
scommettere ancora sulle possibilità di redenzione della politica, nel momento in cui è irrimediabilmente mutata la stessa antropologia
della platea. Per contro, è proprio la brutalità della crescente coercizione ad
accelerare l’evoluzione dell’umanità trainante, che giustamente diffida di ogni
forma associativa convenzionale, partiti e movimenti, avendo compreso
l’essenziale valore della vicinanza tra esseri umani, non più mediata
da alcuna struttura; un’umanità che oggi comprende la necessità di procedere
nell’espressione virtualmente contagiosa di onde benefiche, di gesti e
narrazioni parallele orientate non tanto al presente, quanto piuttosto al
futuro prossimo, da incubare con il pensiero e la volontà.
Il Novecento, severissimo maestro, ha
mostrato come può essere facile manipolare milioni di individui, fino a
scatenare le peggiori carneficine (mondiali) dell’era industriale. Ha anche
allevato schiere di avanguardisti coraggiosi, pronti a rischiare la propria
vita pur di resistere alla tirannia. Primo Levi, uno dei massimi scrittori
contemporanei, ha spiegato quanto sia sempre invisibile, all’inizio, il recinto
che viene silenziosamente steso, giorno per giorno, allo scopo di intrappolare
le vittime senza allarmarle. Finestra di Overton, o Teoria della Rana Bollita:
la differenza, rispetto a ieri, è che oggi il pentolone è planetario. Vorrà pur
dire qualcosa, nei giorni in cui i militari statunitensi pubblicano le prove
dei loro incontri ravvicinati con i simpatici Uap. E noi, qui, nel frattempo
che si fa? Ce ne stiamo quieti, in attesa dell’Alieno Buono che ci verrà a
salvare, come l’Extraterrestre della canzone di Finardi? Ci allineiamo “in fila
per tre”, come chiede il governo e come cantava Edoardo Bennato? Continuiamo a
credere a Babbo Natale, cioè al Telegiornale, o seguitiamo a torturarci con le
atrocità quotidiane che i medici-coraggio denunciano, da ormai un anno?
Cari amici, viene da dire, io tolgo il
disturbo: qui non resto un attimo di più; perché mi sento soffocare, in questo
groviglio di narrazioni e contro-narrazioni. Quello è davvero il nocciolo della
questione: in base a decisioni prese chissà quando, qualcuno ha stabilito che –
dai primi mesi del 2020 – non si dovesse più parlare d’altro. Il mondo andava
semplicemente fermato, rintronato, ipnotizzato, piegato. Non tutto il mondo, in
realtà: l’Occidente. Paesi-continente come la Russia e India, per esempio, non
si sono lasciati sottomettere. Esiste sempre, una quota considerevole di
renitenti: anche se oggi può sembrare difficile accettarlo, la cosiddetta “fine
della storia” resta un mito, una suggestione
ideologica. Nella strategia militare, in ogni tempo, una regola aurea pare sia
questa: mai accettare di combattere una battaglia nelle modalità indicate dallo
sfidante, che ha già studiato e scelto il giorno e il luogo; equivarrebbe a
concedere all’aggressore un vantaggio incolmabile. La domanda di fondo, però,
resta inevasa: perché è capitato proprio a noi, oggi, di vivere l’incubo di una
tempesta come questa?
Giorgio Cattaneo
Da: Libre Idee