La collocazione in Borsa prevista per l’autunno annuncia, di
fatto, la rapida privatizzazione di Poste Italiane: l’Italia si appresta così a
perdere quasi mezzo miliardo di utile netto all’anno, in cambio di forse 4
miliardi, certo non rilevanti per alleviare il peso del debito
pubblico che, una volta denominato in euro, si è fatto insostenibile.
L’intento, per la controllata del ministero dell’economia e
delle finanze, è di procedere speditamente verso la cessione del 40% del
gruppo. In un’intervista rilasciata al “Sole 24 Ore”, Luisa Todini, presidente
di Poste Italiane, ha confermato che il prospetto informativo depositato in
Consob è già stato integrato con la nuova governance societaria approvata
dall’assemblea dei soci.
«Lavoriamo perchè il debutto in Borsa avvenga in autunno»,
conferma la Todini, «possiamo immaginare tra fine ottobre e inizio novembre».
La Todini ha rimarcato che la scelta di fissare la soglia al possesso azionario
al livello più elevato possibile, pari al 5%, è stata voluta dal Tesoro con
l’auspicio di incoraggiare i grandi investitori ad acquistare quote importanti
dell’azienda evitando il frazionamento del capitale.
Banca del Mezzogiorno (che fa parte del gruppo Poste Italiane)
entrerà nel perimetro di quotazione, rinviando ogni decisione su «come
valorizzarla al meglio», ha aggiunto la Todini. I conti semestrali di Poste Italiane,
scrive Giuseppe Maneggio su “Il Primato
Nazionale”, hanno evidenziato un utile netto di 435 milioni di euro,
sostanzialmente raddoppiato rispetto ai 222 milioni dello stesso periodo dello
scorso anno. I ricavi totali, inclusivi dei premi assicurativi, sono
in crescita del 7% a 16 miliardi di euro, sospinti dal comparto
assicurativo (+10,9% a 11,2 miliardi) e dalla tenuta del comparto finanziario
(2,9 miliardi), che hanno più che compensato la flessione dei ricavi per la
corrispondenza. «Un’azienda profittevole, Poste Italiane, che conferma il trend
di crescita avuto nell’ultimo lustro anche grazie alle strategiche
società controllate, tra cui Sda Express Courier».
Le intenzioni del governo sono chiare, continua Maneggio:
l’esecutivo guidato da Matteo Renzi intente mettere sul mercato il
40% del gruppo postale. Di questa quota circa il 30% andrà al pubblico “retail”
con una porzione corposa riservata ai 145.000 dipendenti. Il Tesoro pensa di
poter così incassare circa 4 miliardi dalla privatizzazione. «Briciole, nel
mare infinito degli oltre 2.000 miliardi del debito pubblico, nel caso
fosse questa la ragione sbandierata». Soldi, peraltro, «assolutamente inutili
nel caso si volesse racimolare della liquidità per abbassare (forse) qualche
imposta o tassa». Intanto, «gli oltre 400 milioni di utile netto che lo Stato
incassa oggi, domani non li avrà più. Facile immaginare da dove verranno presi
negli anni successivi».
Da: Idee Libre
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